MONDO

Decine di migliaia di persone raggiungono Afrin per lottare

Mentre ieri il presidente turco Erdogan era accolto a Roma dalle più alte cariche dello stato e del Vaticano, ad Afrin cominciava ad affluire una interminabile carovana di autobus e automobili per sostenere la resistenza popolare contro la guerra scatenata dalla Turchia

Afrin è una delle poche zone della Siria a non aver subito la barbarie di 7 anni di guerra civile. Questo perché dal 2012 è rimasta ininterrottamente sotto il controllo e la difesa delle forze curde.
Circondata dagli ulivi e dalle montagne, protetta dai partigiani Ypg e dalle partigiane Ypj, Afrin è stata il rifugio sicuro e ospitale di centinaia di migliaia di profughi di ogni etnia e religione provenienti dalle diverse parti della Siria.
Questo crogiolo di popoli, sotto la guida del movimento curdo e ispirati dagli scritti del presidente Ocalan, ha anche cominciato a sviluppare il confederalismo democratico: il sistema politico radicalmente democratico e basato sul rispetto delle confessioni religiose, sull’ecologia radicale, sul protagonismo delle donne nelle decisioni e nella società, sul ruolo predominante dell’economia cooperativa. Il confederalismo democratico è oggi una luce nelle tenebre di un Medio Oriente devastato da guerra, fanatismo religioso, pulizie etniche, regimi autoritari, interessi imperialistici.
Il confederalismo democratico e la lotta di decine di migliaia di combattenti in 4 anni ha prima fermato e poi distrutto lo Stato Islamico in Siria, liberando milioni di persone dall’oppressione e dall’oscurantismo, milioni di donne dalla schiavitù.
Lo stato turco, perdente nella guerra civile siriana, non poteva tollerare questo esempio di libertà e autodeterminazione lungo i propri confini.
Nel silenzio complice della comunità internazionale ha lanciato l’operazione “Ramoscello d’Ulivo”: gli aerei, i soldati e i tank del secondo esercito della NATO si sono così schierati al fianco di miliziani dell’Isis, di Al-Qaeda e di altre formazioni jhiadiste, nel tentativo di invadere il cantone di Afrin, sterminare i suoi abitanti e fermare ogni esperimento di libertà.
Tuttavia, arrivati al 17esimo giorno di operazioni sul campo, dopo aver aperto ben 8 fronti, i turchi e i jhiadisti non sono riusciti a spingersi a oltre 5 km dal confine: quella che credevano una passeggiata può trasformarsi in un Vietanm.
La potenza militare turca, però, si è abbattuta dal cielo sulla testa degli abitanti di Afrin: alle vittime dei bombardamenti – che sono centinaia purtroppo, tra cui molti bambini – si sommano la distruzione di case, ospedali, cimiteri dei martiri, impianti produttivi, siti archeologici millenari.
Questa devastazione e questo genocidio, però, non hanno scoraggiato la resistenza popolare né scalfito la dignità di un popolo in piedi.
Nella giornata di ieri, infatti, mentre Erdogan era accolto a Roma con tutti gli onori dal Papa, dal capo dello stato e dal presidente del consiglio, e mentre i solidali italiani venivano caricati e fermati per ore per rendere possibile la passerella del Sultano, ad Afrin cominciava ad affluire una interminabile carovana di autobus, circa 600, e macchine. Erano le decine di migliaia di abitanti provenienti da tutto il Rojava che accorrevano per rispondere alla chiamata dei loro fratelli e delle loro sorelle sotto attacco.
Per tutta la notte, centinaia di migliaia di persone erano in strada a ballare, cantare, pregare per i martiri e giurare vendetta.
Questa mattina (6 febbraio), in migliaia raggiungeranno il fronte, altre migliaia daranno aiuto e assistenza logistica, medica, amministrativa.
Le immagini che arrivano da Afrin rendono bene la posta in gioco: l’umanità e la dignità da un lato; l’oppressione e la barbarie dall’altro. La battaglia di una nuova alba per il Medi Oriente è appena cominciata.
Questo esempio di eroica dedizione e collettiva determinazione nel combattere il fascismo e il fanatismo deve ispirarci e aiutarci anche qui, in quest’orrenda fase politica che attraversiamo.
Foto tratta dal profilo twitter Rojava Defense Units | YPG