ROMA

Vacancies no more: contratti subito per gli 800 operatori di ANPAL servizi

La lettera aperta dei precari ANPAL, che chiedono rispetto e stabilizzazione contrattuale.

Nella giornata internazionale di lotta per affermare i diritti dentro e fuori i luoghi di lavoro, ci uniamo alle May Day dei soggetti precarizzati, sfruttati, disoccupati ed impoveriti. Siamo i precari delle politiche attive, il 31 luglio 2017 scadranno per l’ennesima volta i nostri contratti.

Il nuovo modello organizzativo impeccabilmente presentato nelle scorse settimane alle lavoratrici ed ai lavoratori di Anpal servizi sembra non nascere sotto i migliori auspici. Nasce, anzi, e verrà presto implementato, con una grande omissione, non solo comunicativa: quell’articolato diagramma di flusso, cui corrispondono precisi ambiti di attività, mentre ben salvaguarda, nominandole implicitamente, le funzioni apicali e dirigenziali, nulla dice delle risorse professionali e delle competenze che li sostengono, dotandoli di sostanza e forma. Non siamo culturalmente ingenui, né intellettualmente tanto gretti da pensare che quella della presentazione del nuovo modello organizzativo fosse la sede opportuna per affrontare questioni annose che questa azienda, evidentemente, nonostante la rinnovata veste di cui si è dotata, non intende affrontare: vale a dire l’esistenza di centinaia di contratti a termine prossimamente in scadenza, alcuni più che decennali. Ma anche spostando il centro dell’interesse dal solo, pur molto consistente, lavoro precario che l’ex agenzia del Ministero del Lavoro, attuale agenzia dell’Agenzia nazionale delle politiche attive, continua a produrre, ci sembra che quel modello organizzativo, teoricamente inattaccabile perché dotato di solide basi scientifiche, nulla ci dica delle condizioni quotidiane delle lavoratrici e dei lavoratori, delle faticose negoziazioni sindacali, della valutazione e dell’aggiornamento delle competenze, del blocco dei livelli e delle carriere, dello stato di benessere delle relazioni lavorative, della tenuta della motivazione e della mission aziendale e delle specifiche linee di intervento.

Per far funzionare un’azienda complessa come la nostra è evidente, soprattutto in una fase di transizione, il bisogno di tenere conto non solamente della governance dei processi e delle attività, ma delle dimensioni prettamente “umane” che essa cela.

Vi è, ultimamente, un clima di malessere generalizzato, di inquietudine ed insicurezza insopportabilmente evidenti, dovuto non solamente al periodo di cambiamento ed allo stress soggettivo per conservare o conseguire un posizionamento organizzativo. Anzi, la centralità assegnata al ruolo delle politiche attive, in un Paese ancora drammaticamente segnato dalla crisi occupazionale e dalle povertà, potrebbe essere piuttosto utilizzata come leva organizzativa, di rafforzamento della strategia aziendale e di valorizzazione e potenziamento della comunità professionale.

Il governo del cambiamento attraverso la mancanza della condivisione delle informazioni e la scarsa trasparenza su alcune scelte operate contribuiscono, invece, ad accrescere lo stato di incertezza sul futuro professionale ed occupazionale di tutte e tutti.

Noi siamo, infatti, molto più dei profili professionali che di volta in volta ci hanno assegnato in questi anni e delle attività che di volta in volta ci vedono impegnati nelle WBE (linee di attività).

Abbiamo storie e tipologie contrattuali plurali, che quasi mai abbiamo potuto scegliere. Alcuni di noi hanno una storia lavorativa in azienda più che decennale ed ognuno di noi è stato valutato attraverso il meccanismo della vacancies ad evidenza pubblica almeno una volta nel ciclo dell’ultima programmazione (chi è presente in azienda da più anni, anche una decina di selezioni pubbliche).

La gran parte di noi ha transitato, in modo alternato, intermittente ed incoerente, per esigenze e strategie aziendali, da contratti a progetto, a contratti a tempo determinato, sperimentando periodi più o meno lunghi di disoccupazione (non sempre sorretti da forme di sostegno al reddito). Senza che il contratto a tempo determinato o la continuità e l’anzianità di servizio implicassero negli anni il riconoscimento di appartenenza (in termini di sapere tecnico-professionale e di adesione alla vision aziendale) alla comunità professionale strutturata, né un investimento sulle competenze, né un progetto di stabilizzazione.

Adesso, in ragione di un quadro politico/istituzionale maggiormente definito e di risorse in potenziale espansione (che già hanno portato all’adeguamento della parte economica del contratto), che riconoscono una rinnovata centralità alla mission aziendale, ci raccontano che, per esigenze di trasparenza e di anticorruzione, tutti i lavoratori e le lavoratrici in scadenza, dovranno essere nuovamente valutati per accedere a posizioni contrattuali, ancora non ben definite, con criteri a dir poco nebulosi.

Ci pare che nella retorica della valutazione del merito, delle competenze e delle performances di risultato di ogni lavoratrice e lavoratore, il management aziendale si adegui alla contingenza dell’interpretazione restrittiva ed arbitraria delle norme, al vuoto formalismo dei tecnicismi e degli standard, piuttosto che adottare una visione strategica e lungimirante del governo delle risorse umane e professionali.

Delle scelte contingenti, incongruenti ed incoerenti, adottate dall’azienda, rimane, per noi, un presente piegato alle WBE, il rischio della demotivazione generalizzata, una tornata di nuove vacancies trasformata in concorrenza spietata tra colleghi e colleghe, una corsa scomposta al posizionamento organizzativo.

Ciò che stabilmente rimane sono solamente gli effetti sulle vite dei lavoratori e lavoratrici a termine, sempre più segnate dal ricatto e dall’indeterminatezza.

“Fatta l’Italia bisogna fare gli italiani”…, ci hanno insegnato mentre stavamo sui banchi di scuola; traslando, fatto il modellino aziendale bisognerebbe condividere una cultura organizzativa che tenga in considerazione la dignità delle vite professionali delle lavoratrici e dei lavoratori tutti.

Non riusciamo neanche più a ricordarci l’ultima data in cui è stata convocata un’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori. I luoghi di incontro e confronto, di partecipazione democratica, di rappresentazione collettiva delle opinioni sono progressivamente rarefatti e completamente delegati alle riunioni di progetto o alle assemblee per gli iscritti ai sindacati, con la conseguenza di visioni parziali, poco condivise e corporative.

Per questo, abbiamo deciso di rappresentarvi, dalla nostra prospettiva di storie professionali in scadenza, una piccola dose di preoccupazione ed una dose elevata di disappunto.

Chiediamo, innanzitutto, che venga convocata un’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori di condivisone e confronto sulle strategie adottate dall’azienda e che il management aziendale definisca immediatamente e con criteri di trasparenza un piano di proroga dei contratti in scadenza almeno su tutto il ciclo della nuova programmazione e di graduale stabilizzazione del personale precario.

#ContrattiSubito2020

#VacanciesNoMore

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