MONDO

Dopo Taksim come prosegue la protesta

Cosa succede in Turchia dopo i giorni di rivolta e repressione? Enormi assemblee nei parchi e nelle piazze

Che dopo tre settimane di rivolta le cose in Turchia non possano tornare come prima è una certezza. Quanto e come cambieranno, non è possibile saperlo, ma un processo è iniziato. E’ esploso con cortei e barricate, e nonostante la dura repressione, continua cercando altre forme. A Istanbul, nonostante gli sforzi dell’amministrazione, che vi ha riversato squadre di pulitori e mezzi di rimozione e blindato Gezi Park, Piazza Taksim non è tornata alla normalità. Ormai da giorni centinaia e centinaia di persone vi sostano, in piedi, ferme, ad ogni ora. Chi guardando il Centro Culturale Atataturk, chi Gezi Park. La maggior parte in silenzio, qualcuno chiaccherando, o leggendo, chi da solo o assieme ad altri. Chi in abito da sera o da lavoro o indossando ancora maschera, occhiali ed elmetto anti lacrimogeno. Persone di ogni tipo ed età, con il volto sereno, che sembrano stare rivolgendo una domanda ed aspettando una risposta. Risposta che è arrivata, da parte del Governo, in termini scomposti, la reazione di chi rimane interdetto di fronte a qualcosa e non sa come reagire. Chi ha dato il via a questa forma di protesta che colpisce profondamente e contagia, è stato fermato dalla Polizia, come i suoi primi seguaci, per poi essere subito rilasciato.
Con l’espansione del fenomeno il Governo ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco: troppo deboli le motivazioni per un fermo e troppo complicato agire su così tante persone; la Polizia si “limita” quindi ad arginare possibile derive della protesta, come l’uomo che si incatena al monumento di Ataturk, o la ragazza che si spoglia e circola in Bikini tra le persone in piedi, in evidente polemica con la campagna pro-velo.
Il tutto mentre la città continua ad essere blindata e frotte di poliziotti in borghese si aggirano in ogni ambiente monitorando e fotografando i possibili sovversivi. Io stessa sono stata oggetto di un servizio fotografico gentilmente offerto dalla Digos locale mentre stavo semplicemente seduta in un bar. Come anche capita di essere fermati perché durante la manifestazione sindacale soffiavi bolle di sapone in direzione dei cordoni di Polizia.

Le risposte vere sono altre e arrivano dal basso. Contemporaneamente gli “standig man”, gli orfani di Gezi Park si sono riversati in altri luoghi, per continuare la discussione e le modalità democratiche che dentro Gezi Park si erano avviate. Sono migliaia le persone che spontaneamente la sera si ritrovano in spazi verdi pubblici in una sorta di microfono aperto, ed è la continuazione di un processo che dalla messa in discussione di un progetto è passato alla messa in discussione di un governo. Nel giro di due giorni si è passati da 4 a 20 parchi, 35 in tutta la Turchia. Gestione autonoma che varia da parco a parco, in alcuni casi le modalità richiamano gli indignados, non ci sono applausi, ne urla, molti giovani, si interviene mettendosi in fila, come singoli o come realtà, si condivide l’ansia che qualcosa bisogna fare, nel proprio quartiere come in tutto il paese.
In alcuni casi le discussione sono immature, è dubbio quali saranno le ricadute e quanto durerà tutto questo, ma più importante di queste considerazioni c’è il fatto che per un paese dove abbiamo visto con i nostri occhi come gestisce il dissenso, e dove una sorta di reato di opinione spedisce le persone in carcere con molta facilità, un fenomeno come questo non è soltanto nuovo, ma eccezionale.