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“Sempre in direzione contraria”

Dopo 11 anni da “Anima e Ghiaccio” esce ADVERSUS, attesissimo ultimo lavoro del Colle Der Fomento, storico gruppo hip hop romano. Con Danno e Masito abbiamo ripercorso le origini e la storia del gruppo e del rap italiano

Oggi il cielo sopra Roma è sereno e aspetta impaziente l’uscita del nuovo disco di Colle der Fomento, la band hip hop che da quasi 25 anni batte i quattro-quarti della strada fuori da cliché, stereotipi e conformismi di genere. Adversus è il titolo dell’ultimo lavoro, un disco autoprodotto (ma partecipa anche la Atak Production, etichetta indipendente) che segue dopo undici anni Anima e ghiaccio, capolavoro che ha consacrato la band oltre i confini metropolitani.
Incontriamo Simone “Danno” Eleuteri e Massimiliano “Masito” Piluzzi a casa di quest’ultimo, nella calma di un soggiorno assediato da dischi e libri. Un caffé, due pasticcini e un buonissimo joint accompagnano la chiacchierata.

Come nasce la vostra storia?

Danno: Con Masito ci siamo conosciuti nel 1990, ai tempi della scuola, grazie a un amico in comune appassionato di rap. Io andavo al liceo Avogadro, lui a un istituto tecnico. In quegli anni conoscemmo er Piotta e il giro di piazzale Flaminio: Cor Veleno, il Turco, il Supremo e tanti altri. Era il tempo delle prime Posse, insieme a Masito, dentro casa, improvvisavamo i nostri testi su quei pezzi. Penso a Sfida il buio di Speaker Dee Mo o Stop al panico di Isola Posse. Dischi belli e preziosi, perché avevano il lato b con la sola base, su cui era possibile provare e cantare di tutto. Il primo nucleo del gruppo si forma già nel 1993, ma la prima uscita ufficiale è del 1994, con il pezzo Sopra il colle per la compilation Rap o rap della etichetta Irma Records. Contemporaneamente però girava per le radio un singolo promo, Non ci sto con la testa. Avevamo iniziato a collaborare con il grande Ice One, di Ostia, ma non pensavamo di fare un vero e proprio disco. La compilation era l’occasione per far conoscere il rap italiano, in un momento in cui era ancora difficile spiegare e raccontare un mondo sconosciuto al grande pubblico.

Fin dall’inizio si sentono chiare le influenze di Sangue Misto e Cypress Hill. Quale sono i vostri riferimenti musicali e di immaginario?

Masito: Dopo la prima ondata di fine anni Ottanta, con i vari Beastie Boys, Public Enemy, Run Dmc, LL Cool J, negli Stati Uniti si affacciava una nuova scena che, letteralmente, ci fece impazzire. A partire da House of Pain e Cypress Hill. In particolare quest’ultimi, bianchi, potenti e un pò caciaroni sul palco, ispirarono le nostre prime performance molto “casarecce”, centrate su una romanità un pò spiccia, come solo potevano fare dei ragazzini che iniziavano a scoprire la città in modo diretto e un pò ingenuo. Abbiamo vissuto anche momenti indimenticabili: come quella volta a Rimini, nel 1993, in occasione di una festa hip hop (un pò fighetta). che si teneva una volta all’anno, con ospiti da tutto lo stivale. Noi non eravamo stati invitati, ma facemmo dei biglietti falsi e partimmo lo stesso; insieme al nostro amico Lou X conquistammo il palco a spinta e facemmo un live molto rustico, che terminò nel delirio più totale. Un approccio, però, che correggemmo subito, perché non volevamo diventare una macchietta; ricordo bene una recensione che parlava di noi come un «mix tra Run Dmc e Alberto Sordi». Quello che proprio non volevamo diventare.
Dopo gli esordi, nel 1996 con Odio pieno, con il secondo disco Scienza doppia H ci sarà il compimento di questo percorso, per stile, linguaggio ed evocazioni.

A Roma dove si faceva hip hop in quegli anni?

