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Febbre a 90 – 2a puntata

Il derby della Lanterna, un commento al campionato, una maglietta con scritto “Speziale Innocente” a Cosenza, un film sulla squadra dei rifiugiati “Liberi Nantes” e un commento a Roma-Torino

Anni 80 di ZeroPregi

Roma Torino è una partita dal sapore anni 80. Non solo perché il Toro negli ultimi 20 anni ha militato più in B che non in A a perché c’è un filo che lega i miei ricordi a quelli delle prime vittorie del Barone di Liedholm. Da piccolo avevo una foto di Tancredi sopra il letto che esulta dopo aver parato il quarto calcio di rigore, a Roma, nella finale di Coppa Italia del 1980. Vittoria che sarà bissata l’anno successivo, sempre contro il Toro, sempre ai calci di rigore ma questa volta a casa loro. Ma soprattutto Roma Torino è la partita della festa dello scudetto del 1983. E allora si va allo stadio per quello che all’estero chiamano il “mondeinait” ma che da queste parti ci sembra una barbarie: la partita di campionato di lunedì sera.

Lo stadio è semivuoto ma onestamente mi aspettavo di peggio. Quasi 35mila spettatori non sono pochi di questi tempi, soprattutto 8 giorni dopo la sconfitta nel derby e un avvio di campionato abbastanza deludente.

La Roma si presenta con difesa e attacco “titolare” mentre il centrocampo, causa squalifiche, è inedito: Bradley centrale con Pijanic e Florenzi intermezzi. Di fronte il Torino, squadra imbattuta in trasferta, una delle migliori difese in circolazione ma anche uno dei peggiori reparti offensivi. La partita inizia e prosegue a senza unico. La Roma fatica ma nel primo tempo collezione tra buone palle gol con Osvaldo, Totti e Fiorenzi, mandate fuori. Questione di centimetr. D’altro canto il Torino deve aspettare almeno una mezzora per trovare la porta romanista e avrà un paio di contropiedi pericolosi, soprattutto uno, con un Marquinhos strepitoso che va a chiudere su Santana che stava calciando a rete.

Il primo tempo si chiude tra fischi e mugugni. La tifoseria è ferita eppure per tutto il primo tempo il tifo non è mancato, soprattutto i cori contro gli avversari di domenica scorsa. Il bello dell’andare allo stadio è proprio questo. E ancora una volta, i tifosi da stadio si dimostrano decisamente migliori e più maturi di quelli che affollano radio, internet o strumenti vari. Tifano, partecipano, a volte contestano, ma ci sono. Sempre. Con calore e passione, che nessuna Tv o telecronista esaltato, può darti. Nonostante uno stadio come il nostro in cui non si vede una ceppa dalle curve.

E proprio nel secondo tempo il tifo della Roma crescerà mentre la partita involve, la squadra si innervosisce e non riesce più a creare occasioni da gol. Il Toro arretra ancora di più, difende benissimo raddoppiando sistematicamente sulle fasce, chiudendo al centro, ma non passa più la metacarpo. La Roma fatica, Zeman cambia e proprio da questi cambi che arriva la svolta: Marquinho appena entrato subisce un contestato fallo da rigore. E Osvaldo, finora sottotono, realizza. E si commenta con un “è la classica partita che per sbloccarla serviva un callido de rigore”.

Sul fallo sarò onesto, dallo stadio non mi sembrava ci fosse ma rivisto c’era. A quel punto la partita cambia visto che il Toro è costretto a cercare il pareggio e la Roma sprecherà altre 3 palle gol fino al tiro di Pjanic deviato che porta al 2-0 quando mancano 5′. Ecco la Roma di quest’anno raramente non ha subito gol ma soprattutto raramente ha passato gli ultimi minuti di gioco, tranquilla, col risultato acquisito.

Alla fine si torna a casa, con quel sapore di rodimento di culo che alcune vittorie danno. Senza quel rigore non so come sarebbe finita ma soprattutto per la ferita ancora aperta di un derby perso e delle troppe occasioni mancate quest’anno. Con un po’ di attenzione in più avremmo potuto avere quei punti che ti potevano consentire di lottare per il terzo posto. Ma stasera ci sono dei segnali confortanti: un diciottenne che partita dopo partita impressiona, Marquinhos, e un Pjanic finalmente ritrovato e che alla fine avrà il pensiero più bello, dedicare il gol al grande assente della serata, Daniele De Rossi. A noi tifosi quel 16 in campo con una manica tirata su e l’altra già, ci manca. Perché è vero che nel calcio si tifa solo la maglia ma la storia la fa chi la indossa.

Un commento al campionato, “Speziale innocente”, un film sui Liberi Nantes di Giulio Ciacciarelli

Il weekend calcistico appena concluso con il derby della Lanterna, vissuto con lo spettro della serie B dalle due protagoniste Samp e Genoa (rispettivamente penultima e ultima al momento del fischio d’inizio) e finito con la vittoria dei blucerchiati per 3-1, si è svolto nella consueta mancanza di temi calcistici innovativi, data la perdurante crisi di gioco e di proposte tecnico/tattiche in cui vegeta ormai da un po’ di tempo il movimento italiano.

