ROMA

Ricominciamo da 3. Campagna 2019 a sostegno di comune.info

Sosteniamo i progetti di informazione indipendente. Partecipiamo alla campagna di raccolta fondi di comune-info, dal basso e insieme. Per fare rete e costruire altre narrazioni e altri mondi possibili

A due anni dall’ultima campagna per la raccolta di fondi, arriva ancora una volta, per Comune, il tempo dell’ascolto e di un dialogo più approfondito con i lettori. È anche il tempo delle domande di fondo: non abbiamo certezze e vogliamo capire, senza retorica, se la trama di questa nostra piccola avventura ha ancora un senso. I numeri ci dicono che in 7 anni avete letto 8,5 milioni di pagine, un risultato molto importante benché noi diffidiamo da tempo di cifre e algoritmi. Vi chiediamo di inviare, se ce la fate, almeno 25 euro: serviranno anche a dar vita a tre nuove testate interne per articolare meglio, irrobustendolo, il racconto quotidiano di Comune. Un racconto che mette l’accento sui verbi: gridare, fare e pensare. Questa volta, ricordando quanto ci manca Massimo Troisi, vogliamo ricominciare da tre. Intanto, con le barrette del cioccolato di Modica, la promozione di “Atto Contrario” e “Storie del Possibile”, e con una straordinaria esperienza in alcune scuole romane, comincia a prendere corpo la nostra speranza di stare dentro, talvolta contro ma sempre oltre il campo limitato e virtuale del web. Scriveteci, siamo in ascolto (info@comune-info.net)

Scriviamo a Comune. Le prime adesioni alla campagna

Versamenti sul: c/c bancario dell’associazione Persone Comuni

IBAN IT58X0501803200000000164164; Banca Pop. Etica, Roma;

causale Campagna 2019

È possibile inviare il sostegno anche con PAYPAL

 

della redazione di Comune

– Chello che è stato è stato, basta! Ricomincio da tre!
– Da zero! Ricominci da zero!
– Nossignore, ricomincio da… cioè tre cose me so’ riuscite dint’ ‘a vita,
pecché aggia perdere pure chelle?

Massimo Troisi, in “Ricomincio da tre”

Quelli che se ne intendono, di campagne volte a raccogliere fondi per sostenere un progetto, insegnano che bisogna avere strategie e obiettivi chiari, semplici, diretti. Le tecniche possono mutare, purché siano innovative e puntino senza esitazioni alla concretezza dei risultati. Lo sappiamo bene: ci capita spesso di parlare di fundraising, perfino in veste di docenti. Eppure, quando si tratta di noi, quando la campagna che prende il via è quella di Comune, arriva, puntuale, il tempo impervio delle domande di fondo.

Il tempo delle domande

La trama della piccola avventura editoriale che da sette anni si tesse nei nostri articoli ha avuto e ha ancora un senso? Quel che mettiamo in pagina ogni giorno riesce a esprimere un qualche orientamento sul mondo in cui viviamo? Aiuta a comporre, seppur in modo parziale, uno sguardo che va oltre la superficie di quel che avviene? È utile a chi si ostina a resistere e a ribellarsi al dominio di un sistema fondato sull’arroganza del potere, il denaro e l’accumulazione? E ancora: lo spazio tanto gremito e frammentato del web è il solo possibile per la nostra esistenza? E quel “nostra”, poi, sta ad indicare davvero una qualche relazione molto particolare tra chi scrive, impagina, illustra e promuove la circolazione di queste pagine e chi le legge, le fa liberamente sue o le utilizza in vari modi e contesti?

Un sostegno indispensabile

Sono domande difficili ma essenziali per chi pensa di poter chiedere un sostegno. A maggior ragione, se quel sostegno è così indispensabile a proseguire un cammino niente affatto agevole, segnato dall’indipendenza e dall’autonomia. Il tempo delle campagne di Comune è sempre quello dell’ascolto e del dialogo. Un tempo impegnativo, più che mai privo di certezze, ma anche entusiasmante, perché la natura stessa di un progetto aperto, poco orientato a consolidarsi e pensato per essere complementare (e non in competizione) con altre esperienze “del nostro tipo”, chiama sempre in qualche modo a ricominciare.

