EUROPA

Lezioni francesi


Quali conseguenze in Europa e in Italia della disfatta socialista alle municipali?

In un certo senso, il secondo turno delle elezioni francesi non ha portato molto di nuovo, piuttosto ha confermato e amplificato l’effetto generato dal primo.

Infatti i termini della sconfitta socialista sono stati ribaditi: solo la conquista di Avignone (quella di Lourdes sembra beffarda) e la conferma di Strasburgo, Metz, Lione. Dijon, Lille, Nantes, Rennes e Parigi, peraltro preannunciata nella prospettiva del ballottaggio, bilanciano le scontate perdite di Pau, Toulouse, Limoges (che storicamente vale come la perdita di Bologna), Tours, Amiens, St. Etienne, Reims e Dunquerque e la disfatta di Marsiglia (dove il Ps è stato sorpassato anche dal Fn). La novità è che se ne è avvantaggiato soprattutto l’Ump, mentre il Fn di Marine Le Pen ha intascato rispetto al primo turno Béziers e Fréjus, ma non Perpignan (andata all’Ump) e Avignone (al Ps). Anche l’ulteriore aumento dell’astensione fino al 38% è in linea con la differenza abituale fra i due turni.

Sul piano delle strutture locali la vittoria è sempre della destra, ma di quella “repubblicana”, senza eccessivo spostamento sull’estrema. Ne consegue un riassetto degli equilibri di governo, probabilmente con un’accentuazione del moderatismo maggioritario e qualche riequilibrio fra i grandi feudatari di un Ps sempre più atomizzato, come scrive Libé. Lo stesso fatto che, silenzioso Hollande, essi si battano il petto preannuncia a breve scadenza feroci guerre intestine.

Diversi sono gli effetti sulle imminenti europee, dove l’elettorato sarà più pronto a sperimentare e a seguire le ondate emotive, senza l’effetto stabilizzatore delle clientele municipali e regionali che favoriscono i due maggiori partiti. In quel caso l’ondata blu-marine potrebbe scavalcare quella blu-gollista (comunque sommergendo i socialisti), con accenti sempre sovranisti ma meno devastanti, sia per la nuova Commissione europea sia per l’asse franco-tedesco. In entrambi i casi Hollande, fortemente indebolito, avrà una posizione contrattuale più debole e non riuscirà a comporre un asse con i socialdemocratici tedeschi (figuriamoci con Renzi) per condizionare la Merkel.

Sta nella logica stessa di due paesi economicamente deboli e senza il coraggio di contestare i dogmi neo-liberali della concorrenza generalizzata e del pareggio di bilancio che restino vittime del populismo e impotenti davanti all’egemonia tedesca. In questo Hollande, che sta nel cavo dell’onda, prefigura quanto accadrà a Renzi, che comincia a scendere. Al massimo potrà scegliere se appoggiarsi a Putin (Berlusconi ci aveva provato) oppure a Obama –infatti ci prova, facendo il “cucciolo entusiasta”, come scrive il sito Usa Politico. Il ripensamento sugli F-35 è obbligato, ma non basta fare le feste. Il cucciolo deve imparare pure a non pisciare dentro casa e questo è il senso dell’ammonimento che Grasso, per conto di Napolitano, gli impartito a proposito delle riforme costituzionali, frenando la sua fretta arrogante e gli eccessi di rottamazione. Solo che, appena rallenta, Renzi è destinato a cadere. La recessione non si curava con l’aspirina di Letta, ma non guarisce neppure con le anfetamine.