EUROPA

Francia, nuova ondata di scioperi e mobilitazioni contro l’offensiva generale del governo Macron

Martedì 22 maggio, è iniziata la “Semaine noire” annunciata dall’assemblea dei ferrovieri in lotta della Gare di Paris Nord, contro Macron e il suo piano di riforme. Due le principali manifestazioni convocate nel centro di Parigi. La prima, quella della funzione pubblica che protesta contro il piano di dismissione del governo, la seconda, quella degli studenti universitari e delle scuole superiori da mesi in lotta contro l’irrigidimento dei criteri di selezione per l’accesso all’università. Blocchi dei licei e delle università sono in corso dalle prime luci dell’alba in tutta la Francia. Il governo si svincola da ogni responsabilità sul funzionamento della piattaforma Parcoursup della quale per oggi si attendono i primi risultati. Dal nuovo dispositivo informatico dipende la nuova procedura di selezione per l’accesso agli studi superiori. Sono più di 800.000 i dossier di candidatura che devono essere trattati dalle università attraverso Parcorsup di cui è già stato annunciato il possibile blocco per “overload” mentre nelle università continuano a imperversare gli scioperi degli studenti e del personale e il blocco degli esami

Oggi, 22 maggio, è convocata una nuova giornata di sciopero dei lavoratori della funzione pubblica. La mobilitazione è indetta dalle principali sigle sindacali – CGT, FO, FSU, Solidaires e UNEF de l’Ile-de-France. Per la manifestazione parigina è previsto un percorso più lungo – e meno soffocante – di quello che i sindacati avevano concordato per il 1 maggio: si partirà da Place de la République, in direzione di Bastille e poi di Nation. I funzionari pubblici si oppongono alla soppressione di 120mila posti di lavoro e alla modifica del codice delle pensioni, così come al ricorso sempre più intensivo ai contratti precari. Chiedono inoltre maggiori risorse finanziare per scuola e università.

Sabato 26 maggio, le principali sigle politiche e sindacali della sinistra daranno invece vita alla marée populaire (marea popolare), un appuntamento che si pone in continuità con “la fête à Macron” di sabato 5 maggio, nata su iniziative di François Ruffin e del partito France Insoumise. Anche questo secondo momento di iniziativa potrebbe essere non rituale.  Le principali organizzazioni impegnate nella lotta contro le discriminazioni razziali e le violenze poliziesche nei quartiers populaires hanno infatti annunciato la loro presenza, accanto agli studenti dei licei e delle università, nel cortège de tête.

Nel mezzo, tra queste due giornate di lotta, vanno segnalati altri appuntamenti: il 22 e 23 maggio sono indetti due nuovi giorni di sciopero degli cheminots (ferrovieri), che si mobiliteranno anche di fronte alla sede della SNCF di Saint-Denis per rendere pubblici i risultati della consultazione “Vot’Action”, promossa dagli stessi ferrovieri in sciopero per legittimare ulteriormente, sul piano politico e mediatico, la loro azione prolungata di blocco del servizio ferroviario e per ostacolare le strategie governative di divisione del fronte sindacale – finora fallite. Negli stessi giorni saranno mobilitati gli studenti dei licei e delle università e i precari dell’educazione, per contestare la presentazione, in stile propagandistico, dei primi risultati operativi della piattaforma Parcorsup, la macchina digitale che istituisce e formalizza la selezione universitaria e l’irrigidimento dei percorsi formativi e professionali degli studenti. Un appuntamento di mobilitazione è previsto sempre oggi, a Panthéon, alle 18, a seguito della manifestazione unitaria.

 

Appare evidente che questi appuntamenti costituiranno dei momenti di verifica della capacità di mobilitazione e di esercizio di forza del movimento.

 

Dopo la giornata del 1 maggio e la repressione che ne è seguita, la mobilitazione si è infatti riorganizzata, in termini di disseminazione spaziale e temporale, nelle assemblee delle stazioni come nei picchetti di sciopero nei luoghi del lavoro precario e nelle università.

I luoghi di incontro e di socializzazione politica si sono così moltiplicati. Lo spettro delle figure e dei settori lavorativi in mobilitazione si è ulteriormente esteso, arrivando a investire le principali sfere del pubblico e della produzione di servizi investite dal disegno di riforme neoliberale di Macron. Un progetto che si caratterizza per una riorganizzazione privatistica delle sfere deputate alla produzione di servizi, fatto all’insegna dell’uberizzazione dell’economia, della forma e dell’ideologia della “start up”,  nel tentativo di affermazione egemonica della Francia come paese guida, a livello europeo, del capitalismo delle piattaforme.

Ferrovieri, postini, ospedalieri, lavoratori della funzione pubblica, lavoratori di AirFrance, delle Ephad (le strutture di ospitalità e cura delle persone anziane in condizioni di dipendenza), “électriciens”, “gaziers”, precari dell’educazione, studenti, dottorandi, ricercatori precari e docenti universitari. Accanto a loro, si sono mobilitati anche diversi settori del privato: i lavoratori della logistica, in particolare dei magazzini di Gennevilliers, che sono stati nuovamente bloccati la scorsa settimana, nonché i lavoratori della grande distribuzione come Monoprix e Carrefour e quelli di Mac Donald.

