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Attraversamenti Multipli 2019: utopia in cammino. Intervista alla direzione artistica

Attraversamenti Multipli 2019, festival organizzato dalla compagnia Margine Operativo, si svolge dal 14 al 28 settembre presso Largo Spartaco nel quartiere Quadraro di Roma e nelle giornate del 5 e del 6 ottobre a Toffia (Ri). Dallo Sconfinamento, tema dell’edizione 2018, si passa quest’anno allo slogan Mondi

Mai è troppa l’attenzione che l’uomo concede a quell’elemento che è presupposto imprescindibile della sua stessa esistenza, che ci precede, ci sopravvive. Ed è condizione necessaria di vita. Il luogo, che sia esso scenario di accadimenti o protagonista di vicende. Il festival Attraversamenti Multipli– il cui nome appare estremamente calzante in queste ore di concitata vita politica e civile del nostro paese – pone il luogo al centro dell’analisi e della ricerca artistica, facendo in modo che siano le varie forme d’arte ad adattarvisi, a prendere le sue forme, a piegarsi alla sua natura, e quindi che sia l’arte a porsi a servizio del luogo, e non viceversa.

In particolare, nel festival voluto e organizzato dalla compagnia Margine Operativo si parla di un luogo urbano: Attraversamenti Multipli 2019 si svolge dal 14 al 28 settembre presso Largo Spartaco nel quartiere Quadraro di Roma e nelle giornate del 5 e del 6 ottobre a Toffia (Ri). Dallo Sconfinamento, tema dell’edizione 2018, si passa quest’anno allo slogan Mondi. Un po’ come dire “abbiamo oltrepassato il confine, forzato i blocchi, dipanato le vele. Ma non basta. Siamo giunti. Ora dobbiamo esplorare, tastare, provare a comprendere”. Abbiamo chiesto alla direzione artistica – Alessandra Ferraro e Pako Graziani – se è d’accordo e, in generale, quale sarà la missione di questa diciannovesima edizione.

Siete consapevoli di quanto l’aver dato ad un festival un certo tipo di impronta possa risultare utile alla crescita, non solo culturale, della società?

Il festival è nato nel 2001, è normale che alcune cose siano cambiate, ma i pilastri sono rimasti gli stessi. Abbiamo sempre immaginato il festival come un oggetto immateriale ma utile, uno strumento per scandagliare il presente. La scena contemporanea è per sua natura molto attenta al presente, e Margine Operativo fa questo: utilizza differenti codici artistici per lavorare su questo presente in cui siamo immersi. Abbiamo costruito ogni edizione intorno a un tema, e non è un caso che nell’immagine guida del festival di quest’anno, tra le raffigurazioni dei vari pianeti, ci sia anche quella di un esploratore che lancia un salvagente. Ognuno può declinarla come vuole, ma per noi c’è un’allusione al presente e a quello che accade oggi nel Mediterraneo. Anche quest’anno, il festival verrà raccontato da un blog, Spettatori Migranti – Attori Sociali, un progetto editoriale a cura di TeatroeCritica gestito da ragazzi migranti e non: persone con culture differenti tra loro riescono a darci l’idea di come gli oggetti artistici che presentiamo vengono accolti e interpretati a seconda del punto di vista. Insomma, cerchiamo di dare il nostro contribuito, anche se piccolo, provando a dare importanza alla parola poetica e contrastando l’utilizzo bruto del linguaggio, tipico di una parte della società contemporanea.

La conoscenza del reale è un continuo ed infinito tendere verso qualcosa; un processo sempre attivo di costruzione in cui è però insita l’impossibilità della fine. Sembra dunque puntualissima anche la scelta dell’aggettivo “multipli”: nonostante un punto d’arrivo sia inimmaginabile, è necessario studiare, analizzare, cercare e ricercare, percorrere e ripercorrere. Insomma, è indispensabile la molteplicità.

“Multiplo” è un aggettivo parola che amiamo moltissimo. Viviamo in una realtà complessa e dobbiamo affrontarla con un’attitudine multipla, con una varietà di codici artistici diversi. Lavoriamo molto infatti sulle linee di confine tra diversi linguaggi, ci interessa presentare spettacoli meticci, dove si incontrino teatro, danza e performance site-specific. Il multiplo per noi è dunque una forma, ma è anche contenuto che ci aiuta a decifrare il presente, la cui conoscenza totale resta sempre utopica. E, come diceva Eduardo Galeano: “A cosa serve allora l’utopia? A farci continuare a camminare”. Attraversamenti Multipli è proprio questo, un cammino, una processualità che può dirsi “necessaria” considerando i tempi che abitiamo.

