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L’epica rave per sfuggire all’isolamento pandemico: appunti su Dark Gethsemane di Burial

A più di un anno dallo scoppio della pandemia e delle conseguenti restrizioni alla vita sociale, molti e molte sentono la necessità di riscoprire spazi e svaghi. Tra loro, anche il producer inglese Burial, pur con la solita immaginazione hauntologica

C’mon, this way

Dark Gethsemane, una delle tracce firmate da Burial per Shock Power of Love, l’ep realizzato a quattro mani col collega produttore Blackdown, si apre con le voci campionate di un qualche sconosciuto raver, probabilmente adolescente. «C’mon, this way», si sente ripetere.

Il campione rimanda con straordinaria immediatezza a un immaginario abbastanza consueto per l’artista inglese: come scriveva, infatti, Mark Fisher in riferimento all’esordio omonimo del producer, la musica di Burial evoca «luoghi abbandonati un tempo carnevalizzati dai rave». In Dark Gethsemane quegli spazi spettrali e vuoti sembrano però ripopolarsi: sin dall’inizio della traccia, Burial ci invita a seguire furtivi giovani raver mentre si intrufolano in un capannone vuoto, pronti per riportarlo alla vita con generatori e casse.

Foto da Flickr

Da sempre artefice di un suono capace di evocare panorami di desolazione urbana, Burial con insospettabile anticipo ha saputo quasi immaginare, nelle sue precedenti uscite discografiche, quelle notti metropolitane, silenziose e sospese, che abbiamo imparato a conoscere nella lunga stagione pandemica. Il critico britannico Simon Reynolds, in una recente intervista a “Rolling Stones”, ha dichiarato al riguardo che «Burial è più in sincrono con il mondo di oggi di quanto lo fosse una dozzina di anni fa».

Un’affermazione che, in un senso, era vera prima di Shock Power of Love e Dark Gethsemane, ma che, in un altro, lo è ancora di più adesso.

Dopo un anno abbondante di notti cristallizzate nell’immobilità irreale di lockdown e coprifuochi, persino lo sfuggente artista inglese percepisce la necessità di (ri)scoprire forme di socialità: mai, come in questa nuova fatica, Burial si era infatti avvicinato tanto concretamente all’euforia del dancefloor.

Ma poiché «Burial è la prova più evidente che il nostro zeitgeist è essenzialmente hauntologico» e «desidera ardentemente qualcosa che non ha mai davvero sperimentato di persona», anche adesso che la sua musica perde quei tipici caratteri di spettralità ed evanescenza, il producer continua a desiderare «ardentemente qualcosa che non ha mai davvero sperimentato di persona». Burial è cresciuto con il mito dei rave illegali, ma li ha vissuti solamente attraverso i racconti del fratello maggiore.

We must shock this nation with the power of love

In Dark Gethsemane Burial preferisce sì celebrare la vita e un’estasi condivisa, anche chimica eventualmente, anziché sommergere «l’ipercinesi del rave in una melanconia solenne», ma continua a rifarsi a un immaginario non direttamente sperimentato. Azzeccate le parole che la celebre rivista online Resident Advisor ha dedicato alla traccia: «Come tutta la musica di Burial, Dark Gethsemane è una rete di riferimenti e campioni, ma risulta estroversa e gioiosa, mentre una volta sarebbe stata ritrosa e solitaria».

Foto di Christian Kadluba da Flickr

Questa «rete di riferimenti e campioni» ha perso per l’occasione ogni sentore d’immaterialità: dopo più di dodici mesi trascorsi tra meeting online e live fruiti soltanto tramite uno schermo, anche Burial pare sentire il bisogno di contatto fisico tra corpi sudati. Quando, intorno al quinto minuto della traccia, torna il campione citato all’inizio, seguito da un appena percettibile sospiro di stupore, tutto è chiaro.

Dalla perfetta colonna sonora per una Londra «ferita», «popolata di vittime dell’estasi in congedo giornaliero dai reparti psichiatrici, di amanti delusi sugli autobus notturni», si passa quasi all’invocazione di una nuova summer of love.

I raver adolescenti e circospetti, una volta tagliata la rete di recinzione, non si trovano davanti un capannone abbandonato, ma un’inaspettata esplosione di vitalità. Ai fruscii caratteristici della sua musica, Burial affianca field-recordings celestiali, battiti di mani, ritmi black, pad balearici e un sample reiterato fino all’esasperazione: «We must shock this nation with the power of love».

Il campione, preso di prepotenza da una qualche celebrazione liturgica afroamericana, s’inserisce in una lunga tradizione che trova forse il suo vertice nell’incontro tra i Primal Scream e il reverendo Jesse Jackson. Pescando dunque a grandi mani dall’armamentario elettronico più genuino ed estatico (non manca neanche il famigerato loon sample, «uno dei più ubiqui e duraturi suoni della musica da rave», come spiega sempre Resident Advisor), Burial confeziona una perfetta e trascinante cavalcata dance di quasi dieci minuti.

Non solo: nella sua genuina e coinvolgente emotività (ottenuta sempre tramite la riproposizione di elementi noti e già masticati), Dark Gethsemane si rivela anche irresistibile manifesto d’intenti.
C’è bisogno di nuovi spazi di socialità, c’è bisogno di riappropriarsi delle città.

Foto di copertina da Flickr