Oltre i numeri

Certo, potremmo chiedere qualche risposta ai numeri: in questi 7 anni, di Comunesono state lette poco più di 8 milioni e mezzo di pagine. Dal 2014, la media giornaliera, sabato e domenica inclusi, non scende sotto le 4 mila letture.Sono cifre importanti, nel nostro piccolo, soprattutto se messe in relazione con l’assoluta assenza di capitali e la fragilità del lavoro, pressoché volontario, delle tre persone che presidiano la “cucina” della redazione. Da tempo, tuttavia, guardiamo con diffidenza all’utilizzo disinvolto di numeri e algoritmi. Ci sono numeri che servono a fare (o a manipolare) calcoli e ci sono altri numeri, che dovrebbero aiutare a porsi ed eventualmente a risolvere problemi. Il nostro problema, oggi, è dar vita a una grande campagna, senza investire un euro e due anni dopo quella, accolta molto bene, che intitolammo: “Un mondo nuovo comincia da qui”. E sempre a proposito di numeri, noi, per questa volta, abbiamo scelto il tre.

Vogliamo ricominciare da tre.

Gridare, fare, pensare

Non si tratta, per la verità, di una novità assoluta. Chi ci legge con qualche attenzione avrà notato che da tempo abbiamo scelto tre verbi per caratterizzare i testi che mettiamo in Comune: gridare, fare e pensare. Gridare, perché non possiamo accettare che il mondo continui a correre a perdifiato distruggendo le condizioni della propria esistenza. Fare, perché sappiamo che il solo modo di creare mondi nuovi è quello di viverli adesso. Pensare, perché non possiamo ancora credere di dover convincere la gente a seguire le nostre pedagogie, teorie di liberazione “giuste” ma avversate sempre da una sorte ria. Quel che ci serve è ben altro: creare nuovi saperi, inventare grammatiche e una nuova poetica politica capace, per esempio, di pensare ai processi di lotta in modo inseparabile dalla vita quotidiana.

La rivolta dei verbi contro i sostantivi

Quella dei verbi non è, ovviamente, una scelta casuale: i verbi sono la parte del discorso che meglio esprime il movimento, l’azione dei soggetti sociali collettivi che provano a prendere in mano il proprio destino. Diversi anni fa, John Holloway ebbe a spiegarlo con un’espressione geniale: la nostra è la rivolta dei verbi contro i sostantivi. Tre sono dunque i verbi che caratterizzano Comune e tre saranno anche le nuove testate cui, nel corso del 2019, contiamo di dar vita per arricchire il sito esistente e articolare meglio, irrobustendolo, il nostro racconto quotidiano in Comune.

L’educazione che re-impara ad apprendere

Lanceremo la prima già in primavera. Sarà dedicata all’educazione che re-impara ad apprendere con il mondo e dal mondo, per poi diffondersi e sperimentare in ogni spazio sociale (o culturale) e in ogni luogo, nei boschi come nei quartieri. Vedrà protagoniste, in primo luogo, le scuole capaci di aprire porte e finestre, pronte a offrire le aule e i cortili alle nuove relazioni sociali che genitori, studenti e insegnanti non rassegnati riescono a inventare giorno dopo giorno (Tutto ciò di cui ha bisogno la scuola). Su Comune raccontiamo da anni la fatica, la passione e le idee di chi, per provare a cambiare la scuola e l’educazione, non aspetta certo il varo della prossima riforma, magari pessima, come tutte quelle che i governi ci hanno “somministrato” negli ultimi decenni. Insieme alla Rete di Cooperazione Educativa, ai molti insegnanti che collaborano abitualmente con noi e a tutte le persone impegnate a ripensare i rapporti tra scuole e territori, oppure a scrivere nuove pagine della straordinaria storia della pedagogia critica, proveremo ad approfondire i temi (Vivere è apprendere). Lo faremo aprendo concetti e discussioni, ma anche raccontando in modo più puntuale e intenso quel che di bello già esiste, oppure le speranze latenti di mondi nuovi ancora solo potenziali.

