EUROPA

Leçons de Ténèbres

Considerazioni tra Italia e Francia sulla lezioni degli avvenimenti parigini.

Le lezioni delle tenebre sono tre composizioni di François Couperin per la liturgia del mercoledì santo, sul testo delle Lamentazioni di Geremia. Nella notte scesa sull’Europa e sulla Francia nessuno porta più conforto alla signora decaduta, ora vedova. Chi le si proclama amico è ancora peggio dei nemici. Lezioni per noi. Leggi anche: Il fascismo che già c’è e le premesse della vittoria del Front National

Con il pretesto di combattere i barbari esterni, i barbari interni si sono insediati nelle rovine e proclamano l’emergenza per farsi gli affari loro. Il nemico sta dentro le mura, specula sulla paura e guida gli atterriti verso altre catastrofi. La stretta liberticida sui diritti, secondo lo schema francese ricorrente ben descritto su DINAMOpress da F. Brancaccio e aggiornato da M. Galeotti è andata di pari passo con una guerra scombinata e vendicativa, sostenuta con scarso entusiasmo da Usa ed Europa e confluente con quella di Putin, senza condividerne gli obbiettivi. Insomma, la risposta con la bava alla bocca sempre sognata da Daesh.

Tuttavia… tuttavia sarebbe parziale e sviante trarre questa sola lezione dagli avvenimenti francesi, dall’inevitabile contraccolpo lepenista dell’ossessione securitaria e guerresca che il governo “socialista” francese ha alimentato nell’illusione di prevenire una deriva ancora più a destra dopo la strage fondamentalista del 13N parigino. Che di quella dissennata gestione si sarebbe avvantaggiata la destra e più quella estrema del FN che quella di Sarkozy era largamente previsto: nelle gare di populismo l’originale ha la meglio sulla copia. Se tutto finisse qui, ci sarebbe da stare tranquilli, no? L’Italia non è stata colpita (finora) da attentati Daesh, non c’è lo stato d’emergenza, gli spiriti bellici sono stati accortamente tenuti a freno da Renzi, novello Andreotti, alla generazione Bataclan italiota sono stati promessi 500 € da spendere in concerti e discoteche. I nostri lepenisti si baloccano con i presepi e cantano “Tu scendi dalle stelle”.

Invece… invece le cose sono più complesse. Il rilancio sul terrore spiega agevolmente le percentuali fra il 20% e il 25% raccolte dal FN nella maggior parte delle regioni e ha il suo peso anche nei picchi sopra il 30%, per esempio il 36,06% in Alsace-Champagne-Ardenne-Lorraine, il 40, 55% in Paca (Provence-Alpes-Côte d’Azur) – regione di antico insediamento di pieds noirs rimpatriati dall’Algeria – e il 40,64% del Nord-Pas de Calais-Picardie. Quell’eccesso numerico, però, indica un’altra causa, più antica e persistente, particolarmente evidente nell’ex-feudo Pcf del Pas de Calais: la degradazione del tessuto industriale e della composizione operaia, che è il frutto drammatico localizzato delle politiche di austerità implementate, in zelante gara reciproca, da socialisti e conservatori, tanto in Francia quanto in altri paesi. Questo elemento non è dunque sciovinista e immunizzabile, ma passibile di replica e contagio in tutta Europa e in primo luogo in Italia, dove intere aree del paese e settori generazionali sono desertificati dall’inoccupazione e dalla precarietà. Il FN è la nemesi della “buona” Bce, che sforna liquidità per le banche, che se la trattengono, e non per la gente, che la spenderebbe. Il 40% di disoccupazione giovanile e i 2,4 mln di NEET sono le nostre banlieues. Seconda lezione.

Il successo del populismo estremo (compreso l’abbandono dell’Europa e dell’euro) ha condizioni preesistenti agli attentati parigini e operanti anche laddove non sia stato instaurato uno stato d’emergenza e scatenata una guerra. La furba neutralità di Renzi in materia non ci salva perciò dal virus lepenista, attenuato soltanto dal minor spessore di Salvini rispetto a Marine Le Pen e dalle differenze di ordine costituzionale ed elettorale. Non saranno la finta ripartenza italiana e le riforme a scongiurare il pericolo e non è un caso che Renzi abbia messo le mani avanti dopo il 13N attribuendo al terrorismo il mancato raggiungimento delle previsioni di aumento del Pil. L’azzeramento di alcune tipologie di risparmio nel commissariamento di quattro banche minori è il primo segnale di un dissesto del sistema bancario che lascerà morti e feriti sul terreno, accrescendo nel contempo il deficit statale – una tipica situazione di innesco della protesta populista. La tenebrosa lezione vale anche per noi!

Due corollari, francese e italiano.

1. Con le elezioni regionali il mito del barrage, della “diga repubblicana” – cioè la desistenza fra Républicains (Ump+centristi) e socialisti per impedire al ballottaggio la vittoria del FN – è svanito. I socialisti si sono precipitati a desistere ovunque si erano classificati al terzo posto, perdendo così il diritto ad avere consiglieri eletti in proporzione pur ridotta ai voti, mentre i gollisti di Sarkozy hanno deciso di concorrere comunque, sperando di rastrellare gratis i voti delle altre opposizioni. Se possibile, una tattica Ps ancora più infelice del farsi carico delle proposte della destra. Vedremo al secondo turno.

2. In Italia tanto il Partito della Nazione renziano quanto il M5s hanno proclamato che del populismo lepenista non c‘è bisogno, tanto quel ruolo intendono svolgerlo loro, senza sbavature xenofobe e impegni militari. Renzi ha mostrato di avvertire la responsabilità delle istituzioni europee, ma solo per affrettarsi a dichiarare che lui ha ottenuto, grazie alle riforme, margini di flessibilità per scongiurarne gli effetti (falso!) e che quindi lui è preoccupato non per l’Italia ma per l’Europa. I pentastellati si vantano di essere l’argine a sentimenti d’odio ed estremismi, in quanto interpreti della cittadinanza anti-politica. Dopo di che, fanno appello agli scontenti, al di là di destra e sinistra, per vincere il ballottaggio previsto dall’Italicum. Renzi, invece, agita il pericolo di Salvini per ottenere la desistenza della sinistra interna e risucchiare una quota dei berlusconiani e dei grillini. Il voto utile e il pericolo fascista saranno le bandiere delle elezioni locali e del referendum del 2016 e di quelle nazionali, quando saranno. Giustificando, beninteso, qualsiasi politica economica e sociale di merda. Stiamo in guardia: questa è la terza lezione!