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Larry Lohmann: «La scienza collusa con le multinazionali ha ostacolato il movimento per il clima»

Lo scienziato e attivista, membro della Ong inglese “The Corner House” e co-fondatore del “Durban Group for Climate Justice”, descrive le possibilità aperte dall’esplosione di mobilitazioni ecologiste, ma anche i rischi che derivano dai tentativi di recupero capitalista

Credi esista il rischio che il movimento dei Fridays For Future finisca addomesticato dall’attitudine paternalistica delle istituzioni?

Sono attratto dai Fridays For Future in quanto nuovo movimento di ragazzi e ragazze il cui agire politico non può più essere negato né occultato. In molti hanno cercato di farlo, ma hanno fallito. Questi giovani sono più adulti degli adulti e, ad esempio, meno influenzabili da fantasie relative a una infinita accumulazione del capitale. Così quando alcuni adulti (o supposti tali, come Trump) hanno cercato di addomesticarli non ci sono riusciti. In ogni caso, non basta dimostrare di riuscire a non essere addomesticati per non correre il rischio di venire catturati dagli adulti e dalle loro fantasie. Per esempio, alcuni hanno sottolineato che una dei compagni di viaggio di Greta Thunberg è stata Jennifer Morgan, ambientalista a favore del capitale che ha lavorato per molti anni nel Wwf, una delle organizzazioni più colonialiste e a sostegno delle imprese al mondo. Per quanto Greta riesca a essere forte, questo tipo di legami sono destinati ad avere un effetto. Per questo non sorprende vedere Greta sostenere i progetti di cosiddette “Soluzioni Climatiche Naturali” [misure che prevedono la compensazione nella produzione carbonio per combustione di fossili con la creazione di foreste o altri progetti che trattengono carbonio, ndr] che stanno aprendo le porte a nuovi imperialismi nell’annessione di terre nel Sud del mondo, per permettere alle industrie del Nord di continuare a inquinare.

In particolar modo la “fantasia da adulti” secondo la quale esistono “Soluzioni Climatiche Naturali” è basata su una nozione non scientifica – estremamente diffusa tra attivisti di classe media come la Morgan, che hanno trascorso la loro intera vita lontano dai movimenti climatici di base – che il carbonio fossile equivalga al carbonio biotico [prodotto dagli organismi, ndr] nei suoi impatti rispetto al clima.  Rattrista ma è prevedibile che Greta ripeta questo come una bella idea. Fin dai primi anni 2000 si è dimostrato invece che il carbonio fossile anche se è identico al carbonio biotico dal punto di vista chimico, dal punto di vista climatico ha un impatto differente. Infatti mentre il carbonio biotico vive da milioni di anni in equilibrio con quello atmosferico e può essere scambiato con lo stesso e con quello presente nella superficie degli oceani, quello fossile “per natura” è bloccato sotto terra e non dovrebbe entrare in contatto con quello presente in atmosfera. Pertanto, una volta immesso artificialmente in vaste quantità nella atmosfera attraverso la combustione e l’estrazione mineraria, rimane bloccato nella stessa e non può essere compensato né dalle foreste né dalla superficie degli oceani che sono naturali immagazzinatori di carbonio atmosferico. Rimanendo nell’atmosfera il carbonio fossile produce effetto serra e per questa ragione dobbiamo riconoscere che ha un impatto climatico radicalmente diverso.

 

Finora il movimento per il clima ha avuto come target principale i governi. Sappiamo però che le multinazionali (favorite dagli Stati) sono le vere responsabili del cambiamento climatico. Credi che a un certo punto il movimento si dirigerà verso questi attori?

Le devastazioni determinate dalle multinazionali sono oggetto di lotte già ovunque nel mondo e lo sono state per svariati anni all’interno delle lotte anticolonialiste e anticapitaliste. La sola domanda che devono porsi i nuovi movimenti climatici è quanto vorranno unirsi alla festa. Inoltre la crisi climatica ha già colpito molte aree del mondo e a breve le colpirà tutte. La questione non è tanto dove arriverà il prossimo uragano o dove l’agricoltura andrà in crisi, quanto invece chi si sta organizzando politicamente per beneficiare di questo e come. Non è una domanda da fare alle Nazioni Unite.