Migrare, la libertà di muoversi

La seconda testata che nascerà dentro Comune sarà invece dedicata al migrare e a chi si mette in viaggio, cioè all’affermazione della libertà di movimento per chiunque sia costretto a lasciare il proprio paese o la propria città, oppure scelga di farlo soltanto perché lo desidera. Raccoglieremo, intanto, l’ispirazione che in questi giorni sta dando vita alle giornate di “Atto contrario”, un frammento di movimento di resistenza e ribellione che esprime una crepa limitata nel tempo nei muri della vergogna, della xenofobia e del privilegio nazionale. Poi proveremo a elaborare il progetto di uno spazio di narrazione che possa far germogliare, pur alla sua scala limitata, i semi di un antidoto alla “Bestia” della propaganda razzista. Quei semi dovrebbero essere sparsi sui territori. Per questo il primo partner naturale di questo progetto è la Rete dei Comuni Solidali, cioè quella dei Comuni della Terra per il Mondo, che – da Pinerolo a Riace – ha sviluppato in oltre 15 anni di esistenza un grande (e poco noto) patrimonio di conoscenza ed esperienze. Un bagaglio capace di rigenerare quelle idee di solidarietà e accoglienza tra persone uguali e diverse di cui in questo momento ci pare ci sia immenso bisogno. Si tratta di rompere e rovesciare le gerarchie dei problemi e l’ordine delle cose. Noi pensiamo si possa farlo solo in basso, laddove i semi restano protetti dalle semplificazioni, dal rumore di fondo e dalle emergenze create ad arte nel grande circo mediatico.

Nuove relazioni comunitarie

Della terza testata che intendiamo lanciare nel corso di questo 2019 è forse ancora un po’ prematuro parlare. Possiamo anticipare che, tra le altre cose, si proporrà di raccontare l’allargamento delle disuguaglianze,la devastazione ambientale e di come la pratica acritica e compulsiva del consumo dei nostri tempi esprima una dirompente capacità di educare al conformismo e alla passività, cioè di erodere la soggettività di quelli che avrebbero tutte le ragioni per aspirare a cambiamenti veri e profondi trasformandoli in patetiche controfigure delle élite. La nostra ricerca si muoverà tra la concretezza delle esperienze esistenti di produzione ed economia “altra” e l’elaborazione di un fare comune capace di trasformare la critica ai miti della crescita e dello sviluppo nell’avvio di nuove relazioni comunitarie sottratte alle logiche mercantili e identitarie. Ne riparleremo presto, anche perché, per fine anno, si sta ragionando sulla programmazione di una seconda edizione di “Storie del possibile”.

Dal cioccolato alle scuole della periferia romana

Insieme all’eccellente esperienza della produzione della barretta di cioccolatoche abbiamo chiamato Comune, realizzata grazie alla sapiente collaborazione della cooperativa Quetzal di Modica, proprio la promozione di iniziative come “Storie del possibile” e “Atto Contrario”, segna il nostro tentativo di valicare con leggerezza i confini del web. Da qualche tempo, poi, stiamo facendo intense esperienze di educazione nelle scuole romane. Le più “naturali” sono stati i corsi di giornalismo del nostro tipo con i ragazzi di ogni età, la più bella quella con una seconda elementare nel quartiere di San Basilio. In questi mesi, però, abbiamo fatto un vero e proprio salto in lungo con i fantastici ragazzini di Casal Monastero, una periferia davvero estrema della capitale, dove – attraverso la comunicazione audio-visuale – impariamo insieme a vivere l’assoluta e sana normalità dei conflitti provando a non ferirsi. Comincia a prendere corpo, insomma, la nostra vecchia ambizione di stare dentro, talvolta contro ma sempre oltre il campo limitato e virtuale del web. Non ci si annoia, via. E quando la fatica o i ritmi incalzanti si fanno sentire troppo, ci consoliamo dicendoci che ogni movimento fluido e imprevedibile rende più difficile classificare, circoscrivere e poi riassorbire esperienze (almeno in parte) anti-sistemiche da parte del capitalismo.

