PRECARIETÀ

Siamo nella merda fino al collo!

Mentre da Bruxelles arrivano le raccomandazioni per gli “sforzi aggiuntivi”, l’Istat rende noti i dati sulla disoccupazione, in crescita per l’11° trimestre consecutivo. Se la postausterity di Renzi è povertà di massa e la distruzione completa del welfare, l’11 luglio a Torino deve essere solo un punto di partenza.

Arrivano la pagelle di Bruxelles: Matteo Renzi e l’Italia vengono rimandati a settembre per sanare i propri debiti. Così le raccomandazioni, espresse in quel consueto burocratese che cela la violenza delle politiche d’austerity su milioni di persone, indicano una strada che è sempre quella: privatizzare e ridurre la spesa pubblica tagliare il debito; più carico fiscale sui consumi invece che sui patrimoni; completa deregulation del mercato del lavoro (su fate in fretta con il jobs act!); più meritocrazia nel mondo della formazione e nella valutazione del rendimento di università, scuole (ricerca, leggi Invalsi per tutti). E poi ancora una manovre correttive: dello 0,2% del Pil nel 2014 e dello 0,4% nel 2015. Non una bocciatura dicevamo ma “raccomandazioni”, per tenere saldo in sella il primo ministro italiano alla vigilia del semestre europeo a guida italiano. Renzi, dal canto suo, non commenta i consigli che suonano come ammonimenti che arrivano dall’Europa.

A Renzi avevano promesso dati positivi in economia, la ripresa tanto agognata che finalmente sarebbe dovuta arrivare, in modo da ricontrattare con la Commissione Europea i vincoli di bilancio e di spesa, così da spendere qualche soldino per la crescita e per gli ammortizzatori sociali. Invece nulla, Renzi è a bocca asciutta e la governance della postausterità si profila con una divaricazione sempre più netta della società. Da un lato i garantiti, sempre di meno e sempre più assediati, quelli per capirci che percepiranno l’elemosina degli 80 euro, dall’altra un magma eterogeneo di forza lavoro sempre più povera, sottoposta a lunghi periodi di disoccupazione senza nessuna forma di sostegno, precaria e costretta a lavorare a salari bassissimi (indipendentemente dal suo titolo di studio e qualifica).

A conferma di tutto ciò arrivano oggi i dati sulla disoccupazione, ancora in aumento per l’undicesimo trimestre consecutivo, ancora una volta il livello più alto da quando esistono le serie trimestrali dell’Istat, ovvero dal 1977. Nei primi tre mesi del 2014 il tasso di disoccupazione è salito al 13,6%, ovvero tre milioni e mezzo di senza lavoro, registrando un +0,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ancora peggio per quanto riguarda la disoccupazione giovanile arrivata al 46,%. Per i giovani le soluzione di Poletti e Renzi sono note: lavoro sottopagato, precariato a vita, estensione indiscriminata del contratto di apprendistato, stage, tirocini e volontariato come soluzione.

Per questo la data dell’11 luglio a Torino contro il vertice europeo sulla disoccupazione giovanile assume un’importanza non solo simbolica, l’opposizione a questi provvedimenti deve trovare uno spazio fisico dove riconoscersi e toccarsi con mano. Il tentativo di fare della piazza torinese non solo la sommatoria delle sigle organizzate, ma un’occasione di ribellione per una generazione è una sfida che non possiamo lasciare intentata, di fronte alla brutalità della lotta di classe che sta venendo condotta dall’alto verso il basso. Una sfida che dobbiamo cogliere battendo strade nuove, con uno sforzo d’immaginazione politica collettiva, su un piano direttamente europeo e transnazionale, che federi lotte e rivendicazioni.