 

In questo movimento c’è una varietà di prospettive rispetto a cosa si dovrebbe fare in termini di “Just Transition”, cioè l’insieme delle strategie per passare da una economia estrattivista a una di tipo rigenerativo. Questa “varietà” può essere un valore aggiunto ma anche una debolezza. Cosa ne pensi?

La maggior parte delle campagne finalizzate alla “Just Transition” sono basate sulla climatologia mainstream, che ci dice che il clima dipende solo dalla distribuzione delle molecole di carbonio e rifiuta di investigare le dinamiche dell’accumulazione di capitale, della meccanizzazione e dello sfruttamento del lavoro come meccanismi chiave nel determinare il riscaldamento globale. L’interpretazione sul significato del cambiamento climatico è un grande problema per la costruzione di un movimento ed è estremamente divisivo in termini Nord/Sud del mondo. Il problema è quindi cosa vogliamo dire con “Just Transition”. Vogliamo ottenere una distribuzione più equa di molecole di carbonio all’interno della accumulazione capitalistica, o vogliamo andare a colpire l’accumulazione capitalistica? Questo aspetto deve essere discusso nei gruppi che si occupano di “Just Transition”, per vedere su quale livello possono lavorare assieme. Più di qualche gruppo nel movimento ha già compreso il rischio di greenwashing.

 

Questo movimento è riuscito a fare luce sulla relazione tra la scienza e i movimenti sociali, che possono avere diversi obiettivi, ma anche essere alleati. Come potrebbe funzionare questa alleanza in modo vantaggioso?

Al momento, la climatologia mainstream è un ostacolo alla costruzione di un movimento e per molti aspetti si posiziona non in supporto, ma contro i movimenti popolari per il clima. Questo accade in parte perché i climatologi sono stati culturalmente e politicamente spinti a sostenere la pretesa non scientifica che il riscaldamento globale è dovuto al fatto che in qualche modo le molecole di anidride carbonica sono finite nel posto sbagliato e ora “noi” (senza specificare chi sia questo noi) dobbiamo rimetterle nel posto giusto. Per esempio, Sir John Houghton, fondatore e membro del Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (Ipcc) ha rivelato in un’intervista del 2014 che i principali climatologi negli anni ‘90 erano terrificati all’idea di essere criticati da soggetti non appartenenti alla comunità scientifica – inclusi, probabilmente, quelli associati alla lobby dei combustibili fossili. Tra le possibili accuse che sarebbero stati definiti meno scientificamente corretti nel caso in cui avessero usato la fisica per calcolare la proporzione di molecole di anidride carbonica nell’atmosfera originate dai depositi di combustibili fossili, o se avessero comparato gli effetti climatici del carbonio fossile con quelli delle molecole che originano invece dalle foreste. Questi metodi sarebbero stati corretti, ma si decise invece di calcolare l’immissione di carbonio in atmosfera soltanto in base ai confini degli stati nazionali, aprendo così la strada al mercato dei crediti al carbonio e deresponsabilizzando le imprese estrattive.

Gli scienziati hanno pertanto semplicemente messo da parte il loro compito scientifico per essere sottomessi a istanze politiche. Questa presa di posizione ha determinato un incalcolabile danno ai movimenti per il clima, perché li ha moderati. Come se questo non fosse abbastanza, l’incapacità di distinguere tra Co2 presente nell’atmosfera prodotta da fossili e Co2 di origine biotica ha incoraggiato gli Stati e le multinazionali a trattare il carbonio immagazzinato dalle foreste come se potesse “compensare” la combustione di fossili. Questa è una rappresentazione infantile delle cause del riscaldamento globale perché ignora la storia vera della meccanizzazione capitalista che, come Andreas Malm ha evidenziato, è diventata dipendente da motori ad alimentazione fossile per accrescere in modo competitivo la produttività della forza lavoro e la velocità di circolazione e realizzazione di plusvalore capitalistico. Questo non vuol dire che non ci sia dialogo possibile tra climatologi e movimenti popolari per clima, anzi, è proprio l’opposto, ma la questione è come organizzare questo dialogo in modo che si possano prendere in considerazione tutti gli aspetti della realtà.

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