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EUROPA

Il fucile di Cechov, o del complesso militare-industriale russo

Se si guarda all’andamento delle spese di difesa e del riarmo in Russia dagli anni ‘90 a oggi, si capisce come la guerra in Ucraina non sia per niente un evento inaspettato ma quasi una conseguenza inevitabile del modello di potere creato da Putin

Si attribuisce ad Anton Cechov la frase: «Se nel primo atto di una pièce teatrale appare un fucile appeso al muro, nell’ultimo atto questo fucile sicuramente sparerà». Un detto che è stato persino definito il principio drammaturgico del “fucile di Cechov”. E la storia ha dimostrato che questo principio non si applica solo alla drammaturgia.

Dopo l’inizio dell’operazione speciale delle forze armate russe in Ucraina, la stragrande maggioranza dei politici, degli analisti politici, dei giornalisti e anche della gente comune, sia in Russia che in Ucraina ha dichiarato all’unanimità che nessuno si aspettava un tale sviluppo. Inoltre, a giudicare dalle facce tese degli alti dirigenti russi che abbiamo visto in TV, pare sia stata una sorpresa anche per molti di loro.

Solo gli specialisti dell’economia militare non sono stati scioccati da questa notizia, e nemmeno sorpresi in modo evidente. Sembra anzi che si aspettassero qualcosa del genere da molto tempo perché erano ben consapevoli delle statistiche relative alle spese militari della Federazione Russa degli ultimi 20 anni. Difatti queste statistiche sono molto interessanti e devono essere citate se vogliamo parlare seriamente delle cause profonde di ciò che sta accadendo oltre il nostro confine sud-occidentale, piuttosto che comportarci come gli “analisti politici da divano” nei talk show televisivi.

L’aumento degli ultimi anni

Ecco una tabella che mostra come è cambiata la spesa della difesa russa dal 1998 al 2020:

(da https://ruxpert.ru/Статистика:Расходы_России_на_оборону)

Si nota che dal 1998, le spese militari russe sono in costante aumento. Tra il 1998 e il 2016, sono aumentate di quasi 58 volte! Nel 2017, c’è stata una flessione, evidentemente causata dalla caduta dei prezzi dell’energia sul mercato mondiale nel 2016, che ha seriamente colpito il bilancio russo nel 2017. Inoltre, nonostante la crisi economica, la spesa per il complesso militare-industriale è presto risalita e nel 2020 ha quasi raggiunto i livelli del 2015.

Nel 2021, la Russia si è classificata al terzo posto nel mondo per le spese militari, spendendo 68,9 miliardi di dollari! Solo gli Stati Uniti (582,4 miliardi) e la Cina (139,2 miliardi) sono davanti alla Russia. La Russia è davanti a paesi come Regno Unito, Francia, Germania e Arabia Saudita in termini di spesa per la difesa (da 58,8 miliardi a 42,8 miliardi). Nel frattempo, il PIL della Russia nel 2021 era di circa 1,7 trilioni di dollari e quello del Regno Unito era di 3,12 trilioni di dollari. In termini di PIL, la Russia è quattro volte inferiore alla Cina e otto volte inferiore agli Stati Uniti! Gli esperti valutano «economicamente ingiustificato» questo aumento delle spese militari.

L’aumento delle spese militari stona con il calo delle spese in altre linee di bilancio. Il sito web RBC nell’autunno 2021 ha messo in luce che, secondo il progetto di bilancio per il 2022, «le spese del bilancio federale nella sezione “Difesa nazionale” nel 2022 saranno nuovamente superiori rispetto alla sezione “Economia nazionale”».

Ma non è solo questo a essere curioso. All’inizio del secondo decennio del XXI secolo, le cosiddette “sospensioni dell’approvvigionamento”, iniziate già a metà degli anni ’90, sono finite. Ciò significa che dalla metà degli anni ’90, lo stato non ha comprato nuove armi per l’esercito. L’aumento delle spese militari era legato al miglioramento della situazione materiale dei militari, alla riparazione delle infrastrutture, ecc. Dal 2010, la situazione è cambiata: «È iniziato un forte aumento delle spese, e dal 2010 al 2011, la loro struttura è stata notevolmente ampliata per includere l’acquisto di nuove armi, attrezzature militari e commissioni per la ricerca e lo sviluppo militare […] Queste somme includono il denaro del Programma statale di armamento, vale a dire i fondi per l’acquisto di nuove armi da parte del dipartimento militare […] Era previsto che nel 2013, circa 1.000 trilione di rubli sarebbero stati spesi per l’acquisto di attrezzature e per commissioni relative allo sviluppo militare, nel 2014 fino a 1.200 trilioni di rubli e nel 2015 1.700 trilioni di rubli».

