MONDO

Ahed Tamimi, inizia il processo a porte chiuse

In Israele Netanyahu è al centro di scandali per corruzione, proprio mentre inizia il processo a porte chiuse per Ahed Tamimi, la diciassettenne simbolo mondiale della resistenza palestinese

In Palestina e Israele si intrecciano spesso microstorie e macrostorie, forse perché quanto accade in quel fazzoletto di terra abitato, in fondo, da “poche” persone, ha un impatto e una portata mondiale e, a volte, anche una storia piccola riesce a finire sotto la luce del riflettore della storia più grande. Le vicende di questi giorni confermano questa dinamica.
Il processo ad Ahed Tamimi, la ragazza di 17 anni arrestata per aver spinto fuori casa sua un soldato israeliano, in carcere da dicembre, è ufficialmente iniziato il 13 febbraio 2018.
Ogni volta che nel carcere di Ofer, dove si svolgono tutte le udienze del tribunale militare che giudica i palestinesi, sul banco degli imputati siede un esponente della Resistenza popolare nonviolenta, la sala si affolla subito di diplomatici, giornalisti, attivisti solidali, israeliani o internazionali che si prenotano giorni prima e assistono all’udienza.

Anche il 13 febbraio erano in tanti a voler assistere alla prima sessione del processo, ma nessuno è potuto entrare. Il giudice ha decretato che il processo si sarebbe svolto interamente a porte chiuse, una procedura estremamente rara anche in un sistema giudiziario per nulla garantista quale quello militare israeliano. Indubbiamente è questo un segnale molto preoccupante ma anche il prodotto della larga mobilitazione che dall’arresto di Ahed in poi è riuscita a porre il suo caso al centro dell’attenzione mediatica nazionale e internazionale. Evidentemente il giudice non vuole che si sappia in tutto il mondo quanto verrà detto in quel contesto e, al tempo stesso, si cerca di circoscrivere l’interesse che è cresciuto attorno alla sua vicenda, dai forti connotati simbolici.

Questi stessi connotati spingono il movimento di solidarietà con la Palestina a esprimersi in più forme per chiedere la liberazione di Ahed, dalle petizioni, alle manifestazioni, alle proteste. Addirittura il disegnatore irlandese che ha disegnato la grafica più famosa al mondo di Che Guevara, ancor oggi presente in bandiere e poster ovunque, ha disegnato una bella grafica di Ahed in modalità Wonder Woman.

 

Nel frattempo la macrostoria, quella che scorre al di fuori del carcere di Ofer, continua. Netanyahu è indagato in due processi per fatti di corruzione particolarmente gravi. Le indagini hanno portato la polizia a chiedere di avviare il procedimento giudiziario. Non è la prima volta che il Likud si trova ad affrontare scandali relativi a episodi di corruzione e, in generale, questo è un problema strutturale nella politica israeliana. Qui però si tratta del primo ministro. L’impatto è molto più forte.

Sarà difficile che venga condannato e, in ogni caso, anche se questo avvenisse, non sarebbe certo risolutivo della gestione reazionaria del governo. Nel frattempo al contrario il primo ministro distoglie l’attenzione manipolando la politica esterna in termini guerrafondai anche al fine di rafforzare il supporto dell’estrema destra al suo operato. Da un lato la tensione con Iran e Siria accresce quotidianamente con scaramucce militari ed esternazioni da parte dei politici che iniziano ad essere preoccupanti, dall’altro alcuni attacchi a Gaza che hanno provocato due morti.

Non sappiamo se questo si esaurirà appena lo scandalo corruzione verrà “ricondotto” in forma sostenibile per Netanyahu. Di sicuro la situazione si muove su piani pericolosi visto quanto può essere bellicosa la politica estera israeliana.

Infine il destino di migliaia di rifugiati sudanesi ed eritrei rimane appeso a un filo. Su Dinamo avevamo raccontato quanto rischiano in questo momento. Le prime lettere in cui viene loro comunicato l’alternativa, carcere o deportazione, stanno venendo recapitate.