ROMA

Sfratti e sgomberi, l’Onu di nuovo costretta a intervenire

Come già accaduto in un’altra occasione, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha bloccato l’esecuzione di uno sgombero: possono restare nelle loro case le cinque famiglie che, da più di vent’anni, hanno occupato e riqualificato alcuni stabili abbandonati in via Latino Silvio

Non si poteva quasi credere ai propri occhi, questa mattina, ben prima del sorgere del sole, in via Latino Silvio, a Roma. Un manipolo di uomini e donne con indosso le pettorine e i caschi blu tipici delle uniformi Onu presidiavano, infatti, le basse casupole situate al numero 34: abitano qui cinque famiglie che da febbraio vivono con la paura di essere sgomberate. Non si trattava però di veri inviati Onu, ma di rappresentanti dei Movimenti per il diritto all’abitare, di cittadini e cittadine solidali, di sindacalist* e di membri di altre occupazioni abitative romane, radunatisi per portare la propria solidarietà in vista del quinto accesso dell’ufficiale giudiziario.

La novità (e il motivo dietro la scelta di mascherarsi con i simboli Onu), spiega Alberto Campailla di Nonna Roma, «è che il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha chiesto al nostro paese la sospensione di questo sgombero».

Non è la prima volta che accade: l’organismo internazionale era intervenuto in maniera simile anche qualche mese fa, chiedendo allo Stato italiano di congelare l’esecuzione dello sfratto per una donna residente a Torpignattara con due figli (o di provvedere a un’alternativa adeguata). Anche in quell’occasione, la scelta di appellarsi all’Onu era arrivata dagli attivisti e dalle attiviste di Rent Strike Roma. I Movimenti per il diritto all’abitare hanno allora deciso di provarci anche per le persone residenti in Silvio Latino.

Presentata, per ora, da soltanto due delle cinque famiglie, la richiesta è stata inviata all’Onu venerdì scorso, il 10 settembre; neanche una settimana e sono arrivate le prime conferme che era stata accolta. «Oggi siamo riusciti a mantenere le famiglie qua dentro». Luciano Iallongo dei Blocchi precari metropolitani non nasconde l’entusiasmo, ma sa bene che non c’è troppo da festeggiare. «Per noi però questa soluzione non può bastare: con l’emergenza abitativa che aumenta di giorno in giorno le uniche risposte arrivano dall’Onu».

Uno degli occupanti posa con una gigantografia della risposta Onu (foto di Nicolò Arpinati)

Iallongo denuncia la più totale assenza delle istituzioni: «Serve che la regione o il comune diano delle risposte per tutte le sentenze che arriveranno, sia per gli appartamenti sia per le occupazioni abitative che a Roma sono tante e alcune, come Metropoliz e Torrevecchia, prossime allo sgombero». Anche Campailla concorda su questo punto: «Noi oggi siamo qui non solo per queste famiglie, ma anche per lanciare un messaggio al prossimo sindaco o alla prossima sindaca, all’attuale prefetto. Non siamo disposti ad accettare sfratti, vogliamo caso per caso discussioni, trattative e soluzioni alternative».

Soluzioni alternative che esistono come dimostrato dalla vicenda dell’occupazione in viale del Caravaggio. Grazie alla lotta dei Movimenti e all’intervento di Regione e Municipio, infatti, a tutte e tutti gli occupanti è stata assegnata una casa popolare. «Noi ex occupanti di Caravaggio siamo stati gli unici in questi ultimi anni a raggiungere quell’obiettivo, dopo una lunga lotta fatta di resistenza quotidiana e nutrita dalla solidarietà di tante realtà cittadine», racconta Anna, anche lei presente in via Latino Silvio per portare supporto.

«La città di Roma vive oramai da decenni questa situazione di emergenza abitativa e le istituzioni non fanno quasi nulla per risolvere, ma anzi passano di sfratto in sfratto, di sgombero in sgombero. Questo per noi è inaccettabile», prosegue ancora Anna, che conclude: «Nessuna famiglia deve essere gettata per strada, i bambini devono essere salvaguardati».

Quando, in via Latino Silvio, arriva infine l’ufficiale giudiziario, scortato da due poliziotti, attivisti dei Movimenti e rappresentati di Asia Usb gli fanno immediatamente notare che la sua presenza non è più necessaria, dato l’intervento dell’Onu. L’appuntamento è così rimandato al 15 ottobre, data del prossimo accesso. «In solidarietà con queste famiglie intendiamo resistere affinché si trovi una soluzione adeguata», ribadisce il sindacalista Michelangelo Giglio che, al riguardo, ha le idee piuttosto chiare: «In questo paese è dalla metà degli anni ottanta che non ci sono grossi piani di edilizia residenziale pubblica: adesso siamo uno dei paesi più industrializzati di Europa con la più bassa percentuale di case popolari».

Foto di copertina da Rent Strike Roma