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L’ultimo dibattito presidenziale in Cile a pochi giorni dalle elezioni

Mentre il nord del Cile sta vivendo una crisi migratoria molto profonda e nell’ultimo mese 4 province del sud sono state completamente militarizzate per proteggere gli interessi delle imprese forestali a discapito delle comunità Mapuche, a pochi giorni dalle elezioni il clima politico nel Paese è incandescente

La settimana si è aperta lunedí 15 novembre con il dibattito presidenziale organizzato da Anatel, l’Associazione Nazionale della Televisione Cilena. I candidati alla presidenza si sono affrontati a reti unificate raggiungendo quasi 40 punti di rating davanti a 3,1 milioni di persone in un paese di 19 milioni di abitanti.

Erano presenti in studio 6 dei 7 candidati, dato che Franco Parisi del Partido de La Gente, ha seguito tutta la campagna dagli Stati Uniti, senza mai mettere piede in Cile.

Il dibattito, in un formato meno dinamico rispetto ai precedenti, ha messo in risalto soprattutto due cose: un José Antonio Kast, candidato dell’estrema destra per il Partito Repubblicano, meno sicuro e sorridente rispetto ai precedenti confronti pubblici, e le differenze abissali dei candidati riguardo a temi come governabilità, economia, educazione sessuale integrale e sicurezza pubblica, sintomo della profonda polarizzazione politica e sociale del Paese.

José Antonio Kast, immagine da Wikimedia Commons

Kast, che ricorda personaggi come Trump o Bolsonaro, forse per la prima volta, è stato messo in difficoltà tanto dai suoi avversari politici come da alcune domande dei giornalisti. Ha dimostrato di non conoscere bene il suo programma e oltre a contraddirsi diverse volte, si è anche messo in ridicolo da solo.

Infatti, ancora prima di entrare nel vivo del dibattito, ha aperto la serata salutando i suoi elettori con una bandiera di Cuba in mano, mandando un messaggio di solidarietà ai cittadini cubani che stanno protestando contro il loro governo.

Quest’immagine quasi surreale è sintomo di come in Cile attualmente certi politici di estrema destra, tirino ancora fuori lo spauracchio del comunismo per diffondere terrore sugli elettori, omettendo totalmente che il terrore in questo paese l’hanno generato 17 anni di dittatura pinochetista e 30 anni di democrazia in cui non c’è stata una vera riparazione storica dei crimini di lesa umanità, dove molti dei colpevoli del regime sono rimasti totalmente impuni o addirittura molti altri attualmente sono senatori, ministri, deputati e ambasciatori. José Antonio Kast, incarna proprio quella classe politica apertamente pinochetista impregnata di un populismo dal pugno duro che mira a difendere Dio, Patria e Famiglia, con l’idea di risolvere i problemi del paese con più repressione, dirigendosi soprattutto ai piccoli imprenditori, ai proprietari terrieri e strizzando l’occhiolino alla forze dell’ordine.

Eduardo Artés, immagine da Wikimedia Commons

Totalmente sul versante opposto si posiziona il professore Eduardo Artés, candidato di Unión Patriótica, un partito formato da diverse correnti popolari e rivoluzionarie di estrema sinistra tra cui il MIR e il PC. Durante la serata ha espresso che nel caso in cui fosse eletto, la famosa statua del Generale Baquedano a cavallo, al centro di piazza Dignidad a Santiago, non ritornerebbe al suo posto « […] nel modo più assoluto. Anzi, anche quella di Pedro De Valdivia che si trova a Plaza de Armas verrà rimossa», riferendosi al conquistatore spagnolo che è passato alla storia per essere uno dei fondatori della patria, morendo in battaglia contro i Mapuche. In questo senso, Artes, nonostante la quasi invisibilizzazione da parte della stampa e della televisione, potrebbe guadagnarsi dei voti di una parte degli elettori di sinistra che hanno partecipato alle rivolte popolari e che si rifiutano di votare per Gabriel Boric, perché si sono sentiti traditi quando a novembre del 2019, nel bel mezzo dell’estallido, ha firmato l’Acuerdo por la paz, scendendo a patti con esponenti della destra e della ex Concertación per cercare di placare la rabbia delle proteste.

Nonostante ciò, Gabriel Boric è il favorito della sinistra e ha molte probabilità di passare al possibile ballottaggio di dicembre. Laureato in Giurisprudenza, ha iniziato la sua carriera nella politica studentesca diventando presidente della Federazione degli Studenti dell’Università del Chile (FECh) nel 2011. Nel 2013 è stato eletto parlamentare e dal 2014 è entrato a far parte della Commissione Permanente di Diritti Umani e Popoli Originari. Nel 2016 è uscito dal partito Izquierda Autónoma e ha promosso la nascita del Frente Amplio, una coalizione politica di partiti e movimenti di sinistra. Nel 2017 è stato eletto deputato e a luglio scorso ha vinto le primarie presidenziali della sinistra contro Daniel Jadue del Partito Comunista Cileno.

Nel dibattito di lunedí Boric ha spiccato meno che le altre volte, anche se ha attaccato Kast direttamente, facendolo traballare sui temi economici e sul suo stesso programma.

Inoltre, durante la serata, Boric ha ribadito che il suo programma politico include l’Educazione Sessuale Integrale e l’aborto sicuro, legale e gratuito, a differenza di Marco Enriquez Ominami, candidato del Partito Progressista che si presenta alle presidenziali per la quarta volta, che ha affrontato questo tema parlando solo della despenalizzazione e non della legalizzazione, che sono due cose ben diverse.

Yasna Provoste, immagine da Wikimedia Commons

Nel mezzo ci sono Sebastián Sichel, candidato dell’ufficialismo e Yasna Provoste, democristiana che incarna la politica della ex Concertación, la coalizione della sinistra, del centro sinistra e del centro che ha governato il paese dal 1990 al 2010. Molti elettori vedono la Provoste come una possibile minaccia perché simboleggia il ritorno a un tipo di politica fatta di retorica e riformismo, che considerando gli ultimi due anni, costituirebbe una profonda sconfitta per i movimenti sociali.

La Provoste, senatrice dell’opposizione e unica donna candidata alle presidenziali, continua a non essere incisiva, cavalcando l’onda di un femminismo bianco e demagogico che non convince.

Per quanto riguarda l’ex ministro dello Sviluppo Sociale e la Famiglia Sebastían Sichel invece, in quest’ultimo dibattito è stato un poco più saldo nei suoi interventi, forse proprio perché nelle ultime settimane è stato superato da Kast nei sondaggi. Il candidato rappresenta una destra un po’ più moderata rispetto a quella di Kast e molto più vicina all’attuale governo di Sebastián Piñera, che sta – finalmente – giungendo al termine.

Le possibilità che nessuno dei candidati riesca a raggiungere i voti necessari per vincere direttamente domenica 21 sono molto alte, per cui è difficile fare delle previsioni a riguardo. Senza dubbio, una carta importantissima la giocherà l’affluenza alle urne dato che secondo gli ultimi sondaggi, il 23% della popolazione è ancora indecisa e molti, considerati i candidati e le forze politiche che li supportano, non si sentono rappresentati da nessuno.

A ogni modo, quelle di domenica saranno delle elezioni importanti, in un paese polarizzato che sta affrontando un intenso processo di cambiamenti politici e sociali dove nel frattempo si sta scrivendo una nuova costituzione che è costata vite, occhi e prigionieri politici in attesa di giudizio.

Immagine di copertina da Wikimedia Commons