L’ignoranza ammazza, la norma non assicura

contestazione al Viminale durante il Gay Pride a Roma.

Durante il Gay Pride 2013 a Roma un centinaio circa di persone dal carro del Queer Lab si è staccata per andare verso il Viminale: obiettivo contestare le politiche securitarie che l’attuale governo vorrebbe applicare per contrastare omofobia e femminicidio. Bloccati da un cordone di polizia i manifestanti hanno intonato slogan e acceso fumogeni colorati. Di seguito il comunicato diffuso alla manifestazione.

La risposta al femminicidio del neogoverno Letta e della presidente Laura Boldrini è stata, in linea con i precedenti tentativi di approvare un’aggravante sull’omofobia, dettata esclusivamente da una presunta emergenza e, di conseguenza, caratterizzata esclusivamente da un approccio securitario.

E mentre Roma si liberava di Gianni Alemanno, è arrivata la nomina di sua moglie, Isabella Rauti, a consigliera del Viminale sulle politiche per il contrato alla violenza di genere e al femminicidio per una presunta “alta professionalità e per il costante impegno nel delicato settore”. Figlia della vecchia destra conservatrice, da sempre schierata contro il femminismo ed i suoi valori, Isabella Rauti, allora vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio, è stata anche la seconda firmataria della famigerata legge Tarzia.

La violenza sulle donne e sulle persone LGBTQI è un problema diffuso e non può fare notizia solo per creare l’urgenza politica di un intervento repressivo.

Quello femminista e quello LGBTQI sono dei grandi movimenti di liberazione e non capiamo cosa abbiano a che fare con la liberazione dei provvedimenti securitari come una taskforce o degli osservatori della polizia.

Non sara’ una norma di questo tipo o un aggravante a tutelarci, fino a quando non sarà compreso che l’omofobia e il sessismo sono espressioni di un ordine simbolico più profondo che riguarda tutti gli aspetti della vita quotidiana a partire dall’educazione e dal linguaggio. Se non si interviene sul tessuto socioculturale, se si taglia indiscriminatamente all’istruzione, se i programmi della scuola non si fanno carico della valorizzazione delle differenze, in una società sempre più omologata dall’apparato di consumo, pensare di poter intervenire soltanto aggravando le pene è una patetica illusione.

Più traviate, meno normate