editoriale

Libertà di movimento contro Di Maio e Minniti

Di Ong e salvataggi in mare, ma soprattutto di speculazioni politiche che producono morte e del bisogno di cancellare le frontiere.

Dal dibattito in rete:

Non volete le ONG? Aprite le frontiere!, di A. Ciniero

Buttateli tutti a mare, di D. Chirico

Non dovrebbero essere le ONG a salvare i migranti, di A. Segre

L’infame, di Bifo

La polemica esplosa a seguito delle dichiarazioni di Di Maio, in poco tempo, ha acceso il web. I principali media mainstream da giorni riempiono le home page con le esternazioni prive di riscontri del procuratore di Catania, tale Zuccaro. In poche ore, è addirittura comparso un sondaggio commissionato dalla trasmissione televisiva Agorà che mostra il calo della fiducia degli italiani nelle Ong. Dall’altra parte, è cresciuta anche un’opposizione che ha contato molte voci, ognuna con un profilo diverso, e che ha cercato di smontare pezzo per pezzo la retorica del candidato premier dei 5 stelle.

Impossibile riassumere tutte le posizioni. Di alcune di queste ha dato conto, nei giorni scorsi, DINAMOpress. Va da sé che facciamo nostro il post di Bifo che ha chiamato con il giusto appellativo di “infame” Di Maio, uno squallido politico che pur di guadagnare due voti non si fa scrupoli a chiamare “taxi” le navi che salvano le vite dei migranti in mare. Questo stesso appellativo dovrebe definire anche l’ex premier Renzi, che dopo aver promesso di rivedere la legge sulla legittima difesa ha dichiarato con una certa ambiguità che il «problema esiste».

La polemica sulle navi delle Ong non nasce dal Movimento 5 Stelle, ma dal sito della fondazione olandese Gefira, che ha citato un rapporto interno redatto da Frontex. In seguito, arriva in Italia tramite il programma Tv Striscia la Notizia e il video facebook di uno sconosciuto diventato inspiegabilmente virale. Le accuse sono sostanzialmente due: una sulle forme di finanziamento opache e l’altra sui salvataggi troppo vicini alle coste libiche.

Le polemiche sui finanziamenti lasciano il tempo che trovano, i governi europei negli ultimi anni non si sono fatti scrupoli a riempire di miliardi di euro il dittatore Erdogan e un non ben precisato governo libico pur di fermare i rifugiati e i migranti. Risulta paradossale che oggi gli stessi soggetti facciano le pulci alle navi che solcano il Mediterraneo. Sul secondo aspetto, non si è ben capito come si dovrebbero comportare gli equipaggi di queste navi. Riportarle i rifugiati in Libia, dove da anni è in corso una guerra civile? Oppure diventare attori protagonisti di una pratica brutale quale quella dei respingimenti, in barba al principio di non refoulement e rendendo realtà il sogno irrealizzabile di Minniti e Renzi?

In tutta questa storia, l’unico fatto riscontrabile è che le navi delle organizzazioni non governative che hanno deciso di fare un investimento di questa portata, salvano le vite di migliaia di persone e lo fanno semplicemente perché dal 2014 l’Italia si è sottratta a questo dovere, ponendo fine all’operazione “Mare Nostrum“. Non pensavamo mai di dover difendere il deprecabile approccio umanitario della Marina Militare, che però bene o male ha contribuito  a ridurre le stragi.

A questo punto, la domanda che ci dovremmo porre è: i governi europei hanno un’alternativa alle navi delle Ong? E quindi: come intendono salvare quelle vite? Finché non ci sarà nessuna risposta a questa precisa domanda, allora l’attacco indifferenziato a tutto il mondo delle Ong, non certo privo di grosse contraddizioni, non può che apparire sterile e strumentale. Non si può aspettare l’ennesima strage per far iniziare la stucchevole commemorazione delle alte cariche dello Stato.

Da anni, i movimenti chiedono a gran voce l’adozione di un canale umanitario che consenta a tutti i migranti di arrivare in sicurezza in Europa. L’unica risposta è stata quella dei muri, del filo spinato, degli accordi con la Turchia e la Libia. Contro tutto questo, contro le morti in mare e le possibilità di speculare sulla disperazione, l’unica alternativa possibile è la libertà di movimento, la riapertura di canali sicuri di ingresso, che evitino l’obbligo delle persone di pagare i trafficanti libici. Con il rischio di lasciare la propria vita nel deserto e nel Mediterraneo. Chi oggi anima la polemica contro le Ong, però, vuol ben altro. Probabilmente vuole altro sangue da sbandierare alle prossime elezioni.

É bene scostarsi un attimo dai flash delle agenzie degli ultimi giorni e guardare gli avvenimenti da una prospettiva più larga. Osservando i particolari si perde il contesto. Qui non è in ballo solo la criminalizzazione della solidarietà, di cui ciò che più spaventa è il suo essere in molte occasioni immediatamente politica, ma la punizione dei migranti per la loro fuga e disobbedienza ai fili spinati e alle miglia di mare militarizzato, nonché la loro riduzione ad una condizione giuridica inferiore. Del resto, nell’arena politica italiana, non è stato Di Maio il primo a sollevare questa polemica. Il 5 Stelle è stato preceduto, infatti, dal Ministro dell’Interno Minniti e dal Senatore Pd Latorre. Dunque, in questo caso si sbaglia chi riduce tutta la questione alle pessime dichiarazioni di Grillo e dei suoi uomini. Il problema, in generale, è la forma assunta dal governo delle migrazioni negli ultimi anni, che ha prodotto un’interpretazione securitaria dei movimenti di persone diretti in Europa e una sperimentazione “da laboratorio” di erosione di diritti fondamentali sulla pelle dei migranti.

Le leggi Minniti-Orlando introducono alcuni provvedimenti in aperto contrasto con l’ordinamento giuridico italiano, come l’impossibilità dell’appello per coloro che richiedono l’asilo, il lavoro gratuito (di fatto obbligatorio ai fini del permesso di soggiorno), l’istituzione della figura del responsabile pubblico ufficiale nei centri di accoglienza. La disumanizzazione del migrante passa anche attraverso il cosiddetto “approccio hotspot” ovvero dai provvedimenti che regolano i comportamenti delle questure dentro e fuori i nuovi centri di accoglienza. Un sistema che, come abbiamo osservato a Taranto con la staffetta di STAMP, disumanizza i migranti privandoli di tutti i diritti. Non basta schierarsi a favore delle Ong – galassia eterogenea in cui convivono esperienze di solidarietà attiva e auto-organizzazione, spesso vicine ai movimenti, con multinazionali dell’assistenzialismo e della messa a valore della povertà – serve al più presto una legge che garantisca la libertà di movimento per tutti e la parità di trattamento sul territorio europeo.