Kriminal Tango!

Le milonghe popolari nella Capitale crescono ed organizzano grandi eventi.

Sabato 6 aprile sbarca al centro sociale Strike l’Orquesta Típica Misteriosa di Buenos Aires, uno di quegli ensemble che mantiene viva la tradizione del tango, quello tradizionale sia ben inteso, suonato dal vivo per essere ascoltato e soprattutto ballato. L’evento è promosso da due dei gruppi che in questi anni hanno fatto crescere il movimento delle milonghe popolari nella Capitale, Kriminal Tango e Cafetin de Roma. Le milonghe popolari hanno reso accessibile un ballo affascinante e popolare per natura, portandolo fuori da costose manifestazioni ed esosi corsi in palestra, occupando strade e piazze, spazi occupati e autogestiti. Per questo con l’occasione siamo ben felici di pubblicare un breve contributo di una tanguera romana che ci racconta cos’è per lei lo spazio, quello fisico e quello sociale, della milonga.

Milonga popolare. L’anima del luogo

Difficile aggiungere una riflessione originale sui luoghi del tango: tanto è già stato scritto e detto sul valore delle milonghe popolari. Il modo migliore per affrontare il tema mi sembra quindi quello di raccontare la mia esperienza personale. Prima cosa: il tango è un’attività ludica. Vado a ballare perché mi diverte ballare. Come si sa, però, l’attività ludica del ballo è un’attività sociale. Non ballo da sola. Non sono a trottare sul tapis-rouland in palestra, ammesso che in palestra si vada da soli. Il ballo è sociale su diversi piani. Il primo è quello più intimo, più basico, della danza. Sono insieme ad un’altra persona, abbracciata ad un’altra persona, quindi in uno spazio raccolto, nucleare, complice. Mi può piacere o non piacere l’incontro che sta avvenendo, ma non posso prescindere dal fatto che stia avvenendo. Poi, è sociale in senso più esteso. La milonga è un contesto, e come tutti i contesti dà una connotazione specifica a quello che in quel contenitore si sta svolgendo.

Questo discorso mi sembra particolarmente attinente al tema di questo piccolo scritto. Secondo me, i luoghi hanno un’anima. L’anima dei luoghi è evidentemente composta da vari elementi, non tutti direttamente percepibili. C’è la piacevolezza dello spazio fisico, ad esempio. Il colore delle pareti. Il tipo di luce. C’è la musica, senz’altro. C’è quello che posso bere o mangiare. Dove mi siedo. E poi c’è qualcosa di più impalpabile: l’atmosfera. L’atmosfera di un posto, secondo me, è legata allo spirito delle persone che in quel momento lo abitano (forse anche di quelle che lo abitano in altri momenti!). Nella mia esperienza di frequentazione delle milonghe popolari (il kriminal tango in primis) ho notato che l’atmosfera che mi viene incontro quando accedo a quello spazio è sempre morbida, allegra, amichevole. È un posto dove è bello accomodarsi. Poche formalità. Poco narcisismo.

Le volte che voglio ballare senza orpelli e mascheramenti (e mi piacciono pure quelli, inteso) lì trovo quello che mi serve. Come andare a far la spesa senza doversi truccare, mettiamo. Ci sono gli amici, gli abbracci sono spogliati della pomposa e perlopiù farisea retorica dell’abbraccio tanghero, mi bevo un bicchiere, mi guardo intorno con allegra disponibilità. Facce che non stanno lavorando anche in milonga. In tutto questo, e non ai margini, ho partecipato, nello spazio del kriminal, anche ad eventi di grande livello musicale, fatti con la stessa morbidezza, con la stessa semplicità, che aggiunge valore all’essenza, alleggerendo la forma. Quello che ricordo con più affetto, tanto per fare un esempio, è il concerto di Aureliano Marin, che neanche sei mesi dopo stava all’Auditorium con un allestimento stupefacente. E invece quella sera era lì, al kriminal, perfettamente a suo agio, perfettamente in sintonia con l’aria che circolava, con la sua voce da incantatore di serpenti e la sua chitarra esperta. Se ci fosse stata una nuvola di fumo di sigari sarebbe stato perfetto!

Federica Mazzeo