ROMA

RèC: Roma è Cinema. E non solo.

Una rassegna di trentuno anni di storia, in bilico tra un cinema restituito al quartiere e gli interessi speculativi che lo vorrebbero chiuso, di nuovo.

« Io non sono nata in questo quartiere, anzi ci sono arrivata già adulta.

Mi è sempre piaciuto il cinema. Mi incutono diffidenza e timore le multisale. E mi piace la ritualità, il rito di una volta a settimana al cinema. Non sulle stesse poltrone (o sedie) ma quasi. La birra, un bicchiere di vino o una tisana ad accompagnare la visione. Le chiacchiere alla fine del film con i soliti (o insoliti) compagni e compagne. Le proposte condivise e poi le scelte per il mese successivo.»

Questo è il giovedì di cinema al CSO Ricomincio dal Faro.

Sono diversi anni che su questo schermo si proiettano film in lingua originale con sottotitoli in italiano, perché crediamo che la settima arte non possa prescindere dal rapporto indissolubile tra la voce e il volto degli interpreti. Il nome della nostra rassegna: Voce-Volto, in cui si prevede anche un film o documentario italiano al mese.

Oltre alla rassegna Voce-Volto, in più occasioni sono state organizzate e si organizzano proiezioni e incontri, sia di autori e autrici affermati sia di lavori indipendenti.

Quest’anno poi abbiamo voluto esagerare e, dopo varie assemblee, abbiamo partorito RèC – Roma è Cinema: una rassegna cinematografica che si svolgerà da giovedì 5 a lunedì 9 aprile.

Ogni giorno si susseguiranno diverse proiezioni e ogni proiezione sarà seguita dall’incontro con registi, attori, attrici o comunque con chi ha contribuito al lavoro presentato (film o cortometraggio). Non vi saranno premi o giuria ma tutto sarà fatto per il piacere di far funzionare il Cinema di quartiere e nello spirito di condivisione di percorsi e di solidarietà e sostegno a uno spazio occupato, che come tanti è sottoposto a continue minacce di chiusura.

Ma partiamo dall’inizio e da una narrazione di chi invece in questo quartiere ci è nato e cresciuto.

Il Trullo è una vecchia borgata, concepita nel ’39, per ospitare, tra gli altri, i rimpatriati dalla Francia alla vigilia della II Guerra Mondiale; all’epoca si chiamava “Borgata Galeazzo Ciano”, ma la cosa è durata poco e dal 25 luglio del ’43 quel nome è stato quasi dimenticato.

Poi, come altre borgate, è cresciuta intorno al nucleo originario di case popolari, soprattutto per gli interessi speculativi del palazzinaro locale, il fu Claudio Forconi, proprietario di mezzo quartiere. Era il tempo in cui le borgate erano rosse e la mattina all’alba, alla fermata del ’96, c’erano i manovali e le donne di servizio che andavano al lavoro; poi, alle 5 del pomeriggio, le donne a casa e gli uomini al Partito, a giocare a carte, al Bar dei Belli, a parlare della Roma o all’osteria (ce n’erano almeno tre all’epoca). Pasolini si affacciava spesso e il film “Uccellacci uccellini”, con Totò, è girato sulla collina di Montecucco, sopra la borgata.

Il quartiere si snodava lungo la main street, via del Trullo, tra il Bar dei Belli e il Cinema Faro, costruito su proprietà di Forconi, in accordo con il parroco e il maresciallo dei carabinieri d’allora: un cinema che dominava il Trullo dalla sua alta scalinata. Via del Trullo seguiva il tracciato di una marana ricoperta e ai suoi lati salivano le pendici di due colline erbose, quella di Montecucco e quella di Monte delle Capre. Prima della fine degli anni ’60, entrambe furono edificate: Montecucco con edilizia popolare, Monte delle Capre con una delle peggiori espressioni del folle abusivismo romano, quello dei tanti che si tiravano su casa in proprio e già che c’erano facevano casa per i figli, e già che c’erano un paio di piani in più che nun se sa mai.

