MONDO

La lotta del chavismo contro la corruzione

Il Venezuela è momentaneamente scomparso dalle prime pagine dei grandi giornali occidentali. Complici la sconfitta elettorale delle destre e l’indebolirsi dei tentativi insurrezionali sostenuti dagli Stati Uniti. Il chavismo, però, è passato all’attacco

Notizia bomba: giovedì sera, su ordine del Pubblico Ministero, sono stati arrestati l’ex-presidente della Petróleos de Venezuela Sociedad Anónima (Pdvsa) [Petroli del Venezuela Società Anonima, compagnia petrolifera statale venezuelana – ndt] e l’ex-ministro del Petrolio, Eulogio del Pino e Nelson Martìnez. Il primo è stato a capo dell’azienda petrolifera statale dal 2015 fino allo scorso agosto e del Ministero fino al 26 novembre.

Ci si aspettava che una notizia di questa portata sarebbe arrivata dopo che le indagini, svolte dal Procuratore Generale Tareck William Saab, avevano cominciato a dipanare la rete di corruzione esistente in diversi settori dell’azienda. Negli ultimi due mesi le notizie di arresti si erano moltiplicate, arrivando fino a quello della settimana scorsa dei dirigenti della Citgo, filiale della Pdvsa negli Stati Uniti. Il numero dei manager arrestati era in aumento, arrivando a 65 giovedì scorso.

Il Procuratore aveva detto a chiare lettere che ci trovavamo davanti ad un’appropriazione indebita ai danni dello Stato che andava avanti da un decennio. Le conseguenze sono state aumento del debito, calo della produzione e consolidamento di una rete di corruzione nel polmone economico del paese: il 95% dei dollari che entrano in Venezuela provengono dal petrolio.

I metodi utilizzati per sottrarre denaro sono stati vari: contratti gonfiati in varie filiali, sabotaggio della produzione, contratti per il rifinanziamento dell’azienda stipulati senza approvazione del governo nazionale, manomissione dei dati fiscali sulla produzione del greggio e vendita di petrolio non dichiarato. Nel caso di Eulogio Del Pino, uno dei capi di accusa è di essere coinvolto nel giro di corruzione all’interno di Petrozamora [compagnia petrolifera di proprietà di Pdvsa e Gazprombank – ndt] che ha causato la perdita giornaliera di 15 milioni di barili tra il 2015 e il 2017, equivalenti di 500 milioni di dollari.

I reati contestati agli ex-presidenti di Pdvsa sono: peculato, abuso d’ufficio, violazione della sicurezza nazionale, associazione a delinquere, crimine informatico e danno all’industria petrolifera. «Stiamo smantellando un cartello di criminalità organizzata all’interno dell’industria petrolifera del nostro paese», ha affermato il Procuratore Generale durante la conferenza stampa.

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Queste notizie arrivano in uno dei momenti più complessi per il Paese. Sul piano politico, il chavismo mantiene l’iniziativa politica come dimostrato dalla presenza e dall’azione dell’attuale Procuratore, sostituto della fuggitiva Luisa Ortega Díaz. Ne è una prova anche la vittoria elettorale alle amministrative del 15 ottobre, così come le previsioni per le elezioni municipali del 10 dicembre. La rivoluzione, che oscillava tra la difesa e l’impasse, in questa seconda metà dell’anno è passata all’offensiva politica mentre l’opposizione è entrata in un periodo di ruttura e disorientamento strategico.

Allo stesso tempo, il quadro economico peggiora a ritmo sostenuto. Le diverse sfere della vita quotidiana (ottenere denaro contante, completare un’operazione bancaria, viaggiare in autobus, ricaricare il credito del telefono, comprare medicinali, ecc) si sono trasformate in piccole o grandi battaglie e l’aumento dei prezzi, legato agli effetti concreti del mercato dei dollari illegali, ha trascinato l’economia in uno scenario quasi da superinflazione. La perdita di potere d’acquisto è quasi quotidiana.

