DINAMO SCHOOL

La nuova vita dell’audio ai tempi del digitale

Il video non ha ucciso la radio. Con internet e smartphone, poi, i prodotti da ascoltare sono diventati più facili da produrre e ascoltare. Tra podcast, audio reportage e serie «c’è sempre più richiesta di qualità»

«Video killed the radio star. Pictures came and broke your heart» cantavano i The Buggles nel loro primo singolo pop. Correva l’anno 1979 e la diffusione del tubo catodico delle televisioni faceva presagire l’estinzione delle stelle radiofoniche. La storia seguente, però, avrebbe rivelato più di una sorpresa.

La potenza della comunicazione per immagini, infatti, non ha cancellato la forza degli audio. Invece di scomparire le radio hanno iniziato a svolgere altre funzioni, a essere usate in contesti diversi, a occupare posti inediti nel panorama dell’infosfera.

Con l’arrivo di internet, poi, la possibilità di produrre e mettere in circolazione prodotti da ascoltare si è moltiplicata, diventando accessibile anche a chi non ha alle spalle un’infrastruttura radiofonica. Ma è forse con la diffusione degli smartphone che le potenzialità del settore audio esplodono su diversi fronti.

Uno è certamente quello delle interfacce, degli assistenti vocali e di tutti i dispositivi, hardware e software, a loro connessi. Alexa, Siri, Google Voice sono gli strumenti sviluppati dai colossi del web per guadagnare altre porzioni del nostro tempo, quelle in cui dobbiamo o vogliamo staccare gli occhi dagli schermi luminosi dei cellulari.

Un altro è quello dei contenuti narrativi e giornalistici che attraverso gli smartphone sempre presenti nelle nostre tasche sono diventati perennemente accessibili. Con il vantaggio che si può ascoltare un libro, una rassegna stampa, una serie o un audioreportage mentre si lavano i piatti, si guida o si fa ginnastica. Attività durante le quali leggere sarebbe più complesso.

La chiave di volta in questo caso sono stati i podcast, parola utilizzatissima di cui non sempre è chiaro il significato. In un interessante articolo su Il Tascabile, Jonathan Zenti, autore e produttore radiofonico indipendente, fornisce due definizioni principali. Una lessicale:

Il termine è la combinazione tra “pod” e “cast”, due particelle della lingua inglese che fanno di nuovo riferimento alla natura tecnologica di questo mezzo. “Cast” vuol dire letteralmente “spargere, diffondere”, […] “pod”, che letteralmente vuol dire “baccello”, fa riferimento in realtà al supporto fisico che per un decennio ha avuto il monopolio assoluto sulla distribuzione dell’audio digitale, ovvero l’iPod di Apple.

Un’altra funzionale

un servizio di radio on-demand e che per le sue caratteristiche valorizza maggiormente i format molto narrativi, sperimentali nella forma e nei contenuti, e che costruiscono un rapporto molto intimo con gli ascoltatori, che in questa relazione giocano un ruolo molto più attivo che in passato.

Il podcast quindi è un contenitore – che ha alcune caratteristiche di produzione, fruizione e a volta anche di stile – al cui interno è possibile inserire vari tipi di contenuto. È l’audio serie statunitense Serial a far esplodere a livello globale un fenomeno che già covava in diversi anfratti e nicchie del web. Serial è un prodotto di giornalismo investigativo lanciato nel 2014. Conta 32 episodi divisi in tre stagioni ed è stato ascoltato da oltre 250 milioni di persone.

In Italia qualcosa di simile è accaduto più recentemente, con Veleno. Un lungo reportage giornalistico sulle vicende di bambini tolti alle famiglie e dati in affidamento, con annesse denunce di orrori e abusi in parte rivelatesi false, in provincia di Modena. I fatti risalgono alla fine degli anni Novanta, due decenni prima di Bibbiano. L’audioreportage è stato realizzato da Pablo Trincia e Alessia Rafanelli e pubblicato da Repubblica on line nel 2017.

«L’audioreportage ha alcune caratteristiche specifiche molto importanti – spiega Andrea Cocco, autore radiofonico – La prima è che permette di raccogliere informazioni e raccontare con “leggerezza”. Senza il timore che incute una telecamera in chi viene intervistato e lasciando molto più spazio alla fantasia di chi ascolta. Per questo è particolarmente efficace per dare voce in contesti difficili, come ad esempio il carcere o comunità di persone marginalizzate, e su temi considerati taboo».

Grazie alla diffusione delle nuove tecnologie di registrazione ed editing la possibilità di realizzare questo tipo di prodotti si è diffusa, semplificata e i suoi costi sono crollati. «In questo settore, sorprendentemente in crescita, c’è sempre più richiesta di prodotti di qualità – continua Cocco – È importante avere una buona cultura dell’ascolto, molta creatività, ma anche la capacità di sapere dove cercare i materiali con cui comporre la storia, attraverso quali strumenti raccoglierli, come combinarli in un prodotto che valga la pena ascoltare».

Queste e altre abilità saranno al centro del corso di dinamo school “Premi rec: pensare e produrre reportage audio”, che ha l’obiettivo di trasmettere competenze tecnico-pratiche per realizzare reportage sonori sperimentando diverse forme di narrazione e creazione audio.

Per maggiori informazioni si può consultare il programma del corso, che inizia sabato 8 febbraio, o scrivere a: corsidinamopress@gmail.com . Qui invece le info sugli altri tre corsi (grafica editoriale, comunicazione femminista, sopravvivenza digitale).