MONDO

In Turchia non sono state elezioni democratiche

Presentato oggi alla Camera dei Deputati il rapporto della delegazione di giuristi e parlamentari italiani recatisi in Turchia per vigilare sul corretto svolgimento delle elezioni

Centinaia di morti tra i civili curdi, violazioni sistematiche dei diritti umani, seggi militarizzati e azioni militari nel Kurdistan turco durante le operazioni di voto. Questo il quadro in cui si sono svolte la campagna elettorale e le votazioni in Turchia secondo la delegazione degli osservatori, composta da giuristi e parlamentari, appena rientrata in Italia.

Nella Sala Stampa della Camera dei Deputati l’on. Erasmo Palazzotto (SEL), vicepresidente della Commissione Esteri del Senato, ha presentato il rapporto degli osservatori assieme a Barbara Spinelli e Simonetta Crisci, dei Giuristi Democratici, e all’on. Franco Bordo (SEL). “Abbiamo potuto rilevare come le elezioni di questo fine settimana si siano svolte in un clima di tensione, dopo una campagna elettorale caratterizzata da sistematiche violazioni della libertà di stampa e da violenze contro la popolazione curda” ha esordito l’on. Palazzotto, esprimendo poi “viva preoccupazione per l’attuale situazione in Turchia. L’Italia e l’Europa si illudono che questo risultato porti ad una maggiore stabilità della Turchia, ma il paese è diviso, la stabilità istituzionale solo apparente e l’azione politica di Erdogan minaccia non solo la Turchia ma anche la possibilità di una risoluzione positiva della crisi siriana”. Parole confermate dalle recenti dichiarazioni del Presidente turco per cui la priorità oggi è “combattere fino alla distruzione del PKK.” A testimonianza dell’aumento della tensione in Turchia lo stesso PKK ha ritirato la tregua unilaterale dichiarata dpo l’attentato di Ankara del 10 ottobre. “Abbiamo potuto verificare l’uso sistematico, negli ultimi mesi, di carri armati e truppe di terra contro la popolazione civile delle città curde” ha aggiunto Simonetta Crisci “la violenza dell’esercito non ha risparmiato neanche i cimiteri, dove le tombe sono state distrutte o scoperchiate”. Nel rapporto emerge il quadro di votazioni svoltesi sotto il fucile spianato dei militari – in violazione della legge che ne vieta la presenza in prossimità dei seggi – di donne accompagnate a votare dai padri o dai mariti all’interno delle cabine elettorali e di votazioni “di gruppo”.

Per Barbara Spinelli “le elezioni sono state assolutamente fuori dagli standard democratici della Comunità Internazionale. Durante la campagna elettorale 19 sindaci dell’HDP sono stati rimossi forzatamente dal loro incarico, mentre oltre 1500 militanti del partito sono stati indagati o arrestati, attraverso la messa in pratica di un vero e proprio diritto penale del nemico”. Accanto alla repressione la censura: “Le violazioni della libertà di stampa e di espressione sono state palesi – ha proseguito Spinelli – con arresti di giornalisti, chiusura di alcune testate giornalistiche nazionali di opposizione, e la censura dei social network”.

Proprio sui social e in particolare su Twitter si è abbattuta con più forza la censura, portando la Turchia ad essere il secondo paese al mondo per numero di tweet censurati. Il tutto nel silenzio assordante dei media italiani, che si sono limitati a celebrare il “trionfo di Erdogan” e a denunciare “la violenza dei curdi”. “Sarebbe bastato mostrare le immagini di Cizre, città assediata per nove giorni, dove 26 persone sono state uccise dall’esercito turco, per dare il via ad una mobilitazione internazionale di solidarietà”.

Ma il governo Renzi e l’UE continuano a flirtare con Erdogan, sperando di utilizzare la Turchia nel tentativo di contenere i flussi migratori dei profughi siriani. Un’operazione che ha permesso a Erdogan di incassare la visita di Merkel in piena campagna elettorale, e di gettare le basi di un accordo sulla dichiarazione della Turchia “paese sicuro”, per facilitare il rimpatrio dei profughi. “L’UE e il governo italiano non possono chiudere gli occhi di fronte al pericolo di genocidio dei curdi in Turchia – ha concluso Spinelli –, continuiamo a sederci in Consiglio d’Europa assieme alla Turchia mentre è essa stessa la maggior responsabile del fallimento del nostro sistema regionale di tutela dei diritti umani”.

Infine, con l’obiettivo di esercitare pressioni a livello internazionale per l’avvio di un nuovo processo di pace, i parlamentari presenti si sono impegnati a lavorare “affinché il PKK venga rimosso dalle liste del terrorismo internazionale”. Il riconoscimento del PKK come movimento politico è la precondizione necessaria alla risoluzione della questione turca e alla fine del conflitto interno scatenato da Erdogan.