ITALIA

Non Una Di Meno verso lo sciopero dell’8 marzo: 30 e 31 gennaio i gruppi di lavoro online

In previsione dello sciopero dell’8 marzo, il movimento Non Una Di Meno annuncia un fitto programma di assemblee online con un appello per aprire uno spazio di critica e ripensare il piano femminista per una trasformazione radicale della società e della vita

Non Una Di Meno lancia lo sciopero femminista per il prossimo 8 marzo che si svolgerà nel pieno del confronto europeo sul Recovery Plan e alla vigilia dello sblocco dei licenziamenti. L’assemblea nazionale si sposta in rete: 30 e 31 gennaio i gruppi di lavoro tematici, il 6 febbraio la plenaria.

«A un anno dall’esplosione dell’emergenza sanitaria, la pandemia ha travolto tutto, anche il nostro movimento e la nostra lotta, rendendoli ancora più necessari e urgenti. Lo scorso 8 marzo ci siamo ritrovatə allo scoccare del primo lockdown e abbiamo scelto di non scendere in piazza a migliaia e migliaia come gli anni precedenti per la salute e la sicurezza di tutte. È a partire dalla consapevolezza e dalla fantasia che abbiamo maturato in questi mesi di pandemia, in cui abbiamo iniziato a ripensare le pratiche di lotta di fronte alla necessità della cura collettiva, che sentiamo il bisogno di costruire per il prossimo 8 marzo un nuovo sciopero femminista e transfemminista, della produzione, della riproduzione, del e dal consumo, dei generi e dai generi». Così riporta l’appello pubblicato sul blog di Non Una Di Meno per lo sciopero femminista del prossimo 8 marzo.

 

Il movimento lancia per sabato 30 e domenica 31 i gruppi di lavoro tematici da cui prenderà avvio il precorso assembleare online per la definizione di contenuti, rivendicazioni e pratiche e che si concluderà il 6 febbraio con una plenaria online.

 

5 i gruppi di lavoro: si parte sabato 30 gennaio alle 14 con economia e lavoro e a seguire alle 17,30 salute, domenica 31 alle 10 scuola, ore 14 corpi, ecosistema, giustizia climatica alle 17,30 violenza e percorsi di fuoriuscita (qui il form per partecipare).

La pandemia impone uno sforzo di immaginazione politica sulle forme organizzative e sulle pratiche dello sciopero. L’attivismo transfemminista non si è fermato in questi mesi di emergenza, ma ha sperimentato forme nuove, ibridando virtuale e reale, campagne social e azioni in presenza, intrecciando pratiche di mutualismo e solidarietà. In questo solco si colloca la sfida per l’organizzazione del prossimo 8 marzo, che si svolgerà alla vigilia dello sblocco dei licenziamenti e nel pieno del confronto europeo sul Recovery Plan.

Una sfida che per questo Non Una Di Meno rilancia anche ai sindacati ma che articola ed estende alle disoccupate e inoccupate, alle studenti e a tutta la comunità educante, alle lavoratrici autonome, al lavoro intermittente, informale e non tutelato, per uno sciopero del consumo e dai ruoli sociali imposti dal genere.

 

I dati parlano chiaro: la pandemia ha notevolmente approfondito la violenza domestica e di genere, il ricatto della dipendenza economica; ha scaricato sul lavoro “essenziale”, di cura e riproduttivo, in larga parte femminile e precario, il peso dell’emergenza; ha intensificato forme di lavoro a distanza e la sovrapposizione tra produzione riproduzione; ha drammaticamente esibito i danni dell’austerity e dell’aziendalizzazione sulle strutture del welfare pubblico, scuola e sanità lo dimostrano.

 

L’emergenza ha rimesso al centro la salute come bene pubblico e diritto universale, la riproduzione sociale come questione centrale su cui ripensare un welfare universale e la socializzazione della cura, l’urgenza di misure di ridistribuzione del reddito per l’autodeterminazione e di politiche che tutelino chi lavora e non le imprese, di un cambio di prospettiva che metta al centro l’ecosistema e non l’ambiente come risorsa da sfruttare.

Il percorso assembleare di Non Una Di Meno sarà dunque l’occasione per aprire uno spazio di critica e di attivazione sul Recovery Plan come terreno di conflitto, per ripensare il piano femminista per una trasformazione radicale della società e della vita, contro la retorica della “ricostruzione” e del ritorno alla normalità.

 

Foto di Ilaria Turini dall’archivio di Dinamopress