CULT

1938, Vita Amara: il videodoc sulle leggi razziali a Trieste

Il 18 settembre 1938, Mussolini annunciava a Trieste il contenuto delle leggi razziali, che avrebbero distrutto la vita di migliaia di ebrei. Per non dimenticare che il razzismo, oggi come ieri, uccide e discrimina, gli studenti del Liceo Petrarca di Trieste, in collaborazione con la comunità ebraica cittadina e l’Università di Trieste, hanno realizzato il documentario “1938 Vita Amara”, di cui presentiamo in anteprima il trailer. Questo importante lavoro di ricerca, che racconta gli effetti di quei provvedimenti nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia, non è piaciuto all’amministrazione comunale, che ha giudicato «esagerata» la locandina di presentazione.

1938 Vita Amara” è il risultato di un lavoro di ricerca storica effettuato dagli studenti del Liceo Petrarca di Trieste, in collaborazione con la comunità ebraica cittadina e l’Università di Trieste, in occasione degli ottanta anni dalla promulgazione delle leggi razziali, annunciate da Mussolini il 18 settembre 1938 proprio dal balcone di Piazza Unità a Trieste.

Il documentario è parte della mostra che in questi giorni è stata oggetto di pesante censura da parte della giunta comunale di Trieste, che ha negato all’ultimo minuto l’ospitalità in una sala comunale, nonostante una delibera approvata a marzo. Il motivo? La locandina che avrebbe dovuto annunciarne l’apertura: tre ragazze in una foto d’epoca e la prima pagina del quotidiano Il Piccolo che proclamava la cacciata da scuola degli studenti e degli insegnanti ebrei (dal solo liceo Petrarca furono 80 i ragazzi espulsi). E poi il nome della mostra: “Razzismo in cattedra”.

«Quando ho visto quel titolo del Piccolo, così estremamente pesante, e con quella scritta lì sotto sul razzismo, mi è sembrato esagerato. Dico io, dobbiamo ancora sollevare quelle cose?». Il sindaco Roberto Di Piazza ha spiegato così la scelta di negare la sala comunale, chiedendo di smorzare i toni, annacquare la storia.

Grazie al coraggio della Preside Cesira Militello e dell’insegnante coordinatrice del progetto Sabrina Benussi, regista del documentario, che hanno deciso di non cedere alle pressioni e di non cambiare una virgola, la vicenda ha fatto il giro d’Italia, destando dal suo torpore benestante una città che non si è smossa neppure per le ronde di Forza Nuova contro i migranti o per l’annuncio del raduno nazionale di Casa Pound il prossimo 3 novembre. Questa volta sono stati in tanti, intellettuali e cittadini, a manifestare il loro sdegno contro la volontà della destra di cancellare una parte così dolorosa della memoria di questa città, sede dell’unico campo di sterminio in Italia, la Risiera di San Sabba.

Fra i rappresentanti dell’opposizione politica, invece, il silenzio è stato assordante. A parte una parziale e tardiva marcia indietro di alcuni esponenti. Forse la mostra sarà vista prima a Milano o a Bari (dove le giunte comunali si sono offerte di ospitarla come risposta all’atto di censura) che a Trieste, la città di cui parla, quella che aveva una comunità di 7mila ebrei nel 1938, di cui si salvarono solo un migliaio dallo sterminio. Un fatto grave, soprattutto di questi tempi.