ROMA

«È tempo di riscatto». La Lupa studentesca in piazza a Roma

Dalla capitale a Milano e Torino, migliaia di studenti in piazza contro l’alternanza scuola-lavoro dopo la morte di Lorenzo Parelli. Cariche in alcune città, adesione dei sindacati di base

Per passare dal “ricatto” al “riscatto” a parole basta aggiungere una lettera. Nella pratica, come hanno dimostrato le migliaia di studenti scese in piazza oggi a Roma e in tante altre città d’Italia, servono il desiderio di mobilitarsi e fare conflitto, di “rispedire al mittente” le condizioni di precarietà in cui versano ormai da tempo tanto il mondo della scuola quanto quello del lavoro.

Infatti il “grande imputato”, contestato a gran voce dalle persone che si sono ritrovate davanti a Santa Maria Maggiore nel tardo pomeriggio per partire in corteo, è quel sistema duale introdotto e ampliato dalla Buona Scuola di Renzi che implica l’alternanza fra formazione educativa e professionale.

Sistema duale che ha condotto il 21 gennaio alla morte del diciottenne Lorenzo Parelli in provincia di Udine, travolto da una putrella nella fabbrica in cui svolgeva il tirocinio.

Studenti al corteo di Roma, foto di Patrizia Montesanti

Il suo nome risuona più volte nelle strade, a partire dallo slogan che il movimento studentesco La Lupa ha scelto per la mobilitazione: «Lorenzo vive». Lo urlano ragazzi e ragazze mentre vengono accesi i primi fumogeni, lo si vede scritto sui cartelli e sugli striscioni. Alcuni, ai lati del corteo, ne riassumono la tragica vicenda in inglese a dei passanti, probabilmente turisti, in giro per il centro di Roma.

E la sensazione che si ha nel vedere la folla in marcia lungo la discesa di via Cavour è in effetti quella di vedere un “corpo estraneo” che attraversa uno spazio-vetrina che non è pensato per lui.

La reazione all’insipienza e alla vuotaggine politica delle estenuanti elezioni al Quirinale sta nel reale che si muove della protesta studentesca. Lo ribadiscono, con una certa ironia, gli e le studenti quando dal megafono gridano: «Lorenzo è morto mentre quelli che stanno al governo si divertivano a votare Rocco Siffredi come presidente della repubblica».   

La testa del corteo romano

Al di là delle (amare) ironie, la risposta dello stato alle rivendicazioni di ragazzi e ragazze non sembra andare in altro senso che quello di una repressione insistita e costante: anche oggi si sono verificate cariche a Torino e Milano, che fanno il paio con quelle di domenica scorsa al Pantheon.

Anche per questo il corteo capitolino si concentra sulla denuncia della violenza della polizia, che è presente con un numero ingente di forze a chiudere ogni strada laterale, dalla salita che si inerpica verso San Martino ai Monti fino alla via degli Annibaldi che conduce al Colosseo.

Proprio qui c’è un momento di confronto abbastanza acceso con gli agenti che chiudono l’accesso: lanci di bottiglie e petardi, mentre la folla afferma convinta che «tout le monde déteste la police». Questo “tout le monde” nella giornata di oggi assume maggiore concretezza: ad accompagnare gli e le studenti nelle loro manifestazioni ci sono anche sigle sindacali e collettivi dal mondo del lavoro, che hanno espresso fin da subito la propria adesione e solidarietà alle rivendicazioni di giovani e giovanissime.   

Roma, studenti all’attacco

«Ci sono molte analogie fra la nostra condizione e quella degli studenti», ci raccontano dal collettivo precari scuola che è presente al corteo assieme a lavoratori e lavoratrici della Tim, di Alitalia, di militanti Cobas e membri del collettivo di operatori e operatrici dei beni culturali “Mi riconosci?”. «Con il meccanismo dell’alternanza non si fa altro che spingere chi studia a introiettare il concetto di precarietà, abituando le persone a lavorare senza alcun diritto garantito come succede a noi. Il lavoro invece dovrebbe restare fuori dal mondo della scuola, va garantita una formazione di alto livello per tutti e tutte».  

Assieme ai petardi scoppiati davanti ai cordoni delle forze dell’ordine, è come se scoppiasse durante la mobilitazione anche una rabbia spontanea. Avanzando verso i Fori Imperiali il corteo inizia a essere più concitato e ad avanzare in disordine, vengono appesi degli striscioni sui muri, alcune persone battono rumorosamente sui cassonetti dell’immondizia.

Poco più in là, dai dehor dei ristoranti e dei fast-food la gente osserva. I cori degli e delle studenti paiono quasi spiegare a chi è incredulo: «La nostra protesta / non è una passeggiata». Rispetto a recenti mobilitazioni c’è un certo scarto, un segno che il dissenso dei giovani è più forte e non ammette parole che non siano le loro: nessuna musica viene sparata dagli altoparlanti, nessun “rituale sonoro” accompagna ragazzi e ragazze che si muovono a “prendersi tutto, senza chiedere il futuro”, come recitano alcuni slogan.

Anzi, giunta sul selciato di sanpietrini dei fori la massa di studenti e lavoratori si compatta e osserva un disteso, toccante, minuto di raccoglimento per Lorenzo Parelli.

La “distesa archeologica” delle rovine imperiali – in cui, bloccata da camionette e poliziotti schierati in antisommossa, piazza Venezia sembra quasi un miraggio – si fa improvvisamente muta, col silenzio rotto solo dalle gracchianti ricetrasmittenti delle forze dell’ordine. Piccoli fuochi d’artificio vengono sparati verso il cielo. «Oggi come ieri abbiamo acceso una scintilla», commentano gli studenti.   

Foto di copertina di Patrizia Montesanti