editoriale

Conquistare il mare, quando la terra non è più un posto sicuro

Ieri è partita la nave Mediterranea, un’operazione di monitoraggio e denuncia per testimoniare quello che accade nel Mediterraneo centrale. Perchè oggi la solidarietà è un gesto necessario

«Proprio per disattendere queste leggi balorde vado contro la legge», questa l’intercettazione per la quale è stato incriminato Mimmo Lucano, sindaco di Riace modello di accoglienza per l’Italia e per l’Europa. Queste parole risuonano forti nell’Italia in cui ogni giorno viene disatteso il principio fondamentale che “la legge è uguale per tutti”.

Ieri è partita la nave Mediterranea, un’operazione di monitoraggio e denuncia per testimoniare quello che accade nel Mediterraneo centrale.

La nave, e la sua imbarcazione di appoggio, sono il centro di un progetto promosso da una rete di associazioni, ONG, forze politiche e sociali. Una piattaforma a più voci, una flotta, che si è data un obiettivo concreto: denunciare le morti e, eventualmente, salvare vite umane, rivendicando il diritto a intervenire quando gli Stati e le istituzioni internazionali non tutelano più la vita. In questo senso, Mediterranea è un atto di coraggio che per la sua potente spinta affermativa, e per la sua semplice giustezza, non può che essere sostenuto, rilanciato, ma soprattutto trasformato in movimento collettivo.

Dopo quanto accaduto in agosto con la nave Diciotti, non si può continuare a discutere se le operazioni di salvataggio in mare siano lecite o meno. Ancora: non è più sufficiente contare i morti nel Mediterraneo che, solo quest’anno, sono stati 1300, aumentati vertiginosamente dopo la proclamazione della “zona Sar libica”. Non ci vuole un matematico, benché meno un economista, per comprendere che la tanto sbandierata “riduzione degli sbarchi” di Salvini ha un costo umano brutale.

Nell’epoca infelice che ci tocca in sorte, la solidarietà è gesto di lotta necessario, non un’opzione tra le altre. L’indignazione, l’antirazzismo implicano pratiche di resistenza tangibili. Le parole, pure importanti, non bastano più – ammesso che siano mai bastate. Solidarietà vuol dire lotta per la vita contro la morte: quella in mare, ma anche quella di terra, che l’autoritarismo neoliberale impone sempre di più alle “vite di scarto”.

Fino a oggi, sullo sfondo dell’affermazione del governo giallo-verde, dell’avanzata di esperimenti di regime, di privazione di libertà, di normalizzazione della paura del prossimo, dell’eliminazione del dissenso, e allo stesso tempo in continuità con la costruzione, apparentemente inevitabile, di nuove povertà meticce, il mare è stato al centro della scena. Utilizzato come terreno di propaganda elettorale, spazio di costruzione del nemico, corollario di un senso comune razzista; nella cornice di una ragione umanitaria che ha tracciato una linea netta tra salvatori e salvati. Il mare ha prodotto dibattito politico con le sue le immagini di morte, amplificate dallo sfacciato opportunismo mediatico. L’attuale Ministro dell’Interno, poi, ha determinato accelerazioni mai viste prima: la chiusura dei porti, la complicità con la guardia costiera libica, le palesi violazioni del diritto internazionale e delle più antiche leggi del mare, la costruzione “bestiale” del discorso razzista e xenofobo.

In questo contesto, l’operazione Mediterranea si interroga, mentre prende il largo, su come ribaltare la prospettiva. Crediamo, infatti, che, solo una volta riaffermata concretamente la giustezza del salvataggio, ci si possa interrogare, e cercare delle risposte, sui paesi di provenienza di chi sta per annegare, sulla Libia, sugli interessi economici italiani ed europei in Africa, su cos’è diventato il diritto d’asilo, cosa muove il sistema dell’accoglienza, chi lo gestisce, chi ci guadagna e anche chi ci perde. Soprattutto, è fondamentale interrogarsi su che cosa significhi, oggi, essere dalla parte del cambiamento, nell’epoca del governo del “cambiamento”. In questo senso, Mediterranea prova a cambiare le carte in tavola: non solo una ONG, non solo un movimento di protesta, non solo degli equipaggi coraggiosi, non solo le forze politiche, non solo il tentativo di qualificare una narrazione differente di ciò che accade in mare… Tutto questo insieme.

Questa operazione, “arrembaggio” determinato a rendere visibile un’alternativa concreta alle forze reazionarie e conservatrici che si contendono lo scettro sulla pelle di milioni di persone, bianche o nere, è una tra le risposte necessarie. E chiede di prendere posizione, nelle piazze e nelle nostre vite quotidiane. Mediterranea urla affinché nessuno resti solo, in mare come in terra. Mediterranea prova a indicare una rotta utile per la costruzione di un orizzonte comune. Mediterranea è in mare: ciò di cui ha bisogno è risuonare sulla terra.

 

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Foto da Twitter di Mediterranea