Venticinque euro per ricominciare ancora

Nel chiedervi di aiutare a far vivere e crescere ancora questa avventura – magari rinunciando a una cena con gli amici e destinando, se ce la fate, almeno 25 euro a Comune – avremmo forse dovuto parlare d’altro. Di Salvini e dell’accelerazione nello sterminio dei migranti, della nuova guerra degli aiuti “umanitari che Trump prepara in Sudamerica, dei mega-progetti che ovunque, all’insegna della crescita e dello sviluppo, devastano i legami sociali e il pianeta. Oppure, ancora, della più grande speculazione urbanistica del secolo, quella di Amazon, fermata a New York dai movimenti. Quello, però, è il nostro pane quotidiano, speriamo non serva ribadirlo qui. Qualora, invece, siate finiti su questo sito per la prima volta, potrebbe essere utile rispondere finalmente al quesito di sempre: chi siamo? No, non lo faremo, neppure questa volta. Restiamo convinti che le definizioni identitarie siano prigioni da cui evadere e che siano già troppi, anche sui nostri versanti, quelli che non fanno altro che ripetere stancamente chi sono cercando riconoscimenti e approvazioni. In fondo, è questo che ci chiede il sistema che ci domina ma dipende da noi: ognuno deve restare nella propria casella, congelato, incarcerato nella propria posizione-appartenenza.

Ah, emigrante?

Venite da lontano?“.”Da Napoli“. “Ah, emigrante“. “No, no, anzi, a Napoli avevo anche un lavoro, sono partito così, pe’ viaggia’, per conoscere“. Ve lo ricordate lo splendido dialogo di Massimo Troisi, quello che poi diventa tormentone nel suo indimenticabile “Ricomincio da tre”? Spiega questo concetto come meglio non si potrebbe. Bisognerebbe sostituirlo al suono della campanella, almeno una volta al giorno, nelle scuole dei più piccoli. E ha ancora molto da suggerire alle battaglie antirazziste, quasi sempre aggrappate alle illusorie certezze delle (nostre) reciproche e statiche identità. C’è però un’altra citazione, da quello straordinario vecchio film che ispira oggi la nostra campagna, che ci piace riprendere in conclusione. È un aforisma di Montaigne, che Lello Arena recita con spassosa solennità: “Chi parte sa da che cosa fugge ma non sa quello che cerca”.

Rifiutiamo la parte delle vittime

Un’espressione ovvia, banale, che sembra tratta da uno di quei cartigli passati alla storia come “sorprese” dei Baci Perugina. A noi pare molto utile a riempire di senso questo nostro ricominciare. Non solo per l’assonanza con quel camminare domandando che ci ha segnato in profondità, e nemmeno perché, come spieghiamo sempre, pensiamo che Comune possa servire proprio a formulare domande di senso più che a trovare risposte efficaci. La ragione è meno diretta, e sono ancora una volta tre le primarie direzioni dello sguardoper quel che vogliamo raccontare. Non quelle delle vittime di un modo di vivere che ci opprime e ci fa sempre più orrore, ma quelle che possono aiutarci a trovare un cammino per evaderne senza sapere bene cosa dobbiamo cercare.

