EUROPA

Lo stato di polizia di Orban

 

Dopo che il governo ungherese ha ultimato la recinzione lungo il confine con la Serbia e ha dichiarato lo stato di emergenza immigrazione, pubblichiamo questo interessante approfondimento sull’evoluzione autoritaria del Paese dell’est Europa.

Per comprendere dentro quale cornice sta rapidamente evolvendo la situazione ungherese, consigliamo la lettura di “Confini da morire”, di Marco Bascetta.

 

Con le immagini dei rifugiati che costeggiano la recinzione di filo spinato, che inondano la stazione Keleti di Budapest, che vengono rinchiusi nei centri per migranti e che camminano disperati sull’autostrada per raggiungere Vienna, il trattamento brutale riservato ai migranti dal governo ungherese è finito sotto gli occhi di tutti. È ora sul punto di peggiorare.

Secondo la legge approvata dal parlamento ungherese la scorsa settimana e che entrerà in vigore a partire dal 15 settembre, il governo ungherese potrà dichiarare lo “stato di emergenza immigrazione” per far fronte alle migliaia di rifugiati che attraversano il confine. In questo modo, se, in media, durante un mese più di 500 migranti al giorno chiedono asilo, o se, per una settimana, ogni giorno sono presenti più di 1.600 migranti nei centri d’accoglienza, o se i migranti protestano o commettono azioni violente in qualsiasi luogo del Paese, è possibile invocare lo stato di emergenza immigrazione. Lo stato di emergenza può riguardare specifiche regioni oppure l’intero Paese e avrebbe una durata di 6 mesi con possibile proroga qualora venisse ritenuto necessario.

Cosa accadrà una volta dichiarato lo stato di emergerza immigrazione? I rifugiati saranno detenuti finchè la loro richiesta d’asilo sarà in trattazione – richiesta quasi sicuramente rigettata – e poi espulsi indietro, a ritroso lungo il percorso da cui sono arrivati. Il governo ungherese fa sul serio quando dice che fermerà il flusso di rifugiati sia in Ungheria che oltre, verso il resto d’Europa.

Il piano iniziale era quello di creare, lungo il confine, “delle zone di transito” sequestrando tutte le case e le altre proprietà che si trovano entro i 60 metri dalla recinzione, per trattenere i rifugiati durante l’esame della loro richiesta d’asilo. Nonostante questo progetto sia già stato inserito all’interno della legge ungherese, sembrerebbe che il governo lo abbia accantonato. Probabilmente si è reso conto che queste zone di transito non possono contenere i 40.000 migranti che si stanno dirigendo verso l’Ungheria entro la prossima settimana. Quindi, piuttosto che installare zone di transito lungo il confine, l’Ungheria potrebbe continuare a servirsi di quei “centri d’accoglienza” in cui molti migranti sono già stati ammassati.

Le richieste di asilo potranno essere trattate velocemente perché, secondo una legge che è entrata in vigore il 1° Agosto, nessun rifugiato potrà essere ammesso all’asilo qualora, prima di fare ingresso in Ungheria, sia transitato attraverso un cosiddetto “Paese sicuro”. Siccome questa stessa legge ha dichiarato la Serbia e tutti i Paesi europei “sicuri”, l’unico modo in cui un rifugiato potrebbe entrare in Ungheria via terra senza passare per un Paese sicuro è quello di transitare per l’Ucraina. E questa non è la direzione da cui stanno arrivando i rifugiati.

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Praticamente, ogni richiesta d’asilo sarà d’ora in avanti diniegata e i giudici non arriveranno nemmeno al punto di valutare la fondatezza delle singole storie. Tutte le richieste potranno essere sommariamente rifiutate non appena venga dimostrato che il rifugiato è passato attraverso un Paese sicuro. Una volta che la loro richiesta verrà rigettata, i rifugiati saranno espulsi dal Paese.

Secondo la legge europea, i rifugiati non possono essere detenuti per il solo fatto di essere richiedenti asilo, quindi l’UE potrebbe opporsi ad un sistema che prevede la detenzione dei migranti contro la loro volontà fino a quando il loro status non venga definito. Ma dalla settimana scorsa la legge ungherese anti-immigrati ha trovato il modo di aggirare anche questo possibile ostacolo legale.

Questa legge ha creato un certo numero di nuovi crimini, come l’ingresso illegale nel Paese, il danneggiamento della proprietà statale (per esempio, la recinzione del confine) o l’interferire con la costruzione della stessa recinzione. In questo momento, dunque, virtualmente tutti i migranti presenti in Ungheria hanno commesso un crimine solo sulla base della loro presenza. Mentre la legge dell’UE non consente la detenzione generalizzata dei richiedenti asilo, la permette per quelli che non rispettano la legge. Poiché il governo ungherese ha iniziato a criminalizzare i migranti, può trattenerli contro la loro volontà.

