EUROPA

Speciale Brexit

La raccolta di articoli sul Brexit, una crisi europea. Il referendum del 23 giugno 2016 nel Regno Unito e lo scenario che si è presentato sono solo gli ultimi segnali di un’Europa in crisi. Una crisi di sistema, in cui in ogni caso il destino della Gran Bretagna è legato a quello dell’Europa e dell’Unione Europea.

Nella confusione, la Brexit ci consegna comunque un dato: solo gli stati più forti e che non fanno parte dell’euro e di Schegen, posso permettersi di dire NO: dunque il Regno Unito può permettersi di uscire, ma non la Grecia. L’Unione Europea non ha eliminato tutte le funzioni degli stati, le ha rimodulate, ma lo stato e i suoi poteri non sono stati eliminati. E mentre le frontiere del continente europeo diventano sempre più invasive, ci sarebbe da chiedersi, se questo è lo spazio europeo, qual è l’ Europa dei movimenti, della solidarietà transnazionale? Uno speciale di DinamoPress per riportare molteplici punti di vista. C’è confusione sotto le stelle, ma iniziamo ad avviare un ragionamento.

• BREXIT: lunga storia di una relazione difficile tra Europa e UK

di Vane Bix

Il piano dei conservatori inglesi è chiaro: protezione per la city di Londra, il più grande polo finanziario europeo, e sfruttamento del lavoro a basso costo dei lavoratori migranti. […] Oggi più che mai ci sembra chiaro che per democratizzare l’Europa è necessario rivendicare: salario minimo,reddito di cittadinanza e permesso di soggiorno sganciato dal lavoro. Questo dovrebbe essere il dizionario della nuova democrazia europea, da scrivere insieme nelle diverse reti e iniziative europee. «Equal rights for all»! O meglio diritti per tutti i lavoratori migranti, siano essi europei o meno.

• Jo Cox: il razzismo ha sempre le mani sporche di sangue

di Vane Bix

Con Jo Cox è stato ucciso il ‘multiculturalismo buono’, quel discorso politico che vuole ‘riconoscere più le somiglianze che le differenze’ esistenti tra i cittadini del Regno Unito. Del resto il multiculturalismo del Regno Unito era già stato distrutto dai riots londinesi del 2011, dove ‘sciacalli’ urlavano, derubavano e bruciavano per imporre la loro esistenza nello spazio pubblico del political correct inglese, ma senza essere ascoltati dalla politica rappresentativa. Eppure 5 anni dopo Londra ha eletto il primo sindaco musulmano e di origine pakistana: Sadiq Khan.

Referendum in UK: in ogni caso nessun successo

di Bertie Russell*

Vale la pena ricordare che questo referendum è stato innescato dalla notevole influenza politica generata dalla crescita dell’UKIP, consistente per un certo numero di anni e che ha raggiunto un picco nei mesi precedenti le elezioni generali del 2015. Questo referendum è stato chiamato perché un partito politico nazionalista di destra ha generato una potente narrazione che, in assenza di proposte di sinistra convincenti, spiega il deterioramento del tenore di vita delle persone a causa di: a) l’immigrazione; b) l’incapacità della Gran Bretagna di esercitare la sua sovranità.

Traduzione a cura di Dinamopress

Brexit o non Brexit: è questo il problema?

di Vane Bix

Non è un referendum nato da una pressione popolare, o da un movimento diffuso e capillare, al contrario è una partita che si gioca ai vertici, su pressione della destra conservatrice e populista. Prima del lancio del referendum, David Cameron ha rinegoziato la posizione del Regno Unito con l’Unione Europea. […] La Brexit, ancora una volta, ha schiacciato il dibattito europeo nella divisione tra sovranisti-statalisti e (presunti) cosmopoliti europeisti. Questo dualismo non aiuta la costruzione di alternative a sinistra al progetto neoliberale dell’Unione Europea, e difatti aiuta il mantenimento dello status quo. Brexit o non Brexit i migranti europei che vivono nel Regno Unito hanno perso e perderanno diritti, così come i rifugiati e come i lavoratori inglesi. Da qui si deve ripartire: diