MONDO

Giulio Regeni: una voce contro il regime del silenzio

Leggi anche l’articolo pubblicato postumo dal Manifesto: In Egitto la seconda vita dei sindacati indipendenti

La morte di un ragazzo, appassionato di politica e giustizia sociale. Il dovere di verità dei giornali, contro un regime che ha stretti legami politici e commerciali con l’Italia di Matteo Renzi. Le pressioni internazionali e le polemiche locali.

Noi non conoscevamo Giulio Regeni. È morto nell’occhio del ciclone delle «primavere arabe» che hanno spezzato equilibri decennali, suscitato speranze bloccate dall’incubo della dittatura e delle esecuzioni sommarie. Noi non lo conoscevamo, ma guardando la sua foto, scorrendo quanto trapela dalla storia della sua vita e leggendo il suo articolo dall’Egitto uscito oggi sul Manifesto ci pare di conoscerlo almeno un poco. Giulio era uno dei tanti che conosciamo. Si muoveva tra la ricerca accademica e la narrazione sociale, tra l’inchiesta e l’impegno. Era un esponente della generazione indicibile; non solo costretta all’esilio, anche rimossa dal dibattito pubblico di questo paese. Una generazione cancellata in quanto precaria, dunque inesistente, nascosta, fantasma. Una generazione espulsa dal punto di vista sociale e – cosa persino peggiore – rimossa dal punto di vista culturale e politico.

Questa rimozione è talmente profonda da investire il linguaggio, nel tentativo di riprodurre la miseria che ci circonda. Abbiamo visto nelle scorse ore come ai grandi media manchino persino le parole per descrivere l’attività di questo giovane uomo non ancora trentenne, studioso dei conflitti sindacali e animato dalla passione per la giustizia e l’uguaglianza. Accade a Giulio al momento della tragedia peggiore e capita nei piccoli drammi quotidiani di quelli come lui. Siamo abituati a riconoscere l’armamentario di stereotipi, luoghi comuni, eufemismi e giri di parole cui si fa ricorso in questi casi per addomesticare la realtà: il ragazzo giramondo, l’idealista un po’ ingenuo, lo studente in cerca di emozioni esotiche in attesa di mettere i piedi per terra.

Siamo convinti che il miglior modo di comprendere chi fosse Giulio Regeni è offerto dall’articolo che aveva inviato al Manifesto, il giornale che da qualche tempo aveva scelto per inviare le sue corrispondenze dall’Egitto e alla cui redazione – in queste ore al centro di pressioni e polemiche – inviamo un abbraccio solidale. Queste righe, che riproponiamo qui, ci restituiscono il lavoro di Giulio Regeni e le sue idee. La sua capacità di analisi unita a quella di racconto, la cronaca con lo sguardo lungo che sfugge a ogni tentazione scandalistica. Cancellarle significherebbe fare un favore a quelli che lo hanno ucciso e a quelli che cancellano ogni giorno la vita ribelle di tanti come lui.