Tre direzioni dello sguardo

La prima direzione, visto che oggi si ricorre spesso a confronti semplificati con i processi storici del Novecento, ce la possono indicare proprio gli insegnamenti da trarre dalle nostre resistenze del passato. La seconda dovrebbe essere rivolta alla libertà (o al potere) di fare comune, a partire però da quel che esiste oggi. La terza direzione invita a conoscere e costruire relazioni non euro-centriche con esperienze di ribellione di mondi, anche geograficamente molto distanti, che sembrano lontani ma hanno la potenza e la portata per entrare in risonanza con noi.

Liberi e imprevedibili

Come dite? Che abbiamo dimenticato il futuro? Beh, qualche segno delle ferite prodotte dall’eccesso di certezze sull’avvenire, per la verità, lo portiamo ancora dentro. È vero, non sappiamo bene cosa cercare, proviamo intanto a tenerci il più possibile liberi e imprevedibili, e certo coltiviamo la speranza, che poi è la vita che si difende. Tra le speranze, poi, cerchiamo di nutrire soprattutto quella di poter vivere in uno dei mondi dove non si trascorra la maggior parte della vita a fare, come accade oggi, quel che la casella dove il potere ci ha collocato ci impone. Possiamo muoverci, fuggire da quella casella, possiamo ribellarci e cercare ancora. Ecco, avete visto? Non sono obiettivi semplici, né molto chiari e tantomeno diretti, ma fateci sapere lo stesso, per favore, cosa ne pensate voi. Scriveteci (info@comune-info.net), siamo in ascolto.

(Marco Calabria, Gianluca Carmosino e Riccardo Troisi)

 

Versamenti sul: c/c bancario dell’associazione Persone Comuni

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causale Campagna 2019

È possibile inviare il sostegno anche con PAYPAL

 

Scriviamo a Comune. Le prime adesioni alla campagna

 

ADESIONI

Alberto Borean – Alessandra Algostino – Alessandro Bagnulo – Alessandro Ghebreigziabiher – Alessandro Triulzi – Alex Zanotelli – Ambra Pastore – Andrea Perissi – Antonella Provenzano – Antonella Uselli – Antonio Citti – Antonio Lupo  – Carla Verdecchia – Carlo Cellamare –  Carlo Patrizi – Carolina Goretti – Centro PsicoPedagogico di Piacenza – Cesc Project – Cinzia Cimini – Claudia Mineide – Cristina Metto – Davide Lamanna – Eleonora Russo – Emanuela Marsura – Emilia Bruzzo – Emilia Di Rienzo – Ecoistituto Della Valle – Enzo Scandurra – Fausto Pascali – Franca Grasselli – Franco Violante  – Gennaro Ferillo – Gerolamo Ratto – Gianni Pettenella – Giuditta Peliti – Giuliana Masili – Giuseppe Bagni – Giuseppe Campagnoli – Giuseppe Ideini – Goffredo Di Palma – Hedi Schiess – Ida Carmosino – Ivano Spano – Juana Abregu – associazione Laputa – Lara Facondi – Laura Fersini – Laura Nesti – Lino Di Gianni – Livia Lazzara – Lorenzo Guadagnucci – Luca Gatto – Luigi Marini – Luisa Lucchesini – Mag Torino – Marcello Ciciriello – Marco Fighera – Maria Adele Cozzi – Maria Picotti – Maria Antonietta Rozzera – Maria Grazia Cavecchi – Marco Di Pofi – Marco Onorati – Marilisa Nanna – Martina Camadra – Massimo Angelini – Massimo Angrisano – Massimo Boneglia – Matteo Cristina – Merci Dolci – Michela Cardito – Milvia Capalbi – Mimmo Cortese – Mirella De Paoli – Paola Maria Marazzi – Paolo Cacciari – Paolo Moscogiuri – Paolo Trezzi – Patrizia Sentinelli – Patrizia Tamati – Patrizio Monticelli – Piergiorgio Maggiorotti – Pietro Negri – Pietro Scola – Raffaele Bonacchi – Remo Siza – Rosaria Gasparro – Sabina Calogero – Sergio Segio – Sonia Colucelli – Stefano Blasi