MasitoSicuramente i centri sociali ebbero un ruolo importante. Ricordo i giovedì sera al Forte Prenestino, dove nella dance hall reggae si mescolavano improvvisazioni rap e jam session collettive. Regnava ancora una certa diffidenza nei confronti del rap e di pischelli con una estetica molto “americana”, che poteva sembrare commerciale e poco militante. Diciamo che spesso gli spazi ce li siamo conquistati. Molta disponibilità la incontrammo al Brancaleone, dove potevamo andare e provare le nostre cose con una certa libertà. In ogni caso fu un periodo bello e intenso, di confronto e crescita attorno alla cultura hip hop. Ricordo lunghe discussioni sul valore dei graffiti, sul processo creativo, sul rispetto nella strada, sui contenuti dei messaggi.

La nascita dell’hip hop italiano – Onda Rossa Posse, Assalti frontali, Lou X, Isola Posse – sembra definire la colonna sonora di una nuova generazione. È così?

Danno: La storia dell’hip hop americano ci insegnava che ogni gruppo, pur contribuendo alla nascita di un “movimento”, manteneva una identità e caratteristiche singolari. De La Soul, con il simbolo dell’Africa al collo, esprimevano un rap versatile spinto fino ai confini del jazz; Run Dmc, con il loro borsalino, erano quelli più festaioli; Public Enemy brandivano il rap politico; Krs One era conscious alla sua maniera. In fin dei conti, all’epoca, solo N.W.A. (acronimo di Niggaz Wit Attitudes, ndr) faceva riferimento al gansta rap, che a noi non interessava proprio. House of Pain e Cypress Hill ci hanno dato la chiave giusta per ricercare il nostro stile e la nostra identità. House of Pain erano tre bianchi irlandesi che facevano una musica, fino a quel momento, esclusiva dei neri. E dicevano: «Sono irlandese, bevo birra e faccio a pugni per strada», come magari il rapper nero rivendicava la sua identità figlia delle Black Panther. Noi capimmo che la forma – i beat e le metriche – dovevamo prenderla dagli statunitensi, ma i contenuti dovevano essere nostri. Per questo siamo partiti dalla nostra città, dalle nostre storie, dai nostri problemi. Come nel pezzo 5 a 1, in cui raccontiamo gli incontri con i fascisti di zona (Trieste Salario), nelle solite modalità a loro congeniali: tanti contro uno. Quel racconto lo facemmo in uno stile e linguaggio autentici, nostri, di persone sensibili a certe tematiche sociali e politiche, ma che non vogliono simulare posizioni militanti che non ci appartenevano. Come invece facevano benissimo Onda Rossa Posse e gruppi simili. Abbiamo sempre puntato all’onestà per dare credibilità al nostro percorso: non abbiamo mai fatto i criminali a buffo, non ci siamo mai presentati come i figli del ghetto, non abbiamo mai ceduto alla misoginia. Il rap è un linguaggio universale ma devi attraversarlo partendo da quello che sei veramente. Quello che oggi non succede spesso, soprattutto tra i ragazzi alle prime armi.

MasitoNonostante la giovane età volevamo misurarci su temi riflessivi, non superficiali, anche cupi. Stavamo alla ricerca di una nostra autenticità, lirica e musicale, che emergeva fin dagli esordi.

Agli inizi degli anni Novanta, il rap “di movimento” irrompe anche nel mainstream o quasi. Ricordiamo una diretta del Tg3 dal centro sociale Officina di Napoli con un live della 99 Posse, ma anche la performance di Isola Posse con Passaparola nella trasmissione cult Avanzi.

