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Kazakhstan, la giornalista Darimbet: «La pressione del governo aumenterà»

Nella repubblica centroasiatica le proteste e gli scontri sono stati repressi nel sangue. Pochi i media indipendenti operativi nel paese, che però continuano a dare informazioni nonostante i blocchi governativi

Non sarà un inizio anno senza conseguenze in Kazakhstan. La settimana di proteste, “inaugurata” ai primi di gennaio dalle mobilitazioni di lavoratori e lavoratrici delle aziende petrolifere della regione occidentale del Mangistau, si è poi tramutata soprattutto nella città sud-orientale di Almaty in scontro aperto con le forze dell’ordine, attacchi all’aeroporto e a sedi governativi e uno stato di emergenza molto pesante che ha visto anche l’intervento di truppe russe e bielorusse.

Il presidente Tokaev ha fin da subito parlato di “terroristi stranieri” all’opera, delegittimando di fatto qualsiasi protesta. Se è quasi indubbio che si siano verificate delle “infiltrazioni” (alcuni suppongono orchestrate o favorite anche dallo stesso governo), è altrettanto certo che nel paese fosse in atto uno stato di agitazione generale che, dagli operai del settore petrolifero ai minatori fino ad ampi strati della popolazione, si è diffuso per via del rincaro dei prezzi del carburante e dei generi alimentari.

Dato il blocco di Internet imposto per alcuni giorni e la martellante propaganda governativa, ogni voce che arriva dal Kazakhstan è oltremodo importante per ricostruire i dettagli di quanto è successo (e sta succedendo), per arricchire le prospettive su quel contesto e capire che cosa potrebbe succedere da qui in avanti. Abbiamo parlato con la giornalista Nazira Darimbet, che vive ad Almaty. Darimbet lavora da oltre 15 anni nel campo dell’informazione, in particolare con realtà indipendenti (nel 2020, Report senza frontiere ha classificato la repubblica centro-asiatica al 155esimo posto per libertà di stampa nel mondo).

È specializzata di temi sociali e politici, negli ultimi due anni con articoli di taglio soprattutto investigativo. Lavora per il portale Kz.media.

Qual è la situazione attuale?

Più o meno dal 9 gennaio si è fermato tutto. Tokaev ha nominato un nuovo governo e ha proclamato un discorso al parlamento in cui si è assunto nuovi impegni e ha fatto nuove promesse. Sta provando a dare un’immagine di sé come se fosse vicino al popolo e disponibile alle sue richieste. Ma non sarà così semplice: c’è ancora molto lavoro da compiere per rimettere in moto i vari servizi.

Le proteste, dunque, al momento sono scemate. Per quanto ne so dalle parole dei testimoni (ho intervistato chi è sceso in piazza), ad Almaty i primi giorni di mobilitazione sono stati pacifici. La gente si è espressa a sostengno dei residenti del Mangistau, che hanno protestato contro l’aumento dei prezzi del gas liquido, che viene utilizzato come carburante per le auto. In generale, sono tutti scontenti perché in Kazakhstan i prezzi di ogni cosa aumentano quotidianamente. Tutto aumenta, a parte i salari.

Ma nei giorni successivi si sono uniti alle proteste ad Almaty altri gruppi. La situazione è stata sfruttata da teppisti e criminali “comuni”, così come probabilmente da gruppi terroristici. Le autorità hanno deciso di utilizzare questa versione dei fatti per screditare in toto le proteste spontanee, incolpando di quanto è successo l’oppositore all’estero Ablyazov oppure organizzazioni terroristiche internazionali. Ma nessun gruppo di questo tipo ha rivendicato sinora le azioni. Anzi, a ben guardare, in Afghanistan i talebani si sono espressi per un dialogo pacifico con le autorità kazake.

Al momento è difficile capire se a capo di teppisti e assassini ci fosse qualcuno, ma è probabile che si sia verificato un qualche tipo di organizzazione dall’alto delle azioni. Non si spiegherebbero altrimenti l’attacco all’aeroporto e il rogo del municipio di Almaty così come altre azioni strategiche contro obiettivi sensibili. È bene rammentare che nel nostro paese esistono numerose “cellule segrete” di fondamentalisti islamici (salafiti e wahabiti) e che queste cellule possono godere di alte protezioni soprattutto in alcune strutture “forti” dello stato (Comitato di sicurezza nazionale, Ministero degli Affari Interni e probabilmente anche nel Ministero della Difesa).

A ogni modo, come dicevo, ci sono tanti elementi per pensare che da parte del governo i fatti di questi giorni sono stati sfruttati per scongiurare altre proteste pacifiche e fare in modo che la gente non scenda più in strada. Nei nostri apparati di potere c’è chi sogna di far diventare il Kazakhstan una sorta di “califfato”.

È possibile portare avanti un lavoro di informazione indipendente?

È importante capire che in questi giorni Internet praticamente non c’è stato per via dei blocchi governativi. L’informazione arrivava dunque quasi solo dalle televisioni di stato. Anzi, è interessante notare come alcuni siti di informazione legati al governo, o che comunque utilizzano esclusivamente fonti governative, abbiano comunque continuato a funzionare nonostante i blocchi. Noi abbiamo provato ad arrangiarci, utilizzando connessioni proxy e talvolta i canali Telegram.

Le persone, per quello che ci è sembrato, cercavano disperatamente informazioni. In generale, non ci si fida delle televisioni di stato e, non a caso, durante gli ultimi giorni in tanti hanno iniziato a seguirci. Nel frattempo, anche blogger indipendenti hanno aperto i loro canali per dare la propria prospettiva sulle vicende.

Potete operare liberamente?

Nell’ultimo periodo alcuni giornalisti sono stati arrestati. Per esempio, nella città di Oral, un mio collega è stato detenuto per dieci giorni semplicemente perché stava mandando in diretta le proteste che si svolgevano in quel luogo. Allo stesso modo, anche un’altra persona che conosco e che lavora per i media ufficiali ha subito lo stesso trattamento, stavolta nella parte orientale del paese, perché ha deciso di recarsi sul posto a osservare le manifestazioni come farebbe qualsiasi buon giornalista. In generale, vengono accusati di “partecipazione a manifestazione non autorizzata”.

Ma più in generale, a giudicare da come si stanno muovendo le autorità, penso che a breve inizieranno a esserci perquisizioni e arresti di attivisti e giornalisti. Il presidente ha promesso di portare avanti delle riforme, ma a giudicare dai fatti credo che non si concretizzerà nulla e non cambierà niente nelle politiche interne del paese. Anzi, aumenterà la pressione sulla società civile.

Per quanto riguarda me, cerco semplicemente di fare il mio lavoro. Voglio che la mia voce possa essere ascoltata il più possibile, per chi ne ha interesse.

Tutte le immagini dal canale Telegram di Kz.media