Come nei film western, il Trullo viveva nella sua main street, tra il Bar dei Belli e il Cinema Faro, e di fronte a questo i giardinetti, il monumento ai caduti, la scuola elementare Collodi, il mercato coperto; poco più in là, con un grande viale davanti, la parrocchia San Raffaele.  Un paese dove tutti si conoscono e dove tutti si incontrano, lungo la main street con i suoi negozi oppure la domenica mattina in chiesa o da Sciamanna per il gelato o al pomeriggio al Cinema Faro, coi film di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia o di Totò, gli spaghetti western e i firme de kung-fu. Questo era il vecchio Trullo, fino alla metà degli anni ’70.

Poi le cose cambiano, in peggio, e il primo segnale lo dà proprio il cinema Faro. Le terze visioni di quartiere vanno in crisi e il Faro si ricicla, diventa Mondial Cine e programma solo film a luci rosse; ma non funziona, ché non siamo alla Stazione Termini, e Forconi col sesso non riesce a guadagnarci. Quando chiude, alla fine degli anni ’70, i tempi sono maturi, un’epoca nuova è cominciata e il vecchio cinema serve ad altro: è arrivata la robba e il Faro, abbandonato e fatiscente, è il posto giusto. Sotto la scalinata aspetti lo spacciatore, dentro ti fai o comunque fai gli affari tuoi. Sotto ar Faro, per quasi tutti gli anni ’80, significa mercato, mercato di morte.

Forconi, il proprietario, se ne frega del Cinema, del quartiere e della cultura e il Faro diventa il simbolo di un quartiere, conosciuto solo per la robba. I tossici di tutta Roma sud, sanno che sotto ar Faro possono trovare la robba.

Poi, nell’aprile dell’87, un gruppo di pischelli, con la follia e l’incoscienza che si ha solo a vent’anni, decide di riaprirlo, riaprire il cinema. Lo decide e lo fa.

Sono passati oltre 30 anni da allora e il Trullo è ancora cambiato: qualche anno fa un governo municipale con un po’ di sensibilità ha speso due soldi per la borgata, rifacendo i marciapiedi, la piazza e i giardinetti, intitolati a Caterina Cicetti, cittadina della borgata, sindacalista e comunista. Oggi quella piazza sotto ar Faro, con la gelateria di Giulio, la tettoia che da ombra d’estate, i giochi per i bambini e le panchine per i pensionati, non è più un mercato di morte, ma un luogo di vita e di incontro, vicino a quel mercato che, dopo essere stato chiuso per anni, finalmente ha riaperto. I muri del quartiere hanno testimoniato la voglia di riscatto con i colori e con i bellissimi murales, la Street Art che la gente viene da fuori a vedere; l’arte e la bellezza sono germogliate al Trullo, con i suoi poeti e pittori de borgata.

Di questa voglia di riscatto, il cinema Faro è stato parte, con i tanti concerti, spettacoli teatrali, proiezioni di film, presentazioni di libri, la scuola popolare, l’allegria della Murga e altro ancora. Certo ci vorrebbero soldi per rimetterlo a posto, e qualche anno fa si è giunti a un passo dalla possibile acquisizione da parte del Comune, con il conseguente stanziamento per la sua ristrutturazione; poi non se ne fece più nulla. Forconi, voleva cambiarne la destinazione d’uso, per trasformarla in un centro commerciale o magari in una sala slot. Non ci riuscì e allora alzò il tiro sull’offerta fatta dal Comune, facendo fallire la trattativa.

Sono passati tanti anni dal Trullo dei ricordi, e tante cose sono cambiate. Una però è rimasta uguale: il nome di Forconi è ancora il nome dei “padroni” del Trullo; non più il vecchio Forconi, pace all’anima sua, ma gli eredi. Sfrattano le famiglie, chiudono il Bar dei Belli, con un aumento insostenibile del canone e vogliono riprendersi il Faro, per farne cosa non si sa.

Ma il Faro è nato per essere un cinema e un luogo di cultura e socialità, questa è la sua destinazione d’uso e non può cambiare.

Noi vorremmo, ma anche dovremmo essere un Faro acceso, in questa città che è stata la città del cinema e che ora ne chiude uno a settimana.

Anche per questo: RèC – Roma è Cinema, Resistenza è Cinema.

I compagni e le compagne del CSO Ricomincio dal Faro

*Foto di copertina di Rita Restifo, tratta da Flickr