Quando un comico non fa più ridere

Tintinnio di manette, ansie giustizialiste e lo stato delle nostre carceri.

Seguendo con attenzione quanto succede all’interno della galassia Cinque Stelle rimaniamo un po’ colpiti dalla retorica del populismo penale – LEGGI cosa intendiamo con questa espressione – dell’ultimo articolo sulla giustizia apparso sul blog di Beppe Grillo.

Come movimenti, plurali e con la lettera minuscola, non abbiamo mai difeso l’operato dei ministri della Giustizia che si sono susseguiti negli ultimi anni e anche questa volta manterremo la nostra posizione critica e radicale, ma vorremmo che lo spazio di contestazione alla proposta del ministro Cancellieri non fosse relegato alle solite urla contro la casta e la corruzione, urla che hanno lo scopo di creare confusione e non produrre alcun cambiamento.

Pensiamo che la proposta del Ministro, peraltro già ridimensionata nell’efficacia, sia assolutamente insufficiente, inefficace e di facciata ma lo diciamo ribaltando il discorso proposto dalla Commissione Giustizia del M5S della Camera. Per noi il problema è che facendo uscire solo 3000 detenuti non si migliorerà la condizione delle carceri italiane, soprattutto adesso che si avvicina l’estate e gli istituti diventano dei veri e propri gironi infernali, in cui spesso manca l’acqua potabile, dove gli persone sono trattati peggio dei maiali, e dove si rimane segregati per 22 ore al giorno.

Invitiamo Beppe Grillo a farsi un bel giretto nelle carceri del nostro paese e vedrà che di colletti bianchi, di corrotti, di responsabili di falso in bilancio ne troverà ben pochi ma incontrerà un’umanità fatta di emarginati, immigrati, tossicodipendenti o semplicemente persone che hanno sbagliato e a cui non è riconosciuto nemmeno il diritto ad un’esistenza umana.

C’è però un passaggio dell’intervento sul blog di Grillo su cui ci troviamo assolutamente d’accordo, l’attacco alla Bossi-Fini e alla Fini-Giovanardi, due leggi liberticide che producono affollamento nelle carceri, a queste noi aggiungiamo la legge sulla recidiva, la questione dell’attesa di giudizio in carcere e molte altre questioni ma soprattutto vogliamo la possibilità di immaginare un sistema che non sia carcere-centrico, che si fondi sulle pene alternative e che abbandoni la logica vendicativa nei confronti dei detenuti.

Di fronte a questa complessità da dove possiamo cominciare? L’attualità ci offre una bella occasione: il 26 giugno sarà la giornata internazionale contro la tortura, l’Italia è uno dei pochi paesi in cui questo reato non viene disciplinato, in cui si può morire in carcere senza nemmeno avere la possibilità di trovare giustizia nelle aule dei tribunali, dove la polizia può massacrare cittadini inermi come successo a Genova nel 2001.

Noi a Genova c’eravamo, insieme ad uno dei più grandi genovesi di tutti i tempi, Don Gallo, e con lui abbiamo fatto parte del nostro cammino, a fianco dei più deboli e degli ultimi, e continueremo anche adesso che Don Andrea non c’è più. Il 26 saremo dappertutto, insieme alle associazioni, alle famiglie delle vittime di Stato, a dire che in questo paese di tortura si muore, che dobbiamo intervenire subito e senza indugi sulla questione carceri, riappropriandoci anche dello strumento che i costituenti hanno voluto mettere a nostra disposizione, l’amnistia. Speriamo che in questa grande battaglia civile Beppe e i suoi non si nascondano dietro alla solita retorica dell’attacco alla casta… allora non ci sarebbe veramente più niente da ridere.