ROMA

Riapriamo immediatamente il Forlanini

Si sono tagliati posti letto, dismesse strutture ospedaliere funzionanti per tentare di risanare i bilanci delle aziende sanitarie e ora, in piena emergenza, non si sa dove ricoverare gli ammalati. A Roma, i cittadini che per anni si sono battuti contro la dismissione del Forlanini chiedono che l’ospedale torni alla sua funzione di polo sanitario di eccellenza come è stato per più di ottant’anni

L’ospedale Lazzaro Spallanzani a Roma è diventato improvvisamente noto a tutti. Appare ogni sera sugli schermi e da lì arrivano i drammatici numeri sul contagio. Fa parte di un grande complesso ospedaliero, realizzato in soli sette anni dal 1929 al 1936, a ridosso della stazione di Trastevere. Ne facevano parte tre strutture, il San Camillo, ex Ospedale del Littorio inaugurato nel 1929, costruito in brevissimo tempo sotto la spinta della grave epidemia di influenza spagnola, il Forlanini che era negli anni ‘30 un ospedale modello all’avanguardia in Europa nella cura della tubercolosi e lo Spallanzani che fu inaugurato nel 1936 come presidio destinato alla prevenzione, diagnosi e cura delle malattie infettive. Quest’ultimo ha rappresentato un polo di eccellenza negli anni ’30 per la cura e la riabilitazione della poliomielite, nel 1970 ha affrontato l’epidemia del colera. A partire dal 1980 è stato uno dei maggiori centri per l’assistenza, la cura e la ricerca sulle infezioni da HIV e sull’AIDS, fino a diventare nel 2001 un polo nazionale di riferimento per il bioterrorismo e per la sindrome respiratoria acuta grave (SARS). In questi giorni è una delle strutture principali nell’affrontare l’emergenza per l’epidemia da covid-19.

Il Forlanini invece non è più una struttura ospedaliera. Non è neanche altro. Quando fu inaugurato nel 1934 rappresentava un presidio con 2500 posti all’avanguardia per le caratteristiche igienico-sanitarie volute da Eugenio Morelli, studioso di pneumoterapia. La planimetria a ferro di cavallo garantiva aria e luce a tutte le stanze di degenza collegate tra loro da lunghissime balconate. L’ospedale rappresentava una cittadella autosufficiente, per garantire il completo isolamento dei malati e, contemporaneamente alle cure, fornire servizi che garantissero l’assistenza psicologica ai degenti, costretti a restare a lungo ricoverati. Ospitava due teatri, un cinema, due chiese, una biblioteca, l’Aula Magna e un’intricata galleria di sotterranei. Intorno all’edificio si estendeva un grande parco di 28 ettari con migliaia di alberi e piante esotiche. Il tufo utilizzato per la costruzione fu estratto da una cava realizzata all’interno del cantiere stesso, con il risultato di creare un grande ambiente sotterraneo di 7000 metri quadrati alto circa 10 metri, nel quale furono lasciati enormi pilastri di roccia per garantirne la stabilità, in aggiunta ai pilastri in cemento armato. In quella gigantesca cantina trovò posto, grazie ad una fresca temperatura costante, il magazzino per le derrate alimentari. L’acqua di falda che allagava la cava era potabile e veniva utilizzata per le necessità dell’ospedale e per l’irrigazione del parco. Durante la guerra questo grande ambiente diventò rifugio antiaereo non solo per i degenti e il personale dell’ospedale, ma anche per gli abitanti della zona.

Nel 2006 il piano di riordino della rete ospedaliera della Regione Lazio «per il risanamento, lo sviluppo, il riequilibrio e la modernizzazione della Sanità del Lazio» prevedeva la chiusura definitiva del Forlanini entro il 2008. «Un passo significativo verso la modernizzazione e l’umanizzazione della rete ospedaliera della nostra Regione» lo definiva l’assessore Battaglia della Giunta Marrazzo. In realtà lo si faceva per ottemperare alla direttiva per il rientro del disavanzo per la spesa sanitaria. Inizia così la lenta dismissione dell’ospedale, trasferendo progressivamente le sue funzioni alle altre strutture sanitarie limitrofe. Alla notizia della chiusura dell’ospedale si costituì il comitato “Salviamo il Forlanini” che animò una grande mobilitazione. Una petizione rivolta al Consiglio Comunale raccolse 45 mila firme accompagnate dalla richiesta di esprimersi riguardo alla cessazione delle attività svolte e al futuro di quella struttura. Il comitato chiedeva di mantenere la funzione ospedaliera, al massimo riconvertendola ad uso territoriale e sociale, conservando almeno il reparto di pneumologia.

 

 

La battaglia è andata avanti per anni. Ancora nel 2014 la Giunta Zingaretti esprimeva la volontà di dismettere il Forlanini, con valutazione dell’immobile pari a 278 milioni di euro, inoltrando la richiesta di autorizzazione alla vendita al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in quanto sull’edificio gravava un vincolo di interesse storico-artistico. Nel frattempo l’intero complesso in disuso era diventato rifugio per disperati in cerca di un ricovero e teatro nel 2014 di un drammatico stupro di gruppo di una ragazza di 19 anni. Negli anni successivi la Regione Lazio ha tentato più volte di trovare un acquirente per l’ex ospedale, variando la classificazione da bene indisponibile a bene disponibile e autorizzandone la dismissione al prezzo di 70 mila euro, valore molto lontano da quello stabilito in precedenza. Restava fermo il divieto di destinare l’area a funzioni abitative, turistico-ricettive e commerciali come imposto dal piano regolatore ed era confermato il vincolo di conservazione degli immobili e del parco. Lo stato della struttura ha continuato a peggiorare, sono rimaste lì abbandonate attrezzature ingombranti, apparecchi ospedalieri fuori uso, rifiuti speciali, mentre la Regione programmava un bando per trasformare l’area in un incubatore di start-up e per chi opera nel sociale, nella cultura e nell’innovazione.

Arriva l’estate del 2019 e anche lì, come avvenuto per altri immobili pubblici, si decide per un affidamento a uso temporaneo. «Artisti contemporanei provenienti da tutto il mondo riempiono le pareti dell’ospedale abbandonato Carlo Forlanini con sculture, illustrazioni, proiezioni, fotografie ed incisioni. Nel frattempo, la musica di Dj e musicisti risuona tra le mura della sala interna» promettevano gli organizzatori. Fino a settembre si svolgono eventi dedicati alla moda, alla musica, al divertimento, al costo di dieci euro con drink incluso! E poi più nulla.

In questi giorni drammatici ci si chiede come sia possibile che una struttura ospedaliera capace di ospitare 2500 degenti sia lasciata inutilizzata, mentre si aspettano i trenta giorni necessari per riaprire la clinica Columbus. Di nuovo la città prende parola con una petizione “Riapriamo immediatamente il Forlanini” che in poche ore raccoglie migliaia di firme. Si chiede che «Questo polo sanitario torni a svolgere in tempi brevissimi la vitale funzione per la quale venne all’epoca creato».