ROMA

Tra furti e pandemia, il Csa La Torre chiede solidarietà

Come già accaduto durante il primo lockdown, il centro sociale La Torre è stato oggetto di un furto da parte di ignoti che hanno portato via molto materiale utile per le attività di palestra e non solo. Per questo gli attivisti hanno organizzato una campagna di raccolta fondi, un po’ particolare

«Nella notte tra sabato 14 novembre e domenica 15 siamo stati vittime dell’ennesimo furto». È Michele Bruno, attivista e responsabile delle mansioni di segreteria del Centro Sociale La Torre, a raccontare quello che è accaduto: «Questa volta hanno preso del materiale importante, sia per il costo sia per l’uso che ne facciamo». Sono stati portati via una fotocopiatrice, una scala, molti attrezzi per la manutenzione quotidiana e una buona parte dell’attrezzatura audio. Francesca Flobetti, un’altra attivista, si rammarica: «L’impianto audio è una cosa a cui tenevamo, ci avevamo investito molto affinché fosse di qualità».

Però la sparizione più grave è senza dubbio il defibrillatore semi-automatico. «È lo strumento che va riacquistato con più urgenza», riconosce Bruno: «Come associazione sportiva dobbiamo osservare per legge l’obbligo di averlo, ma è una cosa importante e necessaria a prescindere da quello che dicono i regolamenti». Negli spazi de La Torre è nata nel 2011 la Palestra Popolare Corpi Pazzi: un progetto, si legge sul loro Facebook per promuovere lo sport «accessibile a tutte e a tutti, come strumento di benessere e coesione sociale» in un quartiere dove i servizi pubblici sono quasi completamente assenti.

E alcune delle iniziative del casale occupato proseguono anche in questo periodo, nonostante le numerose restrizioni previste dai Dpcm. «L’attività della palestra popolare non si è interrotta del tutto: poiché siamo nel parco riusciamo a fare ancora qualcosa all’aperto», spiega ancora Bruno e specifica: «Corsi per bambini della scuola di piccolo circo, ma anche qualcosa per adulti durante le ore mattutine o nel fine settimana. Quindi c’è necessità del defibrillatore anche in questi giorni. Per fortuna, mentre aspettiamo che arrivi il nuovo, ci hanno prestato il loro i compagni di un’altra associazione sportiva di zona che invece è ferma, Mammuth».

Nato nel giugno del 1994 in un’altra aerea verde di Roma, il vicino Parco d’Aguzzano, il centro sociale La Torre occupava inizialmente i locali della storica e fascistissima Villa Farinacci: una fitta sequela di sgomberi (di cui uno celebre per la forte resistenza) e rioccupazioni precarie ha poi portato alla nuova sistemazione alle porte della Riserva naturale Valle dell’Aniene, concordata con il comune di Roma e il quarto municipio nel 1996. «Quando siamo arrivati il posto cascava a pezzi, lo abbiamo ristrutturato quasi interamente», ricorda Bruno, che però è entrato nel collettivo soltanto qualche anno dopo, nel 2000: «La palestra è sorta nei locali del fienile, mentre il corpo principale in quelli dove prima si trovava la stalla».

I ladri non hanno trascurato nessuno dei due stabili. «Abbiamo fatto una stima, tenendo in considerazione sia il materiale rubato sia i danni procurati, e si aggira intorno ai cinquemila euro». In tempi normali sarebbe stata una perdita comunque significativa, ma le restrizioni dovute all’emergenza pandemica rendono pressoché impossibili le eventuali iniziative volte a finanziarsi. «In passato avevamo già subito intrusioni e furti, ma questo è indubbiamente il danno più sostanzioso», sottolinea Bruno: «In un altro momento non sarebbe stato neanche così grave, mentre adesso che tutto è molto più ridotto, si fa più fatica a rientrare. Da qui l’idea della raccolta fondi».

I ragazzi e le ragazze che animano e gestiscono La Torre però non riescono proprio a chiedere senza dare nulla in cambio e così, anche la loro raccolta fondi non si limita a passare all’incasso. «Non ci piaceva l’idea che fosse una roba a senso unico», conferma Bruno: «Quindi abbiamo pensato a una piccola restituzione di prodotti quasi interamente realizzati da noi in questi spazi». Con una donazione di minima di venti euro, infatti, si avranno in cambio «ricchi premi e cotillon» scrivono con ironia sul loro sito. «La maggior parte delle cose è prodotta proprio con materie prime provenienti dal parco dove stiamo», afferma Bruno con una punta d’orgoglio.

«È possibile donare col bonifico o venendo fisicamente nei pochi momenti in cui siamo aperti. Questo fine settimana, per esempio, ospitiamo sabato una lezione di yoga all’aperto, mentre è prevista per domenica un’escursione in montagna», prosegue Bruno. Perché attualmente la distribuzione delle auto-produzioni è prevista soltanto in loco. Una scelta dettata sì dalla volontà di non sprecare neanche un centesimo nei costi di spedizione, ma anche da motivazioni più profonde come precisa Flobetti: «Stiamo attraversando un momento particolare, in cui è spesso difficile sentirsi solidali. C’è bisogno di vicinanza e questa è una maniera».

Foto di Nicolò Arpinati