Danno: Noi veniamo dal mondo dell’hip hop. Ci siamo formati con Ice One, che veniva dagli anni Ottanta, prima dell’esplosione delle Posse. Spesso si fa coincidere l’inizio di tutto con le Posse, ma prima vengono i pionieri: The NextOne, Dj Skizo, Dj Gruff. Gente molto rigorosa, che voleva traslare l’esperienza americana qui nel nostro paese. Noi ci siamo trovati un pò nel mezzo, tra i testi potenti delle Posse e la ricerca di una cura stilistica che andava più verso l’hip hop. A quei tempi c’era un pezzo di Ice One, Soldi contanti, che fece discutere tra i giri militanti. Sembrava una banale rivendicazione di edonismo e di egoismo, mentre in realtà, al di là del gioco, diceva: io faccio musica, questo è il mio lavoro, questa è la mia vita, mi devi pagare. Dopo tanti anni arrivò il pezzo di Assalti Frontali Denaro gratis, che ovviamente parlava di reddito garantito, ma ci sentimmo in un certo senso rincuorati e sollevati.

Masito: Noi ascoltavamo con amore e reverenza i dischi delle Posse e del rap militante. Terra di nessuno è stato un disco fondamentale della mia vita, lo ascolto ancora oggi. Quella forza politica del messaggio noi la traducevamo con la necessità di un rigore artistico e di stile, per essere impeccabili sul palco, nei dischi e nella vita. Significava non essere coatti, non prevaricare nessuno, non sfruttare nessuno.

Danno: Noi dobbiamo molto a quella scena. Se penso ai testi di Militant A, potevi trovare forse qualche minima sbavatura di forma, ma avevano una potenza incredibile, distanti anni luce dal rappettino del Jovanotti di turno. Per me fu come uno schiaffo. Militant A mi mise in crisi, penso a Batti il tuo tempo: «Ubriachi senza bere un sorso, come quella volta davanti al fuoco della strada». Lo specchio di una città in movimento, i cortei nel week end, la Pantera, le dirette di Radio Onda Rossa. Quelle parole, penso a Sfida il buio o Dal Basso di Lou X, ci mettevano un’adrenalina addosso, un fomento, che sentiamo ancora oggi. E soprattutto ci insegnavano il dovere di scrivere bene, cercando una coerenza stilistica dall’inizio alla fine, non buttare cose a caso.

Nel secondo disco, Scienza doppia H, del 1998, Dj Baro prende il posto di Ice One. Liriche e musiche virano verso intrecci e contaminazioni inaspettate.

MasitoIce One era interessato ad altri percorsi, decise di mollare per fare altro. Ma fu proprio lui a spingere Dj Baro nel progetto, che insieme a Dj Stilo aveva fondato la crew Rome Zoo, dove ci divertivamo ognuno nella propria disciplina. Con la nuova formazione facemmo il tour di presentazione del disco. Fu un periodo d’oro per l’hip hop, che si diffondeva tra riviste (Alleanza Latina), trasmissioni radio e l’avvento dei nostri primi video, come Il cielo su Roma. Quel pezzo iniziò a spopolare su un canale locale, che lo mandava anche cinque volte al giorno. Fu una sorta di bandiera del nostro progetto: non ci interessava rappresentare la Roma da cartolina, ma quella di tutti i giorni, quella che vivevamo con i nostri occhi, nei nostri giri infiniti sul motorino, in prima persona, come la metro per Ostia per andare a registrare il disco o i muretti della nostra comitiva. E i luoghi attraversati dalle storie delle persone comuni, con la loro umanità, i loro problemi, la loro vitalità.

Danno: È un disco che fa i conti anche con il bagaglio musicale fuori dal recinto hip hop. In Vita c’è una citazione di De Gregori. La stessa Il cielo su Roma nasce da due esigenze diverse: da una parte il richiamo di certo rap americano, soprattutto newyorchese, sull’identità di quartiere e delle origini della propria esperienza di vita; dall’altra c’erano le ispirazioni fuori canone di Milano di Lucio Dalla, La mia città di Luca Carboni, Folle città di Loredana Bertè. Canzoni e autori che costruivano vere e proprie immagini sulle città. Da queste due tensioni è nata la voglia di fare una canzone “di fotografie” sulla nostra città, che definisce una mappa che parla della nostra vita.

Nel 2007 arriva la maturità completa con Anima e ghiaccio, disco culto che ha fatto battere il tempo, cantare e muovere il culo a un paio di generazioni.