Sul piano geopolitico gli attacchi si sono concentrati sul fronte economico, sia per l’incapacità dimostrata dal chavismo di riprendere il controllo del piano nazionale (in campo internazionale ha mostrato maggior capacità di manovra), che per il fallimento delle tattiche insurrezionaliste ed elettorali dell’opposizione. Gli Stati Uniti e i loro alleati/sottoposti hanno scelto di concentrare i loro colpi sul fianco più debole per cercare di generare nuove condizioni politiche.

È all’interno di questo scenario che va inquadrata la guerra alla corruzione. Una mappa delle zone coinvolte ci mostra come le mafie si siano insediate centralmente nei settori del petrolio e delle importazioni, snodi chiave per soffocare l’economia all’interno di un piano internazionale di destabilizzazione. Esisteva una complicità di fatto tra gli attacchi economici e la corruzione che agiva come un freno per la possibilità di recupero degli indicatori economici: le risorse principali del paese erano sotto controllo. Fino a che punto però?

Anche l’effetto di questi arresti deve essere osservato dal punto di vista politico. Non si tratta dell’arresto di amministratori sconosciuti al pubblico ma di quelli che apparivano sugli schermi televisivi, ricoprivano incarichi di responsabilità, si vestivano di rosso e parlavano in nome dell’eredità di Hugo Chavez. Lo stesso Eulogio Del Pino aveva twittato il 26 novembre: «Grazie presidente Nicolas Maduro per avermi concesso l’onore di stare al vostro fianco in anni così difficili e con così tanti attacchi. Sarò sempre leale a voi e al comandante Chavez, insieme ai lavoratori del settore petrolifero ci tireremo fuori da questa congiuntura. Vivremo e vinceremo!». Questi arresti sono un atto di giustizia all’interno del chavismo.

Fino a dove arrivano i tentacoli della corruzione? Per il momento ci sono solo congetture, tiri incrociati tra dirigenti sui social media e il sospetto che né Del Pino né Martínez siano alla testa di reti di corruzione forti e ramificate che non si limitano unicamente ai settori del petrolio e delle importazioni.

Il fronte che si è aperto ha altre implicazioni e mostra una volontà politica da parte di Nicolas Maduro e del Procuratore Generale di affrontare un problema che affligge gravemente il quadro nazionale. Un fenomeno che non è stato creato dal chavismo e non fa parte del suo progetto, ma che nei fatti si è consolidato e ha colpito con forza. Farsi carico del problema, metterlo in primo piano, nominarlo e combatterlo rappresentano un’azione politica che pochi governi del continente hanno compiuto all’inizio del proprio mandato. La scelta del silenzio gli si ritorce contro ancora oggi.

Significa anche aver strappato una bandiera all’opposizione che, senza nessuna carta in regola e con una genesi molte volte vicina alla corruzione, si presenta come esempio di onestà. Come tutte le destre del continente, faceva dell’accusa di corruzione l’asse centrale per la costruzione del consenso contro il chavismo. Cosa diranno adesso che una parte del governo si è assunta la responsabilità di quest’azione?

Infine, rappresenta un segnale indicativo delle intenzioni del Pubblico Ministero. È un elemento chiave in un momento in cui la corruzione e l’impunità sembrano essere trasversali. La maggioranza dei venezuelani comuni la indicano come uno dei principali problemi legato direttamente alla crisi economica. La richiesta di giustizia (o di castigo) si è generalizzata. Cominciare dai ranghi più alti è una manifestazione di una volontà che deve essere sottolineata e sostenuta comunicativamente e politicamente. Nella lotta alla corruzione si concentrano alcune delle battaglie più importanti di questa tappa della rivoluzione venezuelana.

Traduzione di Michele Fazioli per DINAMOpress

Artuicolo pubblicato su hastaelnocau