Il governo di Orbán sta inoltre facendo il bello e il cattivo tempo con la direttiva europea contro il traffico di esseri umani. In accordo con la legge ungherese corrispondente, “ogni persona che concede aiuto a un’altra per attraversare i confini dello stato [illegalmente]… è colpevole di reato”. Cercando di prevenire le vessazioni giudiziarie, le ONG attive in Ungheria hanno informato i volontari sui comportamenti da tenere per non infrangere la legge, mentre alcuni tassisti, pagati per accompagnare i migranti al confine, sono già stati accusati di traffico umano. La Chiesa cattolica del Paese si è inizialmente rifiutata di accogliere i rifugiati, giustificandosi con la paura della persecuzione penale.

Nella nuova legge approvata la scorsa settimana, gli anni da trascorrere in carcere per chi viene condannato per traffico di esseri umani sono diventati otto qualora l’attività produca ritorno economico, coinvolga numerose persone o preveda il danneggiamento della recinzione del confine. Le ONG temono che i loro membri potrebbero ottenere fino a 10 anni per aiutare i rifugiati , lavorando “in una associazione a delinquere “. Si tratta di un’altra lettura perversa della legge dell’UE mascherata come conformità alla stessa: la direttiva contro il traffico di esseri umani non era certo stata pensata come deterrente per evitare che i volontari prestassero aiuto umanitario ai richiedenti asilo.

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Lo stato di emergenza pianificato a partire dal 15 settembre, infine, porterà con sè una militarizzazione draconiana e l’irrigidimento dei poteri delle forze dell’ordine. Una legge ora in discussione in parlamento prevede, durante lo stato di emergenza immigrazione, di inviare a difesa dei confini soldati armati di tutto punto, autorizzati a usare cani, proiettili di gomma, gas lacrimogeni e reti per arrestare i migranti che proveranno a entrare illegalmente, nonché a ricorrere ad armi mortali qualora ritenessero la propria vita in pericolo. Questa legge è stata approvata dalla Commissione di polizia e difesa il 9 settembre. Il passaggio in parlamento è programmato per il 22 settembre, con immediata entrata in vigore.

Il governo ha tentato dapprima di velocizzarne l’approvazione in modo da renderla effettiva a partire dal 15 settembre, ma è tornato sui suoi passi ricorrendo alla normale procedura parlamentare, probabilmente a causa delle esercitazioni della NATO previste in Ungheria tra il 14 e il 21 settembre: non sarebbe stato il massimo avere, durante questo periodo, le truppe ungheresi schierate al confine e pronte a utilizzare armi mortali.

La legge richiede l’approvazione da parte di 2/3 del parlamento. Dopo aver perso quest’anno due elezioni suppletive, il governo non ha più una tale maggioranza, ma su questi temi non manca il supporto entusiasta del partito di estrema destra Jobbik, schierato apertamente contro i migranti e contro l’UE e pronto ad assicurare i voti in più necessari all’approvazione.

Queste disposizioni non solo autorizzano le forze armate e di polizia ad agire contro i migranti, ma anche a violare le libertà civili dei cittadini ungheresi. Nella prima bozza, questa seconda legge anti-immigrazione prevedeva la possibilità per la polizia di entrare senza mandato in qualsiasi abitazione del Paese per cercare rifugiati, clausola poi eliminata per le forti critiche, anche interne, ricevute dal governo. La tattica di Orbán e del suo Fidesz, però, a differenza di quanto questo potrebbe far pensare, non si è minimamente addolcita.

I parlamentari di Fidesz hanno spiegato che questa clausola ne ripeteva una già esistente perchè la polizia aveva già questo potere. Secondo la legge in vigore in Ungheria, la polizia può già entrare nelle case senza attendere alcun mandato se sospetta che vi sia stato commesso un crimine. Se entrare illegalmente nel Paese e aiutare un migrante ad attraversare le frontiere sono ora considerati dei crimini, allora ogni casa che ospita un rifugiato può essere ispezionata senza bisogno di mandato.