Va notato che questi fatti non sono passati inosservati tra coloro che erano in qualche modo coinvolti nell’“industria della difesa”. Per esempio, sei anni fa sui forum di Internet si potevano trovare domande perplesse di cittadini comuni che lavoravano nelle imprese militari o avevano parenti che vi lavoravano. Le domande suonavano più o meno così: «Sono forse paranoico? Erano 15 anni che la nostra fabbrica non riceveva ordini di cartucce, proiettili, mine, ecc. e improvvisamente li riceve… Ci sarà una guerra?». Non c’erano risposte, i mass media erano sotto stretto controllo in quel periodo, gli specialisti tacevano come se tenessero “l’acqua in bocca”…

Allo stesso tempo, fucili e granate non possono andare in guerra da soli (come le merci nel Capitale di Marx non possono arrivare sul mercato da sole). È necessario avere persone che portino un’arma sul campo di battaglia, la carichino con le cartucce e sparino…

A questo proposito, vale la pena confrontare le forze degli eserciti attivi dei tre paesi che spendono di più per la difesa (USA, Cina e Russia). Negli Stati Uniti vivono 332 milioni di persone. Di questi, 121 milioni sono idonei al servizio militare. L’esercito americano è composto ufficialmente da 1,4 milioni di persone.

La Cina ha 1 miliardo 394 milioni di abitanti, 614 milioni sono idonei al servizio militare e il numero di soldati dell’esercito è di 2,18 milioni. La Russia ha 141,7 milioni di abitanti. Quasi la metà degli Stati Uniti e 10 volte meno della Cina. Ci sono 46,5 milioni di persone idonee al servizio militare in Russia – 2,6 volte meno che negli Stati Uniti e 13,2 volte meno che in Cina. Allo stesso tempo abbiamo 1,01 milioni di militari.

Ciò significa che all’inizio degli anni 20 del XXI secolo la Russia ha un esercito quasi uguale a quello degli Stati Uniti e solo due volte inferiore dell’esercito cinese!

Le armi non sparano da sole

Occorre constatare che negli ultimi 20 anni la Russia si è armata fortemente. Oggi possiede uno dei più grandi eserciti del mondo. La Russia è uno dei paesi più militarizzati del mondo in termini di rapporto militari/civili. La spesa militare russa è assolutamente impensabile per un paese con un PIL così modesto. Questi sono fatti che non possono essere contestati…

Alla luce di tutto questo, la questione del perché la leadership russa ha lanciato un’operazione speciale in Ucraina cade. A questo livello di pompaggio del muscolo militare, una cosa del genere non poteva non iniziare. Senza la crisi ucraina, il fattore scatenante sarebbe potuto essere qualsiasi altro. Di fatto, dal 2015 la Russia aveva già iniziato a condurre “piccole guerre” in diverse parti del mondo – in Asia, in Africa. Inoltre, la giustificazione per introdurre truppe in Siria non era meno traballante dei discorsi sulla denazificazione dell’Ucraina. Vale la pena ricordare che, nel caso della Siria, il punto era l’eliminazione preventiva degli islamisti, che altrimenti sarebbero arrivati nel Caucaso del Nord russo. In realtà, naturalmente, non si tratta che di sofismi propagandistici.

Una delle ragioni principali è appunto la legge del “fucile di Cechov”, che dovrà per forza sparare se lo si appende in scena. Più pistole, proiettili, mine, granate, carri armati e aerei ci sono, più si fa urgente la necessità di usarli, altrimenti giaceranno nei magazzini e il prossimo ordine del governo per loro non arriverà che tra altri 20 anni (come è stato per la guerra cecena e quella siriana).

Come sappiamo dai libri di testo di economia politica marxista, l’economia comporta cicli di produzione, distribuzione e consumo. Consumare il cibo significa mangiarlo. Consumare abiti significa indossarli. Consumare una casa è vivere in essa. Consumare bombe e granate significa spararle dai cannoni e lanciarle dagli aerei. Le operazioni militari fanno parte del ciclo economico quando si tratta della produzione di armamenti. E senza consumo non c’è produzione, e quindi nessun profitto per chi detiene quella produzione…

Questa ragione economica delle operazioni militari speciali non cancella, naturalmente, le altre – geopolitiche, politiche, come anche ideologiche. Non solo non è una ragione insignificante, ma in alcuni casi è proprio la chiave.

Non si può ignorare un’altra questione che sorge inevitabilmente non appena diamo un’occhiata alle cifre della crescita delle spese militari russe dal 1998 al 2021. Possiamo supporre che i “siloviki” [indicati tout court come l’entourage di Putin, i siloviki fanno la loro comparsa nel sistema russo molto prima dell’ascesa al Cremlino del presidente. A volte indicati come “securocrati“, questi uomini lavorano o lavoravano per i silovye ministerstva, “i ministeri della forza”, quelli cioè che con i metodi forti reggono le sorti di Mosca. Al momento della successione al potere, che ha visto Putin ritrovarsi a guida della nazione, questi funzionari sono stati inseriti in ogni ramo del potere russo, sia in senso orizzontale che verticale, ndt], saliti al potere dopo Boris Eltsin, si stessero consapevolmente preparando per operazioni militari speciali nella lotta per la leadership regionale in Russia (o anche contro l’Occidente e la Nato)? Capisco che per gli oppositori e i sostenitori dell’attuale leader russo sia forte la tentazione di rispondere affermativamente a questa domanda.

I primi sosterranno il fatto che sotto la maschera da “liberale di San Pietroburgo” si nascondeva originariamente un autocrate aggressivo, mentre i secondi sosterranno che è proprio così: il leader è un patriota e “come Stirlitz” si era solo travestito da occidentale, preparandosi a far rivivere l’antica grandezza del paese.

Tuttavia, mi sembra che lo stato di cose sia molto più prosaico. Pertanto non si trattava nemmeno delle intenzioni segrete del capo di stato (anche se di nuovo, penso che non dovremmo esagerare la coerenza di un individuo le cui opinioni cambiano inevitabilmente). Come in molti altri casi, anche qui il fattore oggettivo è molto più importante. La Russia ha ereditato dall’Urss un enorme complesso militare-industriale.

Il maggior numero di imprese di difesa, istituti di ricerca militare e uffici di progettazione si trovavano nella Federazione Russa (per esempio, la Repubblica Socialista Sovietica ucraina contava solo il 30% delle imprese del complesso militare- industriale, o 700 impianti, che producevano solo prodotti militari). Delle 30 fabbriche sovietiche di aerei “che lavorano per l’industria della difesa”, una era in Georgia, una in Uzbekistan, una in Armenia, due in Ucraina, e il resto nella RSFSR- Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (a Mosca, Leningrado, Kuibyshev, Gorky, Ulyanovsk, Irkutsk, Ulan-Ude, Voronezh, Saratov, ecc.) Le navi per la marina furono costruite a Leningrado, Gorky, Kaliningrad, Severodvinsk, Komsomol’sk-na-Amure e Nikolaev. Di queste città, solo Nikolaev si trova in Ucraina. I centri dell’industria corazzata in URSS erano Kharkiv, Nizhny Tagil, Omsk, Volgograd, Kurgan e Arzamas. Di città ucraine, qui è menzionata solo Kharkiv. Le imprese del complesso militare-industriale in Urss erano situate non solo nelle grandi città, ma anche nelle cosiddette “città chiuse” (ZATO). La maggior parte di queste si trovavano anche nella RSFSR, (soprattutto nei sobborghi di Mosca, negli Urali e in Siberia -Zagorsk-6, Sverdlovsk-45, Chelyabinsk-65, Tomsk-7).

La storia ha dimostrato che la divisione del lavoro tra le repubbliche dell’URSS ha in gran parte determinato il loro successivo destino post-sovietico. Per esempio, la Bielorussia era «la fabbrica di montaggio» dell’Unione Sovietica. Dopo la Grande guerra patriottica, vi furono costruite numerose aziende che assemblavano prodotti (dagli aspirapolvere ai trattori e camion) a cominciare da pezzi che venivano prevalentemente prodotti in Russia. Questo ha determinato il corso filorusso della leadership bielorussa. La vittoria dei nazionalisti bielorussi nei primi anni ’90, orientati verso l’Occidente, avrebbe portato al collasso dell’economia bielorussa e alla sua trasformazione in un’appendice rurale dell’Europa, simile alle regioni occidentali dell’Ucraina.

La Russia, invece, come abbiamo già stabilito, oltre a essere una fonte di petrolio e gas per l’Europa (statuto che aveva assunto sotto Brežnev) era anche la «fabbrica di armi dell’Unione». È vero che i riformatori liberali che sono saliti al potere negli anni ’90 hanno inizialmente scommesso sull’esportazione di idrocarburi e hanno creduto che la Russia post-sovietica non avesse bisogno di un forte esercito o di una potente industria della difesa.