MasitoGli anni zero passano un po’ in sordina, poco o nulla di interessante viene prodotto nel mondo hip hop. Chiudono riviste e la scena si desertifica. Bisogna ammettere che la ripresa parte dal disco di Fabri Fibra, con Mr Simpatia, che riaccende le luci e la creatività di un mondo un pò sonnolento. Anche noi cercavamo di cogliere la quadra del momento e capire quale direzione prendere. Siamo stati sempre severi con noi stessi, in quegli anni non eravamo soddisfatti delle cose che facevamo, per questo preferivamo rimanere a lavorare e non registrare tanto per farlo. Poi scattò la scintilla e iniziammo a registrare un disco completamente autoprodotto, dopo l’esperienza Irma-Virgin, che tra le altre cose ci aveva consentito di avere le risorse necessarie per girare video di una certa qualità (all’epoca si girava in pellicola). Ma la possibilità di decidere su tutta la filiera è stata la molla per riprenderci la libertà creativa senza compromessi.

Danno Anima e ghiaccio nacque pezzo dopo pezzo, chiedendo basi in giro a diversi produttori, senza un’impostazione a tavolino. Le canzoni venivano “provate” durante i live, limate e messe da parte. Quando arrivammo ai sette-otto pezzi, decidemmo di concentrarci nel lavoro di scrittura e chiudere il disco. L’attesa fu lunga perché per noi sono importanti anche le cose che non si fanno, è una nostra regola. Non ci interessa inflazionare lo spazio espressivo, non ci interessa stare sul pezzo tanto per affermare noi stessi. Per questo abbiamo un profilo di nicchia anche nell’utilizzo della comunicazione, dei social, del chiacchiericcio senza qualità che domina in rete. Parliamo quando abbiamo qualcosa da dire, e lo facciamo attraverso la musica.

Sono anni di live indimenticabili. Due su tutti: nel febbraio 2010, il concerto a piazza Sempione per il trentennale della morte di Valerio Verbano; due anni dopo, ad ottobre, una serata stratosferica nel capannone di Strike, a Casalbertone.

Masito: Per noi fu un onore poter salire sul palco di piazza Sempione, veder riconosciuto un percorso in un ambito così importante ed emozionante, davanti a una storia così grande.

Danno: Noi siamo cresciuti facendo rap nella nostra stanza. Poi uscivamo, andavamo alla stazione Nomentana con il nostro stereo a fare graffiti, lì incontravamo la Crew 00199, AK47 o Crash Kid (uno dei pionieri dell’hip-hop romano, breaker e writer, scomparso giovanissimo nel 1995, ndr). Ma noi volevamo innanzitutto cantare, rappare, esibirci. Per questo ci siamo sentiti sempre più a nostro agio su un palco, nei live. Quelle due serate in particolare rimangono nel nostro cuore e nella nostra testa per intensità, coinvolgimento, emozione.

Nel 2013 esce il video, bellissimo, di Sergio Leone. Da lì avete preso la rincorsa per arrivare ad Adversus.

Danno: In realtà all’epoca pensavamo più a una sorta di Anima e Ghiaccio 2. Stavamo lavorando con Davide Nerattini (Little Toni Negri), ma in realtà non trovavamo la direzione giusta. Suonando Sergio Leone ci siamo accorti che ci piaceva questa pasta sonora un pò live, così abbiamo iniziato a collaborare con Dj Craim e Kaos e nel giro di poco tempo abbiamo buttato tutto quello che avevamo registrato fin lì per iniziare tutto da capo. Dj Craim ha prodotte quasi tutte le tracce. Una è di Bassi Maestro e un’altra è di Davide Nerattini.