Un’assenza di interesse e di prospettiva che si riverbera amaramente nel palcoscenico europeo, visto dalla maggiorparte delle nostre partecipanti più come un fastidioso obbligo che come occasione di affermazione e crescita. Assenza di interesse che viene compensata, ormai da inizio campionato, con l’atmosfera di eterna polemica riguardante le contestazioni arbitrali. Sono le due squadre più titolate d’Italia a dare vita ormai da qualche anno al solito teatrino stantìo, ormai buono solo per tenere viva a tutti i costi l’attenzione del telespettatore nei rotocalchi sportivi della domenica: l’Inter campione di qualsiasi cosa fino al 2010 e la Juventus, tornata nel 2012 a vincere in Italia dopo il declino forzato a causa di calciopoli.

Nerazzurri che dopo le parole al veleno spese in settimana da Cassano nei confronti della Juventus, sono costretti al pareggio interno dal Cagliari, dopo un evidente rigore non fischiato a Ranocchia e il gol del momentaneo vantaggio dei sardi palesemente viziato da un fallo di mano. Anche i bianconeri rallentano, fermati in casa da una Lazio che offre una prova di concretezza difensiva magistrale, corroborata dalla giornata di grazia del suo portiere Marchetti, autore di 4 interventi decisivi. Pareggio interno anche per il Napoli, bloccato dal redivivo Milan di El Shaaraw, doppietta per il giovane astro italo egiziano. Tra le prime della classe timbra la vittoria solo la Fiorentina, un 4-1 netto ai danni dell’Atalanta.

Spunti interessanti di riflessione arrivano dal calcio dilettantesco, e più precisamente da Cosenza dove un calciatore della squadra di casa, dopo aver segnato una marcatura decisiva, espone a favore di telecamera una maglia con la scritta: Speziale innocente. Speziale è il giovane catanese (conterraneo ed amico di Arcidiacono, l’attaccante rossoblu autore del gesto incriminato) condannato in cassazione a 8 anni di reclusione per l’omicidio dell’ispettore Raciti nel febbraio 2007, durante gli scontri che seguirono l’acceso derby tra etnei e Palermo, al Cibali. Sentenza che come molte altre ha lasciato più dubbi che certezze, vista anche la perizia con cui i Ris di Parma avevano espresso dubbi circa la presunta arma utilizzata da Speziale con la quale secondo l’accusa provocò la morte dell’esponente delle forze dell’ordine.Per il calciatore del Cosenza è già arrivata la sospensione da parte del club, presto dovrebbe anche arrivare una lunga squalifica, se non la radiazione. Puntuali invece le solite pelosissime, immancabili, inascoltabili critiche da parte di un establishment che invece di piangere e gettare le famiglie di morti e condannati nella disperazione, dovrebbe provare a capire da dove viene questo odio atavico per le forze dell’ordine. Magari guardando le immagini di Roma dello scorso 14 novembre e poi guardandosi allo specchio.

Ma la notizia più interessante viene dal Sudamerica, e più precisamente dal Brasile, dove, a circa un anno di distanza dall’incredibile retrocessione del River Plate nel campionato argentino, si consuma un’altra retrocessione eccellente, la seconda negli ultimi 10 anni, quella del Palmeiras, gloriosa compagine di S. Paolo fondata nel 1914 da alcuni immigrati italiani, e plurivincitrice di campionati e coppe internazionali tra cui la libertadores nel 1999.

Teatro della tragedia sportiva lo stadio Palestra Italia (nome originario del sodalizio biancoverde, che venne cambiato nell’attuale Palmeiras dopo che il Brasile entrò nella seconda guerra mondiale a fianco delle nazioni che combattevano l’asse italo tedesco). La partita casalinga con il Flamengo, terminata 1-1 con un gol allo scadere dei rossoneri di Rio, e la concomitante vittoria delle altre in lotta con il Palmeiras, ha decretato la retrocessione anticipata del club dalle origini italiane.A proposito di Palmeiras, la storia del sodalizio brasiliano è una storia di sport, immigrazone e integrazione, proprio come quella dei Liberi Nantes, la prima squadra in Italia composta di soli rifugiati a partecipare a un campionato ufficiale della FIGC.

Il film che parla di questa esperienza è stato presentato sabato sera in anteprima al Festival Internazionale del Cinema di Roma, ed è stato accolto da una sala completamente gremita e da applausi scroscianti al termine della proiezione. Nell’attesa dell’uscita nelle sale italiane, Black Star di Fancesco Castellani, di cui consigliamo caldamente la visione, è stato sicuramente il momento calcistico più appassionante e interessante di tutto il weekend.