TERRITORI

Verranno al contrattacco con elmi ed armi nuove. Manituana non si tocca!

Riceviamo e pubblichiamo la risposta alle minacce di sgombero del Laboratorio culturale autogestito Manituana, a Torino. Non un passo indietro.

È di pochi giorni fa la notizia che dal 30 luglio Manituana sarà interessata da “importanti lavori di ristrutturazione”. In applicazione di un non meglio precisato “nuovo piano di miglioramento energetico”, si presenteranno alla nostra porta dei muratori, che ci inviteranno a uscire dallo spazio per non farci rientrare mai più. Il piano dell’amministrazione dell’Università è quello di procedere a una ristrutturazione e a una nuova destinazione di locali, lasciati in stato di completo abbandono ben prima dell’inizio della loro occupazione e autogestione a partire dall’aprile 2015. Tutto questo per fare di Manituana  – udite udite! – un’aula studio. La stessa aula studio che agli studenti di Palazzo Nuovo, in gran parte ancora chiuso in seguito allo scandalo amianto, è sempre stata negata, come tante altre cose.

Non hanno capito niente, negli uffici dell’amministrazione di via Verdi numero otto. Manituana è molto più di un’aula studio, è un Laboratorio Culturale Autogestito. Attorno a quella che è già, anche, un’aula studio, in questi ventiquattro mesi di occupazione si sono aggregate persone, si sono inventate possibilità e si sono costruiti percorsi. Si è creata socialità, si sono approfonditi temi culturali, si sono messe in pratica riflessioni costruite insieme. Liberare uno spazio per noi è stato sinonimo di liberare saperi perché crediamo fortemente che, oltre allo studio universitario e contro l’attuale miseria del mondo accademico, debba esserci la possibilità per tutti di sviluppare la capacità di critica e di immaginazione sovversiva dell’esistente. Questa possibilità, nello spazio aperto di Manituana, non dipende dalla performatività, dalla produttività, dalla competitività, dalle capacità economiche del singolo. A Manituana si tenta ogni giorno di instaurare relazioni paritarie e mai prevaricatrici, di trovare risposte collettive alla solitudine e all’atomizzazione.

Ventiquattro mesi di laboratorio politico e culturale dal basso, dunque, che hanno visto la realizzazione del Gruppo di Acquisto Solidale, del Collettivo Artistico, di un Laboratorio teatrale, del seminario di psicanalisi “Il Testo del Reale”, del laboratorio letterario “Sogno o Son Testo”, di seminari di filosofia, di una ciclo officina e di una programmazione culturale  vasta e approfondita, che ha permesso la partecipazione di studenti, docenti, ricercatori, dottorandi. Ventiquattro mesi di concerti, jam session, festival di approfondimento politico all’insegna dell’interdisciplinarietà e della contaminazione culturale.

Lo spazio è servito per costruire momenti di analisi, elaborazione e lotta che hanno attraversato vari aspetti dell’attualità politica e sociale, grazie, per esempio, alla partecipazione ai percorsi Non Una di Meno, NoTriv, NoTap e sostenendo esperimenti di autorganizzazione dei lavoratori autonomi e precari. Di fronte alle contraddizioni della società e della metropoli in cui viviamo, Manituana non ha mai smesso di interrogarsi, intessendo rapporti e relazioni sul tessuto cittadino e nazionale con chi si mobilita sul tema dell’immigrazione, del transfemminismo, dell’ambiente. Il fatto che la stessa Università voglia chiudere questo spazio per aprire un’aula studio suona come una contraddizione di termini, una scelta al ribasso, che non può che insinuare il dubbio che la pretesa “riqualificazione” degli spazi coincida con un’opera di normalizzazione culturale e politica (una pratica alla quale l’amministrazione ricorre sempre più volentieri, coerentemente con le tendenze in corso sul piano locale e nazionale).

Da quando abbiamo occupato «lo scantinato» i vertici di UniTo hanno sempre fatto orecchie da mercante, evitando un confronto politico con Manituana, su cosa questo spazio sia e cosa potrebbe essere in futuro. Da tempo proponevano di concederci un altro luogo tramite un percorso di istituzionalizzazione, che abbiamo sempre rifiutato, insieme all’idea di costituirci come associazione o cooperativa. Manituana, infatti, prende le sue decisioni come un’assemblea libera e aperta alle proposte di chiunque varchi la sua porta, o entri in contatto con lei. 

Da più di due anni l’amministrazione teneva in un cassetto un piano di ammodernamento da tirare fuori al momento opportuno. Ed eccolo, il loro momento opportuno: il momento in cui una manciata di condomini di via sant’Ottavio sembra minacciare le vie legali per il “degrado” in cui verserebbe lo spazio (un’accusa ridicola che ci ricorda quali interventi securitari si nascondano dietro l’uso di tale espressione); a due mesi dall’inizio di lavori improrogabili dall’Università, pena il pagamento di una mora alla ditta vincitrice dell’appalto, il Rettore dimostra a cosa porti la mancanza di confronto politico e la delega ai tecnici della direzione edilizia.

Abbiamo riaperto un luogo morto e l’abbiamo fatto vivere contro ogni aspettativa, in barba alle promesse, alle chiacchiere, ai sorrisi nervosi e tirati davanti a quello che stavamo conquistando. Una così grande ricchezza di opportunità, nate spesso dall’aggregazione quotidiana di giovani e non, studenti, ricercatori, precari, che altrove non trovavano spazi per alzare la voce, è stata possibile nel segno dell’autogestione e dell’autorganizzazione. Questa è la vera differenza rispetto a quello che ci viene proposto dall’università. Questi sono i motivi per cui alzarsi e sostenere Manituana.

Manderanno i muratori? Non li faremo entrare. Proveranno a farci ragionare? Non vorremo ragionare con loro in questi termini. Manderanno la polizia? Resisteremo. E quando si diranno scandalizzati dalla nostra determinazione, dalla nostra “incapacità di ragionare” avremo l’ennesima prova che non hanno capito niente. Poiché alla loro idea di decoro abbiamo saputo opporne un’altra, fatta di riqualificazione di spazi dal basso e di relazioni strette intorno a idee e pratiche alternative. Non possono capirci né tollerarci oltre.

Manituana è minacciata: la difenderemo, come abbiamo sempre fatto. Con i nostri corpi e le nostre menti. Questa sera si terrà la quinta jam session nella piazza libera adiacente allo spazio, contro ogni proibizionismo securitario e repressivo. Giovedì prossimo alle 18.00, si terrà un’assemblea pubblica sul futuro dello spazio e sulla sua difesa. Invitiamo tutte e tutti a partecipare alla jam e all’assemblea, a seguire i canali di Manituana per avere ulteriori informazioni, a prendere parola e ad attraversare Manituana come prima, più di prima. Invitiamo anche tutte e tutti a voler dimostrare la loro solidarietà condividendo e diffondendo questo comunicato. Chiusure estive e trucchetti da burocrati non ci fanno paura, ci rendono solo più forti. 

Oggi, ieri e domani liberiamo spazi, liberiamo saperi.

Fonte: manituana