ROMA

Alla ricerca della pace perduta

Un flash mob alle 6 del pomeriggio in decine di città, una lettera alle parlamentari e un invio massiccio di email alle industrie delle armi per mandarle in overflow. Questo il lavoro che le femministe delle Case delle donne hanno in programma per domani, 21 aprile, per dire “Dove ci state portando?” a governo e forze politiche. E per assumersi il lavoro “pulito” di cercare la pace

«La pace è un lavoro pulito, ma qualcuno lo deve pur fare». Così le prime parole del messaggio che le donne dei luoghi e delle Case di tutta Italia hanno voluto inviare in occasione del flash mob che si terrà domani in molte città alla stessa ora: le sei del pomeriggio.

Questo lavoro impervio e al momento vano se lo assumono le donne, le femministe con il loro agire intransigente e solidale con le vittime e con un impegno solenne: quello di “scacciare la guerra dalla storia”.

Alla ricerca, parafrasando Proust, non solo del tempo perduto, ma della pace che si allontana sempre di più.

Il titolo della manifestazione e del volantino che l’accompagna “Dove ci state portando? Fermiamo la guerra!” non ha bisogno di spiegazioni perché la recente approvazione di uno sciagurato aumento delle spese militari chiarisce oltre ogni ragionevole dubbio che questa guerra, come tutte le guerre, nasconde interessi economici, sudditanze politiche, devastazioni sociali.

A Roma il flash mob andrà da piazza Trilussa a Ponte Sisto, un tragitto breve ma denso di simboli e così un po’ dappertutto: da Milano a Torino, Firenze, Bologna, Parma, Bari, Rimini, Bolzano, Lucca, Ivrea, Napoli, Udine, Livorno, Trieste, Viterbo, Forlì, Ravenna, Pisa, Lecce, san Donà di Piave, Teramo, Pesaro, L’Aquila.

Una lunga catena di comunanza per dire che «noi femministe rifiutiamo di assistere impotenti allo scempio dei corpi straziati nelle strade e trascinati nelle fosse comuni».

E per stigmatizzare «l’orrore degli stupri che sono l’orrore nell’orrore di tutte le guerre».

La mobilitazione del 21 aprile guarda anche oltre perché, come in una scatola cinese, conterrà anche un mail bombing diretto contro le industrie delle armi e una lettera alle parlamentari che hanno sostenuto le case delle donne ma che ora hanno votato a favore dell’aumento delle spese militari.

«Noi femministe non vogliamo essere usate per giustificare guerra, aumento della spesa per armamenti, alleanze militari, propagande belliciste. Sui corpi delle donne, violentate, uccise, in fuga, piangenti su figli, nipoti, mariti, fratelli si costruisce in maniera oscena la propaganda bellica».

«Ci rivolgiamo  a voi – prosegue la lettera – che avete  praticato e  sostenuto i luoghi delle donne per confessarvi il nostro profondo dissenso di fronte al vostro silenzio, o addirittura alla vostra  approvazione  sulla  decisione di aumentare le spese militari,  mentre il welfare è in uno stato pietoso,  la scuola e la sanità pubblica vengono tagliate, quando la lezione del Covid viene tradita e al posto della rivoluzione della cura che abbiamo invocato continuano le vecchie ricette senza idea del cambiamento».

Immagine di copertina di Renato Ferrantini