Questa seconda legge anti-immigrazione conferisce sia ai soldati che alla polizia dei poteri aggiuntivi. Entrambi possono fermare le auto, isolare dei luoghi specifici e impedire a chiunque di entrare in aree appositamente contrassegnate. Ma forse la cosa più agghiacciante è che, in uno stato di emergenza, sia la polizia che i militari vengono autorizzati a “usare la forza” e “limitare la libertà personale”. La legge è molto vaga su questi punti fondamenali. Se è vero che i soldati possono agire solo sotto l’ordine dei propri superiori, non è specificato alcun limite per questo tipo di ordini. La legge non spiega in che modo la libertà dei civili può essere legalmente limitata, così come non parla di specifici diritti in assoluto inderogabili. Va detto che la costituzione ungherese su questo punto non è affatto incoraggiante: ai sensi dell’articolo 54, gli unici diritti che devono rimanere intoccabili in caso di emergenza sono i diritti alla dignità della persona, alla vita, il divieto di tortura, così come alcuni aspetti del diritto ad un equo processo (senza comprendere però il diritto ad una corte indipendente e dunque imparziale). Tutti gli altri diritti sono passibili di sospensione.

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Le leggi anti-immigrazione funzionano come dei decreti attuativi, progettati per dare la massima discrezionalità al Primo Ministro Orbán che, nei suoi cinque anni di mandato, ha già accumulato poteri paragonabili a quelli di una dittatore.

Ma questi poteri sono destinati a rimanere temporanei. Per creare uno stato di polizia permanente il governo ha altre leggi che attendono di essere approvate. Nell’ambito di un progetto di legge recentemente scoperto da napi.hu, il governo ungherese creerà, dal primo gennaio 2016, una banca dati nazionale con un file su ogni cittadino ungherese. Il centro per l’analisi dei profili facciali adatterà la fotografia sulle carte di identità dei cittadini ungheresi alle nuove tecnologie di riconoscimento facciale. Ogni fotografia verrà contrassegnata con un “codice di connessione” che collegherà i dati biometrici con una persona particolare. Questo nuovo database cambierà radicalmente il panorama della sicurezza in Ungheria.

Gli obbiettivi che tutto questo programma individua sono di carattere generale: risolvere più facilmente alcune indagini, migliorare la sicurezza nazionale, identificare i cadaveri, ed altri ancora. Finora, 18 diversi motivi ammissibili (tutti molto vaghi) possono essere utilizzati per abbinare le immagini nel database e quest’ultimo può essere utilizzato da diverse agenzie statali. Nel frattempo, il governo ungherese ha annunciato che prevede di installare un sistema di telecamere a circuito chiuso che coprirà la metà del Paese.

La legge “Facebook di governo”, come viene definita dai critici, è parte di un pacchetto di cambiamenti legali che renderà l’Ungheria uno stato di sorveglianza. Una regolamentazione governativa di accompagnamento richiederà a tutti i fornitori di servizi internet e di telecomunicazioni di creare un “punto di accesso” alle loro reti in modo che il governo possa intercettare un grande quantitativo di conversazioni telefoniche e collegamenti a internet dei cittadini ungheresi. Il punto di accesso permetterà che una parte considerevole di tutto il traffico trasportato dalla rete venga catturato in tempo reale. In base alle formule utilizzate dalla legge, ciò potrebbe ammontare a migliaia di individui alla volta. Ma la legge ha poco da dire su quando e perché queste intercettazioni sarebbero giustificate. La legge ungherese prevede già che le aziende del seetore delle telecomunicazioni forniscano l’accesso alle loro reti quando richiesto. Il nuovo regolamento permette al governo ungherese di accedere alle reti senza passare attraverso il provider. Queste leggi di sorveglianza entreranno in vigore poco dopo l’autunno.

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Il disprezzo del governo ungherese per i diritti dei rifugiati presagisce la sua noncuranza per i diritti dei propri cittadini. Negli ultimi cinque anni , il governo ungherese ha eliminato quasi tutti i controlli sul suo potere e sta ora utilizzando la crisi dei rifugiati per inaugurare uno stato di emergenza e accelerare i piani per trasformare il Paese in uno stato di sorveglianza .

Mentre le istituzioni dell’UE osservavano, inorridite ma paralizzate, il primo ministro Orbán ha creato in Ungheria una dittatura strisciante. In bella vista, il governo ungherese sta triturando i valori della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto, cioé i valori su cui è stata costruita l’Unione Europea. Per come lo stato di emergenza si profila in Ungheria, ora è il momento di invocare l’articolo 7 del trattato dell’Unione Europea, mettendo in quarantena l’Ungheria attraverso la rimozione dei suoi diritti di voto sulle questioni europee. È il minimo che l’UE può fare per mostrare solidarietà. Non solo con i rifugiati, ma anche con i cittadini UE dell’Ungheria.

Tratto da politico

Traduzione di DINAMOpress

 

* Kim Lane Scheppele è “Laurance S. Rockefeller Professor of Sociology and International Affairs” presso la “Woodrow Wilson School and the University Center for Human Values at Princeton Uni-versity”.