Proprio quest’ultima lotta ha conquistato una certa visibilità negli scorsi giorni e ci mostra la capacità di tenuta del movimento dopo il 1 maggio: se le immagini del McDo di boulevard de l’Hopital, andato in frantumi il 1 maggio, era stato usate come leva mediatica per lanciare un’offensiva repressiva contro il movimento e per dividerlo, quello occupato dai lavoratori in boulevard Magenta, accanto a Gare de l’Est, sono diventate uno dei simboli della capacità ricompositiva di questo movimento, con momenti di incontro e confronti fatti nel blocco dell’attività produttiva e commerciale e nella lotta contro le deplorevoli condizioni salariali.

Per quanto riguarda gli cheminots, la giornata del 14 maggio “un jour sans cheminots” ha chiaramente mostrato l’indisponibilità dei lavoratori di questo settore alla negoziazione sul patto ferroviario. La mobilitazione continua infatti a chiedere il ritiro senza condizioni del progetto di liberalizzazione del settore.  L’assemblea dei grévistes di Paris Nord – una delle assemblee più attive nella mobilitazione – ha così votato per la “Semaine noire” o “Semaine sans cheminots” dal 22 al 29 maggio. È in questo contesto che si situa l’iniziativa “Vot’Action”.

Poco prima, anche la direzione di AirFrance aveva provato a lanciare una consultazione, questa volta su iniziativa padronale: la sfida è stata persa, perché il 55% dei salariati hanno rifiutato l’attuale progetto di dismissione e legittimato l’azione delle organizzazioni sindacali impegnate nella lotta per l’aumento dei salari in proporzione dei benefici guadagnati dall’azienda.

 

Non sappiamo quali saranno gli esiti di queste singole lotte e vertenze, ma è certo  che l’offensiva del governo Macron-Philippe, nelle attuali condizioni politiche in Francia e in Europa, ha aperto un nuovo terreno di sperimentazione in termini di sciopero sociale e una capacità di tenuta sul medio periodo che indica probabilmente una direzione da percorrere anche altrove.

 

Uno dei momenti che ha meglio espresso la forza di questa lotta è costituito dai picchetti di fronte alle università per impedire lo svolgimento degli esami, picchetti che hanno visto i ferrovieri, i lavoratori della logistica e i postini accanto agli studenti e ai precari dell’università. I lavoratori hanno così mostrato la fragilità della campagna mediatica volta a mostrare il loro isolamento. Gli studenti e precari della ricerca, a loro volta, hanno mostrato la non autosufficienza dell’università, la necessità cioè di metterne in discussione le sue frontiere. Il movimento ha così segnato un passaggio dai “blocus” delle università ai “blocus” degli esami – è stato il caso di Arcueil per l’Università di Nanterre e di Saint Ouen per l’Università di Paris 8, dove i blocchi hanno prodotto l’annullamento dei “partiels” (l’equivalente degli esoneri d’esame in Italia, ndr). Come già era stato annunciato nella conferenza stampa agli inizi dell’occupazione della Commune di Tolbiac, il blocco delle università e degli esami ha oramai la stessa valenza dei picchetti di sciopero e delle forme di blocco economico: si blocca la produzione del sapere istituzionale, al fine di definire lo spazio e le condizioni per la produzione di un sapere alternativo.

Proprio Tolbiac continua ad essere presidiata dai CRS e non riaprirà le porte agli studenti fino all’ inizio del nuovo anno accademico a settembre. Un’occupazione militare per impedire una rioccupazione studentesca. Una frattura ormai insanabile tra il governo e le università che pone come obiettivo strategico il suo approfondimento in termini di autonomia. È chiaro che in gioco non è la difesa dell’esistente, di una presunta sfera del pubblico da preservare. Due elementi contribuiscono ad approfondire, infatti, il campo della sperimentazione politica: da un lato, il fatto che l’approvazione per via esecutiva della riforma universitaria non abbia impedito lo sviluppo del movimento, ma al contrario l’abbia favorito. La posta in gioco diviene perciò non solo la richiesta di ritiro della Loi ORE ma il suo sabotaggio concreto nelle singole università. È indicativo in questo senso il comunicato unitario del personale amministrativo e degli insegnanti dell’Università di Paris 8 che dichiara all’unanimità che in caso di non ritiro della Loi Ore la “rentrée” di settembre sarà fortemente perturbata. Ancora più rilevante è la mozione universitaria approvata recentemente della CNU (la Coordination universitaire des universités) che annuncia di voler fondare delle “nuove università” capaci di accogliere i 100mila studenti a rischio di esclusione il prossimo anno.

Infine, l’altro elemento da considerare è la forma specifica di questo progetto di selezione, che si inserisce all’interno di un sistema già fortemente stratificato a livello sociale e territoriale. È dunque sintomatico che le occupazioni delle università abbiano preso immediatamente la forma delle “comuni”: nell’opporsi alla selezione si rimette così in discussione lo statuto stesso dell’università come istituzione deputata alla controllo della produzione e della riproduzione sociale. La lotta contro la selezione diviene così il meccanismo primario attraverso il quale creare legami comuni e nuovi mondi.

Questi sono dunque tutti gli elementi che forniscono una fotografia generale del ciclo di mobilitazioni in corso in Francia. Se il governo continuerà a mostrarsi inflessibile, la contro-offensiva dei molti settori in lotta e la concentrazione degli scioperi nelle prossime settimane potrebbero aprire nuovi scenari a una mobilitazione che non accenna a ridursi.