MONDO

Messico al bivio, messaggi dalle montagne del sudest

Il nuovo Presidente messicano entrerà in funzione a gennaio, ma nel frattempo fervono commenti e prese di posizione. Ad agosto è tornato a parlare anche l’EZLN

I risultati delle elezioni politiche messicane di inizio giugno sono tuttora oggetto di dibattiti e di confronti, visto quanto il risultato ha sorpreso la maggioranza della popolazione.

La vittoria di Andrés Manuel López Obrador (AMLO) era prevedibile, ma non lo era la percentuale con la quale questa vittoria si è ottenuta (la più alta che si ricordi nella storia, il 53%) e la percentuale di votanti, parimenti tra le più alte della storia del paese. In 30 milioni di messicani (su circa 120 milioni di abitanti) si sono recati alle urne per votare il candidato del partito Morena.

Questo fattore (le proporzioni della vittoria) è stato tra quelli che hanno permesso che non si consumasse l’ennesima frode elettorale a favore dei partiti tradizionali (PRI e PAN) ma che vincesse AMLO.

Su Dinamo abbiamo già raccontato quanto questa vittoria non debba suscitare entusiasmi fuori luogo o aspettative salvifiche, anzi.

Tra coloro che si sono espressi nettamente per un approccio non consolatorio, ma fortemente critico nei confronti del futuro presidente – che entrerà in carica ufficialmente da gennaio – vi è l’EZLN.

Il movimento zapatista ha convocato per i primi giorni del mese di agosto un incontro di valutazione tra coloro che avevano sostenuto la candidatura di Marichuy alla presidenza e successivamente ha organizzato un CompArte, un festival di tre giorni in cui si sono alternati concerti, teatro, arte di strada e molto altro ancora, per trovare opportunità di incontro, conoscenza e confronto tra forme artistiche che si sviluppano nelle comunità e artisti messicani e internazionali che volontariamente si esibiscono nel Caracol di Morelia dove il festival era ospitato. Successivamente, sempre durante il mese di agosto, sono stati pubblicati tre comunicati che riportano i contributi dell’EZLN durante l’incontro collettivo e allargato di inizio mese.

In questi comunicati emerge chiaramente la posizione del movimento in merito al nuovo presidente che viene raffigurato metaforicamente come un “capataz”, un tirapiedi del capitalismo mondiale messo li appositamente dalle potenze capitaliste mondiali per controllare la popolazione e continuare l’incessante sfruttamento che negli ultimi tempi si concentra sui beni comuni (acqua, terra, risorse) ancora custoditi da popolazioni indigene.

Il pianeta, secondo gli zapatisti, vive in una combinazione di crisi: «Una è la crisi ambientale che sta affliggendo tutte le parti del mondo e che è anche il prodotto dello sviluppo del capitalismo: l’industrializzazione, il consumo ed il saccheggio della natura hanno un impatto ambientale che altera quello che si conosce come “pianeta Terra”. Il meteorite “capitalismo” è già caduto ed ha modificato radicalmente la superficie e le viscere del terzo pianeta del sistema solare.

L’altra, è l’immigrazione. Si stanno pauperizzando e distruggendo interi territori ed obbligando la gente ad emigrare in cerca di una vita. La guerra di conquista che è l’essenza stessa del sistema non occupa più territori e la loro popolazione, ma relega quella popolazione al rango di “avanzi”, “rovine”, “macerie”, per cui quelle popolazioni o periscono o emigrano verso la “civiltà” che, non bisogna dimenticarlo, si regge sulla distruzione di “altre” civiltà. Se queste persone non producono né consumano, sono d’avanzo. Il cosiddetto “fenomeno migratorio” è prodotto e alimentato dal sistema».

E andando avanti viene citato proprio il caso italiano: «Si stanno costruendo muri legali, muri culturali e muri materiali per tentare di difendersi dalla migrazione che loro stessi hanno provocato; e si sta tentando di tornare a mappare il mondo, le sue risorse e le sue catastrofi, per gestire le prime affinché il capitale mantenga il suo funzionamento, e le seconde per fare sì che non colpiscano troppo pesantemente i centri di potere […] Fantascienza di manifattura zapatista? Googlate “Nave Aquarius” e guardate la distanza che corre tra quello che descriviamo e la realtà. Alla nave Aquarius diverse nazioni d’Europa hanno negato l’attracco in porto. La ragione? Il carico letale che trasporta: centinaia di migranti provenienti da paesi “liberati” dall’Occidente con guerre di occupazione e da paesi governati da tiranni col beneplacito dell’Occidente».

Nei testi successivi l’attacco nei confronti di AMLO è ancora più esplicito, citando suoi progetti di sviluppo che non considerano i diritti delle popolazioni indigene e la fissazione per la lotta alla corruzione: «La lotta contro la corruzione (che non è altro che la lotta per una buona amministrazione del dominio) non solo non include la lotta per la libertà e la giustizia, ma le si contrappone, perché con l’alibi della lotta contro la corruzione si lotta per un apparato di Stato più efficiente nella quasi unica funzione che detiene lo Stato Nazionale: la repressione».

Nell’ultimo dei testi viene ribadita la necessità dell’autonomia e viene esplicitato che il movimento non ha paura, in questo momento, a restare solo o controcorrente, mentre tanti a sinistra sono entusiasti o quanto meno positivi verso il cambiamento di potere alla presidenza.

Gli zapatisti rimarranno a fianco dei popoli originari sviluppando ruolo e funzioni del Consiglio Indigeno di Governo, l’espressione del Congresso Nazionale Indigeno.

Il documento si conclude con un invito per il prossimo dicembre. «Convocare una riunione internazionale di reti, o come la si voglia chiamare – noi proponiamo di chiamarci Rete di Resistenza e Ribellione […] e ognuno sceglierà il suo nome – a dicembre di questo anno, dopo avere conosciuto e analizzato e valutato quello che deciderà e proporrà il Congresso Nazionale Indigeno e il suo Consiglio Indigeno di Governo (nella sua riunione di ottobre di questo anno) e anche per conoscere i risultati della consultazione alla quale si invita in questa riunione – dove siamo adesso. Per questa, se credete, mettiamo a disposizione lo spazio in uno dei Caracol Zapatisti».

Queste posizioni non sono né facili né scontate. Dopo anni e anni di governi di destra estrema (nazionalista o neoliberista, ma sempre destra) è ovvio che in settori ampi della popolazione il futuro governo di AMLO generi aspettative, soprattutto in contesti urbani come Città del Messico. Il rischio, pertanto, di un isolamento o di un restringimento della base sociale che appoggia l’EZLN è forte. Il movimento dichiara di non temerlo e ritiene necessario in questa fase, mantenere una posizione dura e radicale.

Vedremo come questo si inserirà nelle battaglie e le sfide che i movimenti sociali messicani devono compiere nei prossimi mesi, dalla necessità di chiedere giustizia e verità per gli ultimi 12 anni che hanno provocato cifre incredibili di morti e desaparecidos occultati dalla guerra al narcotraffico, fino a quella di fermare le leggi liberalizzatrici dei precedenti presidenti, che hanno favorito l’accumulazione di ricchezza in mano a imprese estrattiviste.

Il rischio di cadere in meccanismi clientelari è forte (Morena ha vinto anche nelle presidenze degli stati dell’unione, e pure in municipi, al Congresso e al Senato) e anche per questo sarà importante la bussola mantenuta da posizioni intransigenti come quelle dell’EZLN.