MONDO

La carovana migrante continua il suo cammino

Un moto spontaneo e determinato di migranti centroamericani continua il suo viaggio verso gli USA, mentre Trump minaccia di reprimerli quando arriveranno al Muro

La “carovana migrante” composta da più di 5000 cittadini centroamericani, partita dall’Honduras con destinazione Stati Uniti, continua il suo viaggio in risalita. Pochi giorni fa è arrivata nello stato messicano di Oaxaca, incontrando solidarietà e appoggio da varie reti sociali e organizzazioni di diritti umani che hanno scelto di accompagnarla durante l’attraversamento dello stato, e ora sta muovendosi verso il centro del paese. A livello federale, il Messico sta cercando di prendere tempo, tra ambiguità e dichiarazioni ostili poi smentite, anche perché la carovana arriva proprio negli ultimi mesi del governo di Enrique Pena Nieto e a poche settimane dall’insediamento di Andres Manuel López Obrador, in un momento quindi di debolezza del potere politico, che però può voler dire anche un momento di maggiore autonomia per le forze di sicurezza e per i militari, come è stato dimostrato dalla violenza che la carovana ha subito alla frontiera tra Guatemala e Messico.

Intanto, la carovana comincia a essere utilizzata strumentalmente da Trump in prossimità delle elezioni di medio termine. La retorica del presidente è stata particolarmente dura nei confronti dell’iniziativa dei migranti, ha promesso repressione, ordinando a più di 5000 membri dell’esercito di monitorare la frontiera in vista dell’arrivo della carovana. Inoltre il presidente statunitense ha minacciato che taglierà gli aiuti allo sviluppo a Honduras, El Salvador e Guatemala, se i migranti raggiungeranno la frontiera statunitense, e ha paventato che la marcia sia orchestrata da potenze straniere mediorientali.

La carovana è invece la più grande azione di rivendicazione politica della migrazione verso gli Stati Uniti. Già in primavera una prima esperienza di questo tipo aveva raggiunto Tijuana, ma questa è sicuramente più grande e significativa per numeri e portata e si caratterizza come un moto più spontaneo, più allargato e quasi istintivo.

Migranti centroamericani e messicani ogni giorno si mettono in marcia in modo nascosto, attraversando le varie frontiere e dirigendosi verso il muro che separa gli Stati Uniti dal Messico. Questa migrazione è quotidianamente sottoposta alle violenze più impensabili, sequestri, stupri, detenzioni arbitrarie e uccisioni, di cui sono responsabili gruppi criminali e l’apparato statale messicano che, è risaputo, è profondamente penetrato da quei gruppi criminali in tutti i livelli del potere. Ogni giorno polizia, esercito e la famigerata migra, la polizia migratoria, entrano in contatto con migranti centroamericani e li vendono a bande organizzate che cercano di estorcere denaro dalle loro vite. I migranti in Messico sono merce su cui fare profitto nel modo più violento e brutale.

La carovana migrante invece non si nasconde nei treni merci o nelle strade di campagna, ma rivendica collettivamente il diritto a migrare e a diventare visibili: questo è di per sé un fatto straordinario. El Salvador, Honduras e Guatemala sono tra i paesi con gli indici di povertà più alti del continente. La povertà non è determinata da scarsità di risorse ma da una loro distribuzione profondamente iniqua, che determina squilibri sociali e che fa sì che le materie prime siano per lo più prodotte per l’esportazione, in mano a multinazionali globali, mentre la popolazione locale rimane in condizioni di miseria e sfruttamento. A questo si aggiungono indici di violenza di strada preoccupanti che spesso determinano la migrazione forzata da molte città.

Purtroppo però, essere vittima di “violenza da bande di strada” non è mai considerata una ragione per potere avere diritto all’asilo politico, né in Messico né negli USA.

La carovana, intanto, va avanti e ieri è una donna guatemalteca in gravidanza ha dato alla luce la prima “figlia della carovana”.