DIRITTI

Colonia: non sui nostri corpi

Dopo i fatti di Parigi abbiamo parlato di guerra civile mondiale. I fatti di Colonia ci parlano dello stesso processo giocato questa volta sui corpi delle donne

, che, si sa, in tutte le guerre sono sempre trofeo da conquistare e piacere da usurpare.

Ma partiamo dai fatti, e questo ci sembra già il problema di ciò che è successo o non è successo a Colonia la notte di San Silvestro: non si riesce a capire. Prima 60 poi 90 ora 100 – fino ad arrivare ad essere, nelle parole del ministro degli interni tedesco, una vera e propria organizzazione criminale – uomini maghrebini, quindi arabi, quindi islamici hanno derubato, malmenato, molestato ed infine anche stuprato decine di donne.

La non chiarezza dei contorni dell’accaduto, soprattutto per colpa di un’incredibile manipolazione mediatica e politica in Germania, come in tutta Europa, non può per questo portarci a sminuirne la gravità: decine di donne che avrebbero semplicemente voluto festeggiare il capodanno in piazza sono state molestate e due donne sono state stuprate.

È questo eccezionale per la società tedesca? Quante donne vengono ogni anno molestate al carnevale di Colonia o all’Oktoberfest di Monaco? Purtroppo molte, nonostante gli “utilissimi” consigli dati dalla sindaca di Colonia contro le molestie. Del resto, ci sembra doveroso ricordare che le molestie e gli stupri in Italia, come in tutta Europa, vengono per prima cosa perpetuati tra le mura domestiche, e non per strada. Purtroppo c’è più da avere paura dei nostri compagni e degli uomini che sposiamo, che di quelli che incontriamo per caso per strada.

È anche vero che queste violenze sono state subite da donne tedesche da parte di “migranti arabi”… ora cosa si celi dietro la categoria di migrante, arabo e islamico non siamo sicure. Ma è evidente che sui fatti Colonia, sui corpi di quelle donne bianche e tedesche, si voglia giocare una battaglia che rompa l’incredibile solidarietà che i tedeschi – tutt*, da nord a sud, da est a ovest – hanno dimostrato nei confronti dei migliaia di rifugiat* che hanno iniziato ad arrivare in Germania da questa estate. Costringendo il governo ad aprire le frontiere per diverse settimane e rendendo necessaria l’organizzazione dell’accoglienza.

Certo, ora i rifugiati sono diventati migranti, e magari anche economici. Hanno bisogno di una casa e di un lavoro, il colore della loro pelle riaffiora così come la loro improponibile religione (ma ci saranno mai atei tra tutti questi islamici?! ma poi gli islamici non sono astemi?!).

Insomma la battaglia è in corso e si gioca ancora una volta sui corpi delle donne, dividendo tra un occidente che difende i diritti delle donne e un oriente islamico che le opprime – non dimentichiamo che in Afghanistan del resto siamo andati a salvare le donne dall’oppressione patriarcale.

Sono le donne a non essere mai interpellate nel corso di questa guerra civile mondiale, non lo sono di certo in Siria o in Iraq dove una nuova schiavizzazione delle donne è in corso nei territori occupati del Daesh, ma tantomeno nel civilizzato occidente, dove in rete girano appelli “per difendere le nostre donne”.

Riprendiamo Ida Domijani quando dice su Internazionale che questa è la risposta di un patriarcato in crisi di egemonia in tutto il mondo. Un crisi economica, sociale e politica che si gioca la sua partita con una violenza spaventosa, nell’aumento del numero dei femminicidi, della violenza domestica, della violenza sessuale, ma anche della vera e propria oppressione sociale e marginalizzazione politica che le donne vivono in tantissimi paesi islamici e nel mondo. Non dimentichiamoci comunque la marginalizzazione sociale che ancora oggi le donne vivono in Italia, nel posto di lavoro dove non guadagnano mai quanto gli uomini, ma soprattutto nelle battute e nel senso comune, dove la “casalinga di Voghera” insieme alla “velina” rimangono il modello di riferimento per le donne.

Contro le violenze di Colonia non possiamo permettere che la battaglia razzista e coloniale si giochi ancora una volta sul corpo delle donne bianche ed europee, non presteremo il fianco alle logiche dell’Annunziata e delle brave donne della socialdemocrazia europea.

La lotta contro il sessismo e contro il razzismo deve essere combattuta insieme, da uomini e donne occidentali e orientali, islamici e cristiani, bianchi e neri. È insieme alle donne siriane, alle combattenti curde che possiamo comprendere e combattere la violenza del Daesh. È con le rifugiate e con le donne migranti che ci vivono accanto che possiamo e dobbiamo combattere la violenza a cui siamo sottoposte, senza mai dimenticare la differenza di colore e di genere che attraversa questa violenza.

E quindi a tutti i patrioti tedeschi ed europei pronti a “salvare le nostre donne” vogliamo dire: non ci sono le vostre donne – se mai ci sono state. Le donne non hanno più bisogno di essere salvate – se mai ne hanno avuto bisogno.

La lotta contro la violenza sulle donne non deve essere trasformata nell’ennesimo tassello per costruire il loro scontro di civiltà. E dato che questo è uno scontro che si gioca nelle nostre metropoli, nelle nostre strade, che gridano vendetta per l’esclusione e per la povertà, la nostra capacità deve essere quella di sottrarci: non lottiamo per guerre non nostre!

Contro il sessismo e contro il razzismo: la nostra arma rimane la solidarietà!