TERRITORI

Genova, è sciopero selvaggio

Contro la privatizzazione del trasporto pubblico locale i lavoratori al quarto giorno di sciopero nonostante la precettazione.

Quando i vigili di stanza al comune e la digos provano a fermarli, i lavoratori li travolgono ed invadono l’aula del consiglio comunale. La rabbia è tanta nei loro gesti e nelle loro voci. Entrano a spinta e vogliono delle risposte e quando le parole del sindaco tentennano i lavoratori fanno un passo oltre ed occupano il consiglio. Non un autobus gira per strada a Genova. Il consiglio rimarrà occupato per tutto il pomeriggio del 19. Autisti robusti, le mani segnate dal lavoro, seduti sulle poltrone di velluto rosso di sindaco e assessori. Poi di nuovo fuori in corteo, a bloccare le strade e le piazze della città nel primo freddo d’inverno. Non un autobus gira per strada a Genova. Sciopero. Da quattro giorni migliaia di lavoratori stanno scioperando ad oltranza e senza rispettare fasce di garanzia. Vogliono una soluzione. Al mattino le rimesse rimangono piene di autobus vuoti e da lì ne escono cortei. Verso il centro, verso il palazzo del comune, verso la prefettura ed anche verso la sede del PD. I lavoratori vogliono una soluzione.

Non è un problema solo di Genova, è una questione nazionale. Cosa sta succedendo?

Da troppo tempo nel nostro paese i servizi pubblici vengono smontati, pezzo per pezzo, resi malfunzionanti e svenduti ai privati. Si va ad intaccare l’idea stessa di servizio pubblico come diritto e si donano i patrimoni comuni al lucro di aziende private. E’ una necessita di mercato. Dicono. Il comune non ha soldi per mantenere questo servizio, con un privato funzionerà meglio. Ma non è così perché laddove il profitto si sostituisce come obiettivo al bene comune, al bene dei cittadini, per forza un servizio è peggiore. Un servizio essenziale, come quello dei trasporti pubblici non deve produrre soldi, ma semplicemente essere garantito, dallo stato, dai comuni.

A Genova, feudo elettorale indiscusso del centrosinistra, da anni è in atto questo processo di svendita. La formula è quella delle aziende pubbliche partecipate, ovvero aziende in cui una percentuale della proprietà va a privati. Amt, l’azienda del trasporto pubblico genovese è così ormai da tempo ed il risultato palese alla città è stato quello di un servizio insufficiente e non funzionante. Tagli alle corse, cancellazione di linee collinari, aumento spropositato di biglietti e abbonamenti e inoltre riduzione dei salari per i lavoratori, incertezza costante, pensionamenti anticipati, cassa integrazione e difficoltà di lavoro. Tentativi di lotta e resistenza sono stati portati avanti negli anni e mentre i sindacati hanno trattato con l’obiettivo principale di salvare l’azienda, chiedendo anche “sacrifici” agli stessi lavoratori, il malcontento è cresciuto tra i dipendenti e tra i cittadini.

Alle ultime elezioni comunali l’attuale sindaco Marco Doria ha inondato gli autobus e le vie della città con manifesti che (tra le altre cose) si impegnavano esplicitamente per il trasporto pubblico. “Marco Doria con trasporto, Marco Doria insieme a voi e più Bus, Marco Doria basta con le solite politiche”. A molti sembrava un vero cambiamento e Doria ha stravinto le elezioni. Poi alla prova reale dei fatti le cose sono andate diversamente e quando quattro giorni fa il comune ha presentato una delibera che indirizza il futuro delle principali aziende di servizi pubblici genovesi (Amt -trasporti-, Aster -manutenzioni- Amiu -rifiuti-) verso la privatizzazione, la rabbia è esplosa. I lavoratori di Amt, fin’ora pressoché inascoltati, scavalcando sindacati e precetti hanno deciso il metodo di lotta più duro. Lo sciopero senza fasce di garanzia e ad oltranza. E’ un segno duro, forte, che colpisce fortemente la città e i lavoratori stessi. Ma è necessario, perché al di là delle parole le prospettive sono drammatiche per tutti e c’è bisogno di un cambiamento. E la soluzione non è nella proroga di interventi che sottraggono salario e lavoro ai dipendenti in favore dell’azienda, né nell’indicare la privatizzazione come via di salvezza. La soluzione è che lo Stato e il Comune investano fortemente sul pubblico, ricapitalizzino le aziende di servizio pubblico attraverso finanziamenti che si possono e si devono trovare perché i soldi ci sono, come quelli investiti per le grandi opere inutili come Tav e Terzo Valico o per le spese militari.

*Attivista AutAut357 di Genova