editoriale

18-27 aprile 1529, Lione, tumulti del pane: la “Grande Rebeyne”

La mattina del 18 aprile 1529 sui muri di Lione appare un Avviso ben differente da quelli che solitamente adornano le vie della città. Il documento anonimo porta la firma “Le Pôvre” e convoca, per la seguente domenica 25 aprile, il popolo affamato a riunirsi al chiostro dei Francescani (Cordeliers), per andare a setacciare i granai dei ricchi e dei mercanti sui quali grava il sospetto di accaparramento.

L’estate precedente era stata avara e non aveva prodotto dei buoni raccolti, l’inverno si era dimostrato particolarmente rigido quell’anno, i granai municipali erano vuoti, il pane in città scarseggiava e il poco che era in circolazione aveva raggiunto prezzi esorbitanti. Nobili e possidenti, però, avevano ancora abbondanti riserve di grano che, per mantenere alto il livello dei prezzi, si guardavano bene dal mettere in commercio velocemente. Intanto la carestia dilagante aveva ridotto alla miseria e alla fame (in senso letterale) gran parte della popolazione lavoratrice della città e del contado.

La domenica del 25 aprile 1529 più di duemila persone rispondono all’appello (a fronte di una popolazione totale che per questi anni è valutata intorno alle 40.000/50.000 persone).

La folla inferocita invade le case e i granai dei nobili e dei ricchi mercanti della città che, presi dal terrore, si rifugiano nella Cathédrale Saint-Jean. Il tumulto dura tre giorni e due notti, finché, la sera del 27 aprile, la guardia cittadina (les pennons) riesce a sedare la rivolta.

La repressione immediata è esemplare: undici leader vengono impiccati, molti altri finiscono ai triremi sulle galere regie o alla gogna. Un corpo di 3.000 soldati reali viene stanziato a Lione in modo permanente e la caccia ai fuggitivi rivoltosi si protrae per i due anni successivi.

Ma un fatto ancor più significativo scaturisce dai tumulti della Rebeyne. Sotto la spinta dei nobili e dei possidenti, ancora sconvolti dall’accaduto, nel 1531 viene istituita l’Aumônerie Générale di Lione, organo deputato alla distribuzione dell’elemosina ai poveri e ai bisognosi della città (che fino a quel momento era lasciata alla discrezionalità individuale o all’iniziativa dei parroci).

Con tale strumento si inaugura una politica della carità centralizzata a livello cittadino che distingue i bisognosi meritevoli d’aiuto da coloro che, invece, non devono essere assistiti. Anticipando le riforme della beneficenza che di lì a poco determineranno in tutta Europa la creazione degli ospedali di reclusione per i poveri e le leggi sanguinarie di repressione dei vagabondi, gli amministratori di Lione si dotano così di un valido strumento atto principalmente a dividere il fronte dei poveri, con la speranza di scongiurare ulteriori situazioni di ribellione e tumulto, e con la fiducia di poter, in questo modo, meglio controllare la classe lavoratrice cittadina e le masse di espropriati che dalle campagne si riversano in città.

Ancora oggi in dialetto lionese Rebeyne vuol dire rivolta.

BIBLIOGRAFIA

Gutton Jean-Pierre, La société et les pauvres. L’exemple de la généralité de Lyon: 1534-1789, «Les belles lettres», Paris, 1971.

Gutton Jean-Pierre, La società e i poveri, Mondadori, Milano, 1977.

Gonthier Nicolle, Lyon et ses pauvres au Moyen Âge: 1350-1500, L’Hermès, coll. «Les Hommes et les lettres. Documents», Lyon, 1978.

Le Clech Sylvie, François Ier: Le roi-chevalier, Broché, Paris, 2006.