ROMA

Case popolari, protesta della comunità rom in Campidoglio

Famiglie e persone appartenenti alla comunità Rom della capitale hanno protestato oggi in Campidoglio per chiedere che venga riconosciuto a loro così come a tutti gli altri cittadini il diritto alla casa.

Questa mattina, un centinaio di abitanti delle baraccopoli della capitale, in particolare dei campi rom di La Barbuta, Castel Romano e Monachina, hanno protestato in Campidoglio chiedendo lo sblocco delle assegnazioni delle case popolari. Da diversi mesi a Roma, infatti, non vengono assegnate case popolari. Secondo il Comune, questo avviene per problemi di organizzazione interna del Dipartimento delle Politiche Abitative.

I rom, come per tutti gli abitanti di Roma, non chiedono politiche speciali né corsie preferenziali ma semplicemente che venga garantito loro il diritto alla casa, per cui sono in graduatoria da tanto tempo. Per questo hanno manifestato oggi in Campidoglio, presentando una lettera aperta alle autorità e ai cittadini di Roma:

 

 

LETTERA APERTA ALLE AUTORITÁ E AI CITTADINI DELLA CITTÁ DI ROMA

 

Siamo mamme e papà, cittadini romani nati e cresciuti a Roma, la città che amiamo e sentiamo nostra e nella quale tutti noi abbiamo frequentato le scuole, lavoriamo, abitiamo. Molti di noi sono cittadini italiani, i giovani lo diventeranno a breve. Malgrado tutto in questa città siamo stati chiamati con i nomi più diversi: slavi, nomadi, zingari, rom. Ma soprattutto siamo stati trattati in maniera differente, perché considerati cittadini diversi, cittadini di serie B, o meglio di serie Z, perché “zingari”. Prima siamo stati chiusi in campi chiusi e recintati, lontano dalla città. Poi, per la nostra inclusione, hanno inventato Uffici Speciali, hanno impegnato grandi somme di denaro, promosso bandi di gara, creato una rete di associazioni dedicate al nostro inserimento abitativo e lavorativo.

Sono anni che la nostra presenza è organizzata dal Comune di Roma in questo modo anche se la nostra condizione di vita non è cambiata. Siamo cittadini come tutti gli altri e per questo noi oggi chiediamo, per il bene nostro e di questa città:

– La chiusura degli Uffici Speciali. Sono inutili.

– La fine dell’impegno di milioni di euro per le nostre famiglie. Sono
soldi buttati.

– La scelta di non promuovere più bandi per la nostra inclusione. Sono
inefficaci.

Sono proprio queste azioni speciali a farci ritenere cittadini diversi e a farci detestare da una parte della città che non comprende perché a noi deve essere riservato un trattamento diverso. Per uscire dai campi noi, famiglie firmatarie di questa lettera, abbiamo deciso di fare come qualsiasi altro cittadino romano, senza trattamenti speciali e senza corsie preferenziali. Abbiamo presentato domanda per una casa popolare. Noi oggi siamo qui, in Campidoglio, come una porzione dei tanti cittadini che vivono nei campi e che, come noi, hanno presentato regolare domanda per una casa popolare perché siamo noi i primi a voler uscire da questi ghetti che la città ha costruito e
mantenuto per noi.

 

 

Soprattutto a causa delle conseguenze della pandemia, però, nell’ultimo anno le graduatorie attraverso le quali avviene l’assegnazione di una casa popolare, scorrono molto lentamente e da circa sei mesi sono bloccate. Far scorrere le graduatorie delle case popolari consegnerebbe da subito a molti di noi, come a molti altri cittadini romani, l’opportunità di sentirci pienamente in gioco nella città di Roma.

Chiediamo alle autorità romane e alla città di Roma di concederci finalmente l’occasione per cambiare il destino che altri hanno scelto per noi. E questo con una scelta concreta: facilitare lo scorrimento della graduatoria per l’assegnazione delle case popolari e concedere ai cittadini romani, e noi con loro, di vedere assegnata una casa secondo i
tempi e le priorità previste dalla legge. In alternativa la nostra fuoriuscita dai campi risulterebbe bloccata ed alte le possibilità di vederci buttati per strada da insediamenti che l’Amministrazione intende chiudere nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

Se, come per il caso del villaggio La Barbuta, l’Amministrazione Comunale ravvisasse la necessità di dover chiudere l’insediamento entro il 31 gennaio 2021, chiediamo, anche in questo caso, l’utilizzo di strumenti ordinari quali quello della “riserva Errp del 15%” riservata a nuclei familiari che si trovino in specifiche e documentate situazioni
di emergenza abitativa come previsto dal Regolamento della Regione Lazio n. 2 del 20 settembre 2000.

Vogliamo uscire dai ghetti che le passate Amministrazioni hanno costruito e mantenuto, vogliamo sentirci parte di questa città, offrire il nostro contributo per la sua crescita e sviluppo. Roma è la nostra città. Una città che amiamo e nella quale vogliamo continuare a vivere e costruire il futuro nostro e dei nostri figli. Ma da soli non possiamo farlo e per questo domandiamo un segno di disponibilità e di apertura da parte della città e delle autorità chiamate a governarla.

 

Roma, 25 gennaio 2021