Masito: Mi è sempre piaciuto questo concetto, Adversus, inteso come contrario, in direzione contraria. Al punto che volevo utilizzarlo in un ritornello, ma poi la cosa è saltata. Resta il fatto che nella nostra storia, per un motivo o per l’altro, per questioni anagrafiche o di scelta stilistica, per esperienza personale o contesto di vita, siamo sempre stati fuori dalla direzione giusta. Questa parola-concetto rappresenta bene questa attitudine, ci girava in testa prima di scrivere qualsiasi canzone. Avversi anche contro noi stessi, le nostre incapacità, la nostra testa che non gira al meglio, le nostre ansie, paure e paranoie. Ma avversi anche alla musica che sentiamo oggi, quella che gira intorno, avversi alla superficialità e alla freddezza che sembra dominare nelle relazioni. Avversi al mondo dei like. Avversi al mondo musicale dei “talent”, che definisce l’esperienza artistica attraverso una spettacolarizzazione artificiale, una scorciatoia che non fa i conti con la vita reale. Siamo consapevoli che il mondo cambia, ma se ripensiamo alla nostra storia, alla nostra gavetta, e ricordiamo tantissime serate spremute e vissute anche davanti a dieci persone. La rete ha cambiato tutto, nella produzione e circolazione; ci sono gruppi con un seguito mostruoso in rete che non hanno mai fatto un live.

DannoSe dovessi definire questo disco, direi che è la nostra versione adulta e matura dell’hip hop. Siamo partiti dalla centralità del campionamento, alla vecchia maniera, ma cercando di spingerci più in là rispetto al suo utilizzo tradizionale, fatto di cassa e rullante che vanno in loop dall’inizio alla fine. Ci sono delle piccole ma diffuse parti suonate, grazie alla collaborazione di diversi amici, come Gabbo dei Cor Veleno, Roy Paci e tanti altri. Un disco hip hop ricco di contaminazioni, che rispecchia la storia, i gusti, l’esperienza di due persone che hanno superato i 40 anni. Parlando con Craim ci siamo detti che dovevamo fare un disco che avesse come riferimenti i Beastie Boys e The Roots, quindi ecletticità e potenza di suono. Mentre l’intro del disco ha una partenza cinematografica che vorrebbe ricordare alcune atmosfere di Sergio Leone.

MasitoQuesto è un disco che si emancipa dalla struttura tradizionale del rap, con arrangiamenti che cambiano continuamente fisionomia ai pezzi, che arrivano a toccare i confini della bossanova e del jazz. Un disco hip hop contaminato da tante influenze. Un disco per gli amanti delle origini, ma senza inutili nostalgie; un disco per chi vuole guardare avanti senza facili ammiccamenti.

L’hip hop da sempre è spazio d’incontro tra differenze, radice nere che si ibridano con altri linguaggi, controculture e forme di vita che sfidano il potere e il razzismo. In questo disco c’è uno sguardo su questa epoca carica d’odio contro i poveri?

DannoNel disco nuovo c’è un pezzo, Penso diverso, che potremmo definire “politico”, in cui esprimiamo il nostro dissenso, il nostro punto di vista radicalmente diverso rispetto a quello che stiamo vivendo. Un pezzo in cui rifiutiamo i diversi fascismi che avvelenano la vita delle persone. Non si tratta ovviamente del fascismo come replica di una esperienza storica, ma di un modo violento, di sopraffazione culturale e sociale, che colpisce chi ti sta accanto.

Masito: A modo mio, in soggettiva, nello stesso pezzo parlo di migranti, di chi vive i pesi e la responsabilità nella ricerca di una vita diversa. In un altro mi ero ispirato a due letture recenti che mi avevano profondamente colpito: gli Scritti corsari di Pasolini e I folli muoiono di Mario Puzo. Doveva essere un pezzo sulle miserie umane, sulla difficoltà di vivere. Lo avevamo praticamente chiuso, ma c’era ancora qualcosa che non tornava, e così non lo abbiamo inserito nel disco. Ma contiamo di farlo a breve, quando anche stavolta, con i tempi giusti, troveremo la quadra del Colle.
Foto di D. Peruzzi

In copertina il video tratto da Adversus con le tracce: Storia di una lunga guerra/Eppure sono qui

 


DINAMOsix: sei anni sulla rete, sei anni nelle strade. 01/12/2018, il nostro sesto compleanno a Strike S.p.a. sui ritmi dell’hip hop old school di Katzuma, Madkid, Lugi, Trix, Moddi Mc.