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Abortire i grandi patrimoni: sulla “guerra verde” in Argentina

Il progetto di legge sull’aborto legale è stato presentato al Congresso assieme alla proposta di una tassa una tantum sui grandi patrimoni, mentre la speculazione finanziaria non si ferma e la delegazione del FMI arriva nel paese. La lotta femminista connette violenza economica e violenza machista, ecco perché il femminismo sarà anti-neoliberale o non sarà

La scorsa settimana il presidente Alberto Fernández ha annunciato la presentazione al Congresso del progetto di legge per l’aborto legale, sicuro e gratuito e di un secondo progetto di legge per una tassa sui grandi patrimoni una tantum per affrontare la crisi. Intanto, emissari del Fondo Monetario Internazionale stanno monitorando la discussione parlamentare sulla legge finanziaria. Pubblichiamo qui le riflessioni a partire dalle due giornate di mobilitazioni femministe e popolari nelle strade di Buenos Aires e di tutto il paese, mentre la svalutazione della moneta segna la nuova tappa della “guerra verde”, così definita in quanto speculazione finanziaria in relazione al valore del dollaro, la moneta verde. (Nota della redazione)

 

Le giornate di lotta della scorsa settimana in Argentina si iscrivono in un ciclo più ampio di mobilitazioni femministe capaci di connettere violenza economica e violenza machista. Questa prospettiva permette sviluppare uno sguardo retrospettivo sulle lotte e i conflitti degli ultimi anni, rivelando un modo specifico di accumulazione politica delle lotte femministe.

Ci sembra eloquente il fatto che il colore scelto per nominare le attività delle scorse giornate di martedì e mercoledì sia stato il verde (ricordiamo il martedì verde della campagna per l’aborto nel 2018), quando è stata annunciata la discussione sulla legalizzazione dell’aborto al Congresso (il progetto di legge era stato presentato dal Governo proprio lo scorso martedì “verde”), nominando così uno scenario preciso, che rimanda a quando erano state occupate le strade e le piazze proprio mentre il Congresso discuteva, ovviamente senza esaurirne la portata, una parte dell’agenda politica dei movimenti e delle esperienze militanti. Una agenda marcatamente verde, come i boschi che sono preda degli incendi da mesi, verde come i grandi patrimoni in dollari (la moneta verde, appunto), verde come il dibattito in corso sulla prospettiva ecologica della formazione.

 

Cosa ci dice questa doppia scena che ci siamo trovati di fronte, doppia sia nel senso che riguarda due giornate ma anche due scenari diversi, le strade e il Congresso?

 

 

In primo luogo, ci dice che i femminismi sono stati durante gli anni di resistenza al governo di Macri un movimento politico che ha trasformato le piazze in un luogo dove esprimere potere di veto rispetto al progetto neoliberale e costruire una diagnosi delle violenza che tale progetto porta con sé. Martedì scorso, con i festeggiamenti e le rivendicazioni portate in piazza da un ampio settore dei movimenti sociali, sindacali e femministi, si respirava una certezza: che senza le mobilitazioni di piazza e la loro capacità di trasformarsi in un mandato per le istituzioni non c’è modo di mettere in discussione il destino che il Fondo Monetario Internazionale con la complicità del settore concentrato dell’economia locale sta preparando per la maggioranza delle persone in questo paese.

 

La cosiddetta “vigilanza” della delegazione del FMI nel paese, mentre osserva la seduta parlamentare, ha trovato la sua controparte nella massiccia presenza di piazza la scorsa settimana.

 

Segnalare questa relazione tra le piazze e il Congresso serve anche a smontare una operazione cara alla logica finanziaria: l’attesa e la speculazione. Non è possibile restare in attesa quando il potere di ricatto dei fondi di investimento e degli speculatori ci dichiara guerra quotidianamente attaccando il valore della moneta.

La “guerra verde” riguarda il controllo della spesa sociale e riguarda al tempo stesso i limiti della valorizzazione immobiliare e finanziaria dei territori. Ma il verde dell’aborto è il colore – il tono, la grammatica, lo scenario – che si contrappone a questa situazione: un verde che esprime il rilancio di una capacitò di trasformazione a partire dalle piazze con una capacità di avere un impatto sulle istituzioni. Ma è anche un verde che esprime la vitalità dei femminismi rispetto alla capacità di dare forza alle rivendicazioni, sostenere le lotte e connettere le differenti agende politiche.

Proprio in questi giorni ci ricordavamo di quando abbiamo lanciato lo slogan “Vive, libere e senza debito ci vogliamo” e venivamo accusate da ogni parte di “star mischiando tutto”, che le femministe così stavamo “facendo politica” e che dunque non eravamo veramente preoccupate per le vittime delle violenze di genere. Per molte di noi, invece, fare politica è proprio dare vita a queste connessioni e tradurle in organizzazione collettiva. Questo aspetto, condannato dai media, per la maggior parte di quelle che partecipiamo alle assemblee femministe e ad altri spazi di incontro, era e continua ad essere la nostra sfida principale.

 

A partire da allora abbiamo costruito una diagnosi che ci ha portato ad azioni di forza capaci di mostrare come la violenza machista sui nostri corpi sia assolutamente intrecciata con il progetto neoliberale che ci sfrutta attraverso l’indebitamento ed al contempo distrugge i nostri territori.

 

In questi giorni emerge in modo evidente il lavoro instancabile delle femministe: da quelle della campagna per l’aborto legale, sicuro e gratuito, alle “soccorristas” (che sostengono le donne che scelgono di abortire), dalle sindacaliste alle compagne dei movimenti sociali, dalle femministe nelle reti contadine fino alle compagne femministe nei partiti politici, dai collettivi studenteschi ai movimenti ambientalisti, perché hanno portato avanti come pratica quotidiana, percepita come esigenza permanente, la necessità del femminismo di avere a che fare con tutti i grandi temi, di tessere e connettere problematiche che non solo contribuiscono a un’analisi complessiva, ma anche alla trasversalità delle lotte. Le questioni che sembrano destinate a essere una discussione tra esperti, divise in celle tematiche separate le une dalle altre, sono state sovvertite in modo da essere presentate come ingiustizie strutturali contro cui lottare. Perché il femminismo sarà anti-neoliberale o non sarà.

 

Articolo pubblicato su Tiempo Argentino. Traduzione in italiano di Alioscia Castronovo per DINAMOpress

Immagine di copertina: Agustina Salinas per Revista Citrica