ITALIA

Fuori istituzione

Dalla Campania alla Calabria, dalla Puglia alla Lombardia, da Sud a Nord cresce in tutta Italia il fenomeno dei commissariamenti dei comuni e delle amministrazioni locali sciolte prima della loro scadenza naturale. Tra le cause, oltre a quelle naturali di decesso e impedimento, vi sono quelle politiche (mancata approvazione del bilancio, dimissioni in blocco dei consiglieri) ma soprattutto quelle legate all’infiltrazione delle mafie al loro interno. La fotografia scattata dalla fondazione openpolis.

«È un tema che resta costantemente sottotraccia nel dibattito politico, a dispetto della sua rilevanza», hanno detto così, ieri, da open polis-la fondazione indipendente che promuove progetti per l’accesso alle informazioni pubbliche, la trasparenza e la partecipazione democratica- presentando il rapporto “Fuori dal Comune 2019”, l’indagine che ha fotografato in maniera empirica gli scioglimenti anticipati degli enti locali. Eppure, è un fenomeno rilevante, hanno spiegato da open polis: «nel corso del triennio 2017-2019 sono stati sciolti, dati aggiornati al 25 novembre, 463 comuni di cui 58 per infiltrazioni della criminalità organizzata. A questi si aggiungono 2 aziende sanitarie, anch’esse sciolte per infiltrazioni mafiose».

Giulio Marotta, ricercatore della fondazione che ha sede a Roma, in via Merulana, ha spiegato: «Abbiamo deciso di realizzare una nuova banca dati, per approfondire il tema avendo a disposizione i dati più recenti». E ancora: «È nato un osservatorio che monitora in maniera costante le tendenze del fenomeno, con i dati raccolti da diverse fonti istituzionali, gli atti parlamentari, le pubblicazioni del ministero dell’interno sulle elezioni locali, il sito della giustizia amministrativa».

Tutti i numeri degli scioglimenti. Nella banca dati qui considerata sono ora disponibili i dati di tutti i decreti governativi che hanno sciolto diversi enti locali per infiltrazione mafiosa dal 1991 ad oggi. Ma non soltanto. Open polis ha realizzato anche la mappatura di tutti gli scioglimenti per motivi politici avvenuti nel decennio 2010-2019. Già, perché le cause possono essere diverse, a parte i casi naturali di decesso, decadenza o grave impedimento, le ragioni sono spesso di natura politica: le dimissioni del sindaco o della maggioranza dei consiglieri, la mancata approvazione del bilancio nei tempi previsti, ed è interessante notare come queste ragioni, poi, portino a successivi scioglimenti per infiltrazione mafiosa. Attualmente, le amministrazioni sciolte in Italia sono 109, tra questi 107 sono i comuni e 2 sono le aziende sanitarie. Si tratta per quasi la metà dei casi di enti locali sciolti per mafia, dei numeri dei commissariamenti per infiltrazione mafiosa che sono in costante aumento, hanno spiegato ancora da openpolis: «Ponendo a confronto gli anni dal 1991 al 31 maggio 2009  (quando è stato approvata la legge n. 94 del 2009, che ha anche reso più stringenti i requisiti giustificativi di uno scioglimento per infiltrazioni mafiose)  con il successivo periodo (dal 1° giugno 2009 ad oggi), si nota una  significativa crescita nel tempo della media annua dei commissariamenti (da 10,3 scioglimenti all’anno a quasi 14)».

L’Italia dei commissariamenti. È una fotografia allarmante, quella scattata dalla fondazione, che ha rilevato come «storicamente il fenomeno ha principalmente riguardato le regioni del sud Italia, e in particolare Calabria, Campania, Sicilia e Puglia». E, tuttavia, la Calabria è la regione più colpita da casi di infiltrazioni mafiose nelle istituzioni locali. Sono stati 117, infatti, i commissariamenti per mafia avvenuti nell’intero periodo 1991-2019. Segue la regione Campania, con 109 casi di commissariamento per infiltrazioni criminali (di cui 10 successivamente annullati dai giudici amministrativi). Non soltanto. Esistono anche i casi multipli. Ed anche qui è la Calabria a farla da padrone, in particolare il territorio della provincia di Reggio Calabria che ha visto sciolti per più di una volta per mafia, nel periodo considerato, i comuni di  Gioia Tauro, Melito di Porto Salvo,  Platì,  Roccaforte del Greco,Taurianova e San Ferdinando. Si tratta di  un fenomeno radicato al sud, ma ormai presente anche al nord. Come gli stessi ricercatori hanno rilevato: «Dal 2010 al 2019 ci sono stati sette commissariamenti per infiltrazioni mafiose nell’Italia settentrionale: tre in Liguria, due in Piemonte, un caso in Lombardia e uno in Emilia Romagna». In generale, esiste una tendenza alla crescita del fenomeno che però in parte ha riguardato anche altre regioni, oltre a quelle storicamente più colpite. Ed è quanto raccontano le relazioni periodiche della Direzione nazionale antimafia. Della crescita delle mafie nelle istituzioni locali. Per esempio in Puglia, la regione italiana che ha visto l’incremento maggiore dei commissariamenti negli ultimi anni. Come aveva raccontato a suo tempo a dinamo press Cataldo Motta, magistrato per lungo tempo a capo della Procura distrettuale Antimafia di Lecce: «Nell’era della crisi economica più nera, le mafie hanno trovato il modo di acquisire il consenso. Sono moderne ed antiche allo stesso tempo, ben inserite e presenti in tanti contesti sociali. I mafiosi sono percepiti oggi quasi alla stregua di soggetti che erogano welfare, prestazioni, favori, vantaggi, protezione, posti di lavoro». La mafia che si fa politica, dunque, e viceversa, un tema che resta costantemente sottotraccia nel dibattito, a dispetto della sua rilevanza. Ed è di queste ore, ad esempio, la notizia dello scioglimento di altri due comuni: Africo, manco a dirlo in provincia di Reggio Calabria, e paese natio di Rocco Morabito, uno dei broker della cocaina più potenti al mondo; e del comune di Carmiano, nella provincia di Lecce dove negli ultimi due anni sono stati già sciolti per mafia i comuni Parabita, Sogliano Cavour e Surbo. Comuni dove assessori e anche sindaci sono tuttora sotto processo per reati gravissimi. Come accade appunto proprio nel comune di Carmiano, dove il sindaco Giancarlo Mazzotta è imputato di estorsione aggravata dal metodo mafioso,  di cui il 2 dicembre scorso «il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno Luciana Lamorgese, a seguito di accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali, a norma dell’articolo 143 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, ne ha deliberato lo scioglimento del Consiglio comunale per diciotto mesi, affidandone contestuale la gestione a due Commissioni di gestione straordinaria».

Anche se, come ha scritto la collega Marilù Mastrogiovanni più volte finita nel mirino di una parte del mondo politico locale per le sue inchieste giornalistiche sui rapporti tra sacra corona unita e classe politica nei comuni del Salento, «si tratta di un modus operandi consolidato, dove le interessenze tra politica, mafia e imprenditoria sono difficili da riconoscere, individuare e perseguire, perché fanno parte di una quotidianità vissuta dai cittadini, ormai assuefatti». Accade ovunque, da Nord a Sud,  al di fuori di ogni istituzione.