ROMA

Il Porrajmos, oggi

Sono decine le iniziative in Italia in occasione della giornata internazionale in memoria dello sterminio di rom e sinti durante il nazifascismo. Segno di un paese che non si rassegna e soprattutto è in grado di resistere.

Circolare del Ministero dell’Interno: il governo esprime l’intenzione «di epurare il territorio nazionale dalla presenza di zingari, di cui è superfluo ricordare la pericolosità nei riguardi della sicurezza e dell’igiene pubblica per le caratteristiche abitudini di vita» (agosto 1926). Stiamo parlando del governo fascista di Benito Mussolini e di come diede il via alla campagna di epurazione dei rom che culminò, negli anni del nazifascismo, alle deportazioni di rom e sinti e allo sterminio di 500 mila di loro nei campi di concentramento (peraltro anche in Italia vennero istituiti cinque campi di concentramento solo per loro).

Le parole e le motivazioni addotte ancora oggi da istituzioni o da “cittadini” per giustificare l’ingiustificabile e compiere soprusi di ogni genere nei confronti di rom e sinti non sono poi così lontane da quelle di 93 anni fa. Ma la memoria di allora è una pietra scolpita nelle vite e nelle storie ancora oggi.

Il Porrajmos, in lingua romanì vuol dire “grande divoramento” o “devastazione”, e il 27 gennaio anche per quei 500 mila morti, così come per lo sterminio degli ebrei, si celebra il giorno della Memoria.

Che è molto più di una occasione per non dimenticare. È una necessità assoluta per non smettere di imporre le ragioni del diritto su quelle della sopraffazione, dell’abuso e della discriminazione.

Che ci sia un paese che non si dà per vinto lo dimostrano le decine di iniziative che in quasi ogni città, a cominciare dalle scuole, ricorderanno, ciascuno come vuole, il Porrajmos. Mostre, musica, letture, convegni, poesie, testimonianze… (il sito della mia associazione, www.cittadinanzaeminoranze.it ne dà conto) ma non si tratta di una semplice rassegna quanto piuttosto di un segnale che dice che chiunque può fare una cosa, grande o piccola, per non perdere la propria umanità. Così come tentarono di fare i rom il 16 maggio del 1944 quando le SS entrarono nel lager di Auschwitz-Birkenau con il compito di sterminare gli ultimi seimila rinchiusi nel Zigeunerlager. . Invece, vennero respinti da una forte e disperata resistenza. La rivolta dei rom, insieme a quella degli ebrei nel lager di Sobibor l’anno prima, furono gli unici episodi di resistenza mai verificatisi nei lager nazisti.

L’associazione Cittadinanza e Minoranze vuole scommettere proprio su questo: sulla capacità di resistere e lo farà sabato 26 gennaio, dalle 18 alle 21, ospite della Comunità di base di San Paolo, in via Ostiense, 152/b a Roma in un incontro/aperitivo di parole e musiche con rom e gagé. Siete tutti invitati.