Infatti, i primi anni ’90 hanno visto il crollo dell’esercito e del complesso militare-industriale. Ma l’insurrezione separatista in Cecenia, le tendenze centrifughe in altre repubbliche, dal Caucaso del Nord alla regione degli Urali-Volga, la sanguinosa e fallimentare prima guerra cecena e gli attacchi terroristici in varie città russe hanno portato l’amministrazione Eltsin a pensare seriamente al rafforzamento dell’esercito e dei servizi di sicurezza. Una delle conseguenze fu la graduale rinascita del complesso militare-industriale sovietico. Il lettore ha già avuto modo di vedere la tabella che indica che la crescita delle spese militari in Russia è iniziata già nel 1998 (quando Putin aveva appena iniziato la sua ascesa al vertice dell’amministrazione presidenziale). C’è, comunque, una conclusione interessante da trarre da questo fatto. Si crede comunemente che la Russia si sia militarizzata con l’arrivo al potere di Putin e dei siloviki. In realtà è stato il contrario: Putin e i siloviki sono saliti al potere perché la Russia ha iniziato a militarizzarsi. La guerra cecena aveva rafforzato la posizione della leadership dell’esercito e la lotta contro i terroristi aveva rafforzato quella dei servizi di sicurezza. I «Giovani riformatori» si sono dovuti fare un po’ di spazio sull’Olimpo del potere. Lo fecero con grande piacere, perché capirono che senza istituzioni di sicurezza forti sarebbe stato impossibile tanto mantenere l’integrità del paese, quanto resistere alla «vendetta rossa» (ho già scritto sul fatto che l’arrivo al potere di Putin fu preceduto dalle dichiarazioni dei liberali secondo cui la Russia aveva bisogno del “proprio Pinochet”, come persino della tortura per fare del generale Lebedy un vero Pinochet).

A sua volta, il rafforzamento dell’esercito e dei servizi speciali diede nuova vita al complesso militare-industriale. La produzione di armi è cresciuta a un ritmo senza precedenti. Nel 2007, lo Stato ha creato la società Rostec, che nel 2019 ha riunito più di 700 aziende (tra cui 18 holding e 21 imprese). La società ha avuto entrate per 1.771,6 miliardi di rubli nel 2019. La Rostec ha cominciato a controllare il 42% del mercato nazionale delle armi (seguita da Almaz-Antey con il 14%). Le armi prodotte erano diventate così tante che la Russia ha cominciato a venderle. Nel 2014, il reddito della Russia per le esportazioni di armi era di 15,5 miliardi di dollari, nel 2017 era di 14 miliardi di dollari (a seguito del colpo dalla crisi economica associata al calo dei prezzi del petrolio). Nel 2019, la cifra era già tornata a 15,2 miliardi. La quota della Russia nelle esportazioni mondiali di armi è salita al 25%. Solo gli Stati Uniti sono davanti alla Russia in questo mercato.

Le esportazioni di armi della Russia hanno predeterminato il tentativo di risolvere con la forza il conflitto di Karabakh nel 2020. Il fatto è che la Russia stava vendendo simultaneamente armi sia all’Azerbaigian che alla Turchia e alla fine queste armi hanno iniziato a sparare.

D’altronde, presto iniziarono a sparare anche le armi che le imprese del complesso militare-industriale producevano su ordine dello stato per l’esercito russo. Erano così tante che, anche dopo l’esportazione, ce n’erano ancora a sufficienza per una vera e propria operazione speciale. Inoltre, se doveste pensare che questa sia l’ultima delle operazioni speciali previste, allora dovreste ricordare che nel 2021 Vladimir Putin aveva annunciato un programma statale per l’esercito russo. La sua durata è fissata fino al 2034 e prevede un’espansione ancora maggiore di appalti pubblici.

Per riassumere. Il regno di Putin, iniziato con la rinascita dell’ex complesso militare-industriale sovietico, finisce con una successione di operazioni militari speciali, dalla Siria e dall’Africa fino all’Ucraina. Non è un incidente ma uno schema logico, come tutto ciò che di significativo accade nella storia (anche se il modo in cui questi schemi si svolgono dipende, ovviamente, dalle figure storiche). Avendo un enorme complesso militare-industriale, essendo diventato il più grande produttore ed esportatore di armi al mondo, avendo armato “fino ai denti” il proprio esercito e gli eserciti degli stati vicini, il governo russo con il suo complesso militare-industriale non si è trattenuto dall’usare queste armi. Secondo Cechov, anche un solo fucile sul palco dovrebbe esplodere, ma qui parliamo dell’intero arsenale…

Articolo pubblicato originariamente sul sito web Rabkor

Traduzione dal russo di Daniela Galiè per DINAMOpress

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