Roberto Latini ne “I giganti della montagna” di Fortebraccio Teatro

E questo iter infinito sembra rappresentato dalla decisione di accogliere I giganti della montagna di Roberto Latini. Come Latini stesso ha sottolineato, Pirandello ci ha lasciato con un’opera incompiuta: appare quasi un monito ad andare oltre, a continuare ciò che non è ancora concluso. E Latini va oltre i limiti del nostro linguaggio per varcare anche i limiti del nostro mondo; il senso della sua messa in scena sembra racchiudere in sé la grande sfida di Attraversamenti Multipli. Nuovi mondi attraverso nuovi linguaggi?

Roberto Latini e Fortebraccio Teatro erano presenti anche lo scorso anno ad Attraversamenti Multipli. Quello che ci interessa molto è il lavoro che viene compiuto sul linguaggio e sulla parola, la capacità di lavorare non sono sul significato ma anche sul suono: gli spettacoli di Latini sembrano quasi dei concerti. La parola che diventa poesia, e poi musica, e poi sonorità. L’esplorazione di ciò che abbiamo, la possibilità che si trasformi in altro.

Performance come quelle di Ivàn Benito utilizzano invece l’arte come mezzo di sopravvivenza: in Galapago – come suggerirebbe già il titolo – la danza nasce dall’adattamento al contesto.

È la prima volta che Ivan viene in Italia, ha appena vinto un premio a New York. Siamo orgogliosi di averlo con noi. Il suo lavoro parte dalla teoria dell’evoluzione di Darwin e nasce nel circuito spagnolo Acieloabierto, una rete di ben dodici festival di danza contemporanea – in Spagna fanno un lavoro pazzesco sulla danza urbana. La sua performance nasce in quel contesto ma è site-specific, viene infatti adattata di volta in volta al luogo in cui verrà eseguita. È un lavoro molto interessante anche per i codici, si fondono la danza contemporanea, il parkour e la capoeira. Siamo in generale contenti di ospitare molti artisti stranieri. Attraversamenti Multipli ha sempre cercato di fare anche un lavoro di scouting per presentare qualcosa di non visto, di nuovo, da far interagire con realtà consolidate. L’obiettivo è attirare generazioni e sguardi differenti. E poi ci piace anche seguire progetti che crescano negli anni: Carlo Massari, per esempio, aveva presentato lo scorso anno A peso morto, il primo frame di una trilogia che quest’anno verrà presentata interamente per la prima volta, proprio da noi. Abbiamo anche degli artisti in residenza, questo per rafforzare il lavoro su progetti site-specific.

Le varie forme d’arte diventano prospettive inusuali per approcciarsi al contemporaneo, per esplorarlo, certo, ma anche per attraversare a ritroso i luoghi e regalarsi la possibilità di scoprirne la reale essenza, trovandovi nuove potenzialità. Nato nelle stazioni metro – luogo per antonomasia dell’attraversamento cittadino – il festival si è poi insediato negli spazi urbani, i cosiddetti nuovi centri. Si parte anche per comprendere meglio il luogo che si è appena lasciato?

Negli anni, siamo stati sempre noi a scegliere gli spazi da abitare, e questo è molto importante: siamo partiti da luoghi di attraversamento e, in generale, il nostro è sempre  stato un festival nomade. È la prima volta che decidiamo di fermarci per il terzo anno nello stesso spazio: quest’idea serve a sperimentare ciò che accade quando si crea un legame con un luogo e vi si depositano delle relazioni. Il Quadraro è un quartiere ipervissuto, culturalmente vivo, ricco di associazioni, un quartiere la cui storia antifascista è rimasta sotto traccia. C’è una comunità cittadina molto attiva e risiedono lì tante associazioni con cui siamo in networking. È giusto esplorare e sconfinare ma c’è un momento in cui bisogna depositare: l’esplorazione deve riguardare anche ciò che ci è più vicino, deve servire a dare nuova vita, a vedere nuove possibilità anche in luoghi abbandonati. Vogliamo esplorare, quindi, sia in senso teorico sia in senso pratico.

Articolo pubblicato su scenecontemporanee