MONDO

L’atteso imprevisto

Intervista a Cheung Siu Keung, sociologo della HKSYU e attivista dei movimenti per il diritto all’abitare di Hong Kong.

Hong Kong, ex colonia britannica, dal 1997 fa parte della Cina come zona amministrativa speciale. Espressione della cosiddetta politica «un paese, due sistemi», è uno dei centri finanziari più importanti dell’economia mondiale e della formazione globale in Asia. È una città-Stato di poco meno di dieci milioni di abitanti, crocevia e porta di ingresso per i numerosi capitali stranieri diretti in Cina, passaggio obbligato per la forza migrante che dal sud est del Pacifico si muove verso il nord dell’Asia. L’economia di questa regione a statuto speciale, profondamente integrata nei circuiti globali, è stata quella che in Asia ha maggiormente sofferto lo tsunami finanziario scoppiato nel 2008. La situazione per i giovani è stata quella tra le più critiche, con una percentuale dei senza lavoro ben al di sopra della media. Per trovare lavoro e contribuire in questo modo a migliorare il quadro di una situazione economicamente difficile, il governo di Hong Kong ha varato negli anni un massiccio piano per incrementare le possibilità di fare stage e tirocini. Non è forse un caso che a animare Occupy Central siano studenti giovani e giovanissimi. Sono loro che da qualche giorno stanno bloccando il distretto finanziario della Manhattan dell’Asia.

Quali sono le rivendicazioni del movimento Occupy Central che da giorni sta bloccando il distretto finanziario di Hong Kong?

Questo movimento chiede l’elezione diretta con suffragio universale del governatore di Hong Kong e dei suoi deputati nel 2017. Si tratta di un movimento per la democrazia contro la pretesa avanzata da Pechino di suggerire e selezionare in anticipo i candidati che Hong Kong dovrà eleggere. Una posizione inaccettabile: la democrazia deve essere piena, e il suffragio universale alle elezioni del 2017 è imprescindibile.

È su questo tema che il governo di Pechino e i cittadini di HK si stanno confrontando. Non è tuttavia la prima volta che succede, anzi. Questa città ha avuto simili esperienze di mobilizzazione come il movimento del 2003: una grande protesta scoppiata contro l’introduzione dell’articolo 23 sulla sicurezza proposto da Pechino che di fatto annullava l’indipendenza e l’autonomia di questa città. Allora oltre mezzo milione di persone sono scese in piazza e il governo locale è caduto. Hong Kong ha una grande esperienza nella partecipazione civile ma questa protesta è tuttavia originale: anzitutto per la composizione molto giovane, oltre che per l’organizzazione e la sua determinazione. Usa facebook e i social media per organizzarsi e produrre opinione. Siamo di fronte a una positiva discontinuità che ha stupito tutti, tanto lo storico movimento pro-democratico di Hong Kong quanto il governo e gli apparati burocratici di Pechino. La società civile di questa città sta dimostrando, ancora una volta, tutta la sua forza.

Ci puoi raccontare la composizione e l’organizzazione di questo movimento?

Pechino, il governo locale di Hong Kong così come il segretario del partito comunista di questa città trattano il movimento Occupy Central usando categorie tanto vecchie quanto inutili: Chun-ying Leung, il governatore della città, vuole a tutti i costi individuare un leader della protesta per trovare un accordo e fare in modo che i manifestanti vadano a casa. Non riescono a vedere che non c’è nessun leader in questo movimento: la gente è scesa in piazza spontaneamente e per loro libera iniziativa, non sono organizzati come pensa il partito o le imbolsite istituzioni politiche di Hong Kong.

In questi giorni la burocrazia al potere si sta confrontando con gli abitanti di Hong Kong che reclamano il suffragio universale. Non sono solo posizioni politiche differenti: sono due logiche radicalmente alternative che si scontrano. Quanto stiamo vivendo è una nuova organizzazione sociale, altamente mediatizzata e molto differente dal fare politica tradizionale anche dei movimenti sociali di Hong Kong degli anni passati.

