ROMA

Climate strike, di nuovo in piazza

Il movimento Fridays For Future inaugura la stagione di lotte climatiche con uno sciopero globale. In centinaia di città di tutto il mondo venerdì 24 settembre si manifesta a difesa del clima

Venerdì 24 settembre si torna in piazza per il Global Strike for Climate.
Il movimento Fridays for Future, messo in crisi dall’ondata pandemica e dalle sue conseguenze in termini di isolamento e frammentazione, ha finalmente ritrovato forza e determinazione per convocare un nuovo Sciopero Globale per il Clima, in una situazione politica estremamente complessa.

Si avvicina, infatti, l’importante appuntamento della Cop di Glasgow (dal 2 al 12 novembre): ogni cinque anni, gli incontri Cop sul clima, risultano sempre più rilevanti poiché devono decidere su questioni chiave. In particolare, dal meeting di Glasgow – inizialmente previsto per il 2020 e rimandato a causa della pandemia – si attende la revisione degli Accordi di Parigi.

Questi ultimi, firmati nel 2015, parevano fondare una tenue speranza rispetto alle politiche sul clima degli stati, ma sono rimasti profondamente disattesi, in quanto resi inefficaci dalle loro stesse debolezze intrinseche.

In particolar modo, la prima è stata aver definito il contributo degli stati alla riduzione dei gas climalteranti un elemento volontario e non vincolante, che quindi ha totalmente deresponsabilizzato gli stati membri. La seconda aver promosso il mercato internazionale dei crediti al carbonio, che si è presto trasformato in un escamotage di stampo coloniale, utilizzato da paesi e aziende del Nord Globale per non cambiare le proprie politiche energetiche e continuare a inquinare.

L’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale a 1.5 gradi sta sfumando giorno dopo giorno, e la scienza ha già comunicato che l’aumento sarà almeno di 1.8 gradi e da lì possiamo solo peggiorare.

Foto dall’archivio DINAMOpress

Prima della Cop di Glasgow, a Milano andranno in scena la settimana dal 28 al 2 ottobre la Cop giovani e la Pre-Cop, incontri che rischiano inevitabilmente di diventare passerelle mediatiche governative prive di strumenti decisionali concreti ma che possono essere però contesti in cui rafforzare il movimento per il clima e aumentare il livello di conflitto contro i responsabili politici della situazione drammatica che il pianeta sta vivendo.

Le mobilitazioni previste a Milano stanno infatti crescendo in varietà e numero ogni giorno, promosse dalle due coalizioni principali, la Climate Justice Platform e la Climate Open Platform, ed è stata ufficializzata la presenza di Greta Thumberg nel capoluogo lombardo.

In questo scenario, tornare in piazza in massa, come si spera accada il 24 settembre, è determinante, almeno per due ragione. La prima è far sentire nuovamente il peso politico di quel movimento che ormai quasi tre anni fa è riuscito ad imporsi nella scena mediatica mondiale, grazie a una ragazza di quindici anni che non andava a scuola per scioperare per il clima. La seconda è essere ispiratore per una serie di manifestazioni a difesa del pianeta che si susseguiranno per i mesi successivi, da quelle già menzionate di Milano fino a Roma dove il 9 ottobre è prevista una manifestazione al Ministero della Transizione Ecologica e il 30-31 ottobre è previsto il G20.

Il movimento Fridays For Future ha voluto concentrare lo sciopero del 24 settembre su due linee tematiche. Da un lato si presterà una attenzione particolare ai MAPA, cioè the Most Affected People and Areas, i luoghi e le popolazioni più colpite dal clima e dalle politiche coloniali estrattiviste, solitamente collocati a livello geografico nel sud globale. In secondo luogo si vuole dare una rilevanza a temi intersezionali, visto quanto il clima si collega tanto alla questione pandemica e alla lotta per il diritto alla salute quanto ai diritti umani e alle lotte di genere.

Foto dall’archivio DINAMOpress

A Roma il corteo partirà da piazza Vittorio alle 9.30, mentre altri cortei in parallelo si svolgeranno in decine e decine di città italiane, come non accadeva almeno da novembre 2019.

La battaglia è ancora più dura di allora e al governo c’è un ministro per la Transizione Ecologica che è pessimo: il peggiore ministro ambientale degli ultimi anni. Ma l’urgenza è evidente a chiunque, agire domani sarà già troppo tardi.

Foto di Patrizia Montesanti.