OPINIONI

Franco Basaglia: il suo messaggio è ancora attuale

Quaranta anni fa moriva Franco Basaglia. Uno psichiatra, un neurologo, un docente ma, più di ogni altra cosa, un uomo in grado di ascoltare, di sentire, di connettersi

Franco Basaglia è stato uno psichiatra, un neurologo, un docente ma, più di ogni altra cosa, un uomo in grado di ascoltare, di sentire, di connettersi.

Nel corso degli anni ’70 fu promotore, assieme a tant+ altr+, della legge 180/1978, anche nota come Legge Basaglia. Una legge rivoluzionaria nei suoi intenti, che portò allo smantellamento delle istituzioni totali manicomiali e ad un complessivo ripensamento dei servizi per la salute mentale sul piano territoriale. Negli anni che seguirono, la legge non conobbe però una concreta dimensione applicativa corrispondente ai suoi principi originari, lasciando ampie zone d’ombra nel campo della presa in carico e del sostegno delle persone con problematiche, disagi o sofferenze mentali.

Il lavoro di Franco Basaglia e di chi, negli corso degli anni, ha collaborato con lui, è stato principalmente un lavoro sociale, culturale e politico volto alla risignificazione della malattia mentale. Un lavoro collettivo e paziente; fatto di ascolto e di incontri, di studio, ricerca e osservazione, di confronto e di lotta. Un lavoro in cui abbandonare tutte le proprie certezze e convinzioni, per approcciarsi con genuina curiosità all’incredibile e sconfinata molteplicità del manifestarsi del mondo interiore altrui; mettendo al primo posto la persona nella sua complessità e non la malattia che gli/le era stata etichettata addosso.

Basaglia ha voluto disvelare una scomoda verità legata alla malattia mentale, ossia che essa non solo esiste in termini di umana condizione ma che è in parte il prodotto di una specifica organizzazione dei rapporti economico-sociali e delle relazioni umane.

 

Occuparsi di problematiche mentali vuol dire dunque, inevitabilmente, volgere lo sguardo sul mondo, sulla società e sulle dimensioni economiche e politiche che ne governano l’organizzazione.

 

Nel 1969, Basaglia infatti scrive: «l’istituzione manicomiale ha in sé, nel suo carattere violento coercitivo discriminante, una più nascosta funzione sociale e politica: il malato mentale, ricoverato e distrutto nei nostri manicomi, non si rivela soltanto l’oggetto della violenza di un’istituzione deputata a difendere i sani dalla follia; né soltanto l’oggetto della violenza di una società che rifiuta la malattia mentale; ma è insieme, il povero, il diseredato che, proprio in quanto privo di forza contrattuale da opporre a queste violenze, cade definitivamente in balia dell’istituto deputato a controllarlo. Di fronte a questa presa di coscienza, ogni discorso puramente tecnico si ferma.

Che significato può avere costruire una nuova ideologia scientifica in campo psichiatrico se, esaminando la malattia, si continua a cozzare contro il carattere classista della scienza che dovrebbe studiarla e guarirla? L’irrecuperabilità del malato è spesso implicita nella natura del luogo che lo ospita. Ma questa natura non dipende direttamente dalla malattia: la recuperabilità ha un prezzo, spesso molto alto, ed è quindi un fatto economico- sociale più che tecnico-scientifico».

A 40 anni dalla sua scomparsa, queste parole continuano a risuonare per la loro potente attualità, all’interno di un panorama politico-sociale che si ostina (non a caso) a non riconosce nella salute mentale una questione prioritaria di cui occuparsi o di cui appunto ‘prendersi cura’, attraverso adeguate politiche pubbliche che non siano esclusivamente volte alla definizione di una diagnosi ed al suo trattamento (o più frequentemente, contenimento).

È quindi tramite queste sue parole che oggi vogliamo ricordare Franco Basaglia e la sua straordinaria lotta per la libertà!