I protagonisti di questa protesta sono studenti delle scuole secondarie, adolescenti e studenti universitari molto giovani che fanno un uso diretto di internet e dei social media; questo ha comportato indirettamente un protagonismo anche nei media tradizionali senza precedenti: dalla televisione ai giornali non solo locali tutti discutono di democrazia e delle rivendicazioni avanzate da questo movimento.

Il modo con cui questa occupazione è organizzata è inoltre straordinario: i manifestanti provvedono all’acqua e al cibo per tutti in maniera autogestita. C’è una cura incredibile dello stare assieme, puliscono le strade che occupano distribuiscono di coperte, materiali di necessità per poter continuare a occupare, il tutto donato dai cittadini in solidarietà con questa occupazione.

Quale è la reazione del governo locale di Hong Kong?

Per il governo di Hong Kong è un momento complicato, e sembra che non abbiano alcun indizio per risolvere questa situazione che assomiglia sempre più a un impasse politico. Non sanno con chi parlare, come parlare e come comportarsi. Sono totalmente disorientati.

Pechino invece tratta questo movimento come se i partecipanti fossero pagati e diretti dagli “stranieri” per fare agitazione. Una propaganda politica che ha le sue origini nel maoismo. Insomma, sono completamente isolati dalla realtà. Non riescono a comprendere la situazione che hanno sotto gli occhi.

Dopo aver provato a disperdere la gente in piazza con i lacrimogeni, il governo locale non sa che pesci pigliare e non escludo che compia forzature. I lacrimogeni di qualche giorno fa anziché disperdere i manifestanti hanno portato ancor più gente in piazza.

Dopo aver usato la violenza e la polizia, stanno provando a fermare questo movimento con un discorso mediatico fondato sull’ ordine e la legalità. City Safety: si racconta come i dimostranti stiano mettendo in discussione la legalità di questo paese, interrompendo con la loro protesta la routine produttiva della città danneggiandola economicamente. Un’azione di propaganda vera e propria che continuerà, anzi verrà esasperata mettendo i cittadini di Hong Kong gli uni contro gli altri.

È tuttavia vero che Occupy Central è un blocco vero delle strade di Hong Kong che sta creando parecchi disagi tanto alla mobilità che al regolare funzionamento del commercio e degli uffici del distretto finanziario. Siamo di fronte a una protesta assolutamente pacifica ma altrettanto determinata che irrompe nella vita quotidiana. Sui social media si discute di estendere la pratica del blocco e dell’occupazione anche a altre zone oltre il distretto finanziario come Causeway Bay, Wan Chai, Tsim Shai Tsui e i nuovi territori.

Si può parlare secondo te di una nuova piazza Tienanmen?

Non credo che il paragone sia calzante; forse sono più le differenze che le similitudini. Anzitutto i luoghi: Hong Kong non è Pechino. Siamo molto più distanti dal potere centrale anche se è in corso un confronto diretto con la leadership del partito comunista cinese, che tuttavia vuole delegare al governo locale di HK il caso. Immaginano una soluzione attraverso i poteri locali della città e non a livello centrale: una scalarità completamente differente dal 1989.

Inoltre la Cina di oggi è molto differente da allora, e pretende una crescita e uno sviluppo pacifico della propria economia. Non si può dire molto adesso, eccetto che non vedo molte possibilità, da parte del governo di HK, di chiedere un intervento dell’esercito cinese per fermare questa protesta. Sarebbe qualcosa di assurdo. Non credo finisca con una repressione brutale e criminale da parte dei militari, anche se oggi questo è quello che vorrebbe Pechino, che questa protesta finisca alla svelta, in un modo o nell’altro. Allo stesso tempo la questione è molto più difficile, poiché il governo locale non può avere alcun ruolo effettivo e attivo in questo evento politico dato che è un confronto diretto con il potere politico del Regno di mezzo. Oggi come oggi non riesco a vedere alcuno spazio di mediazione in questa situazione. La formula di “un paese due sistemi”, che ha caratterizzato la recente storia di Hong Kong e la sua transizione dal 1997, sembra aver perso di colpo validità diventando anch’essa obsoleta e inefficace di fronte all’insistenza aggressiva della Cina nel ripensare la riunificazione di Hong Kong. Comunque andrà a finire, la relazione tra la popolazione di HK e la Cina sarà completamente diversa da oggi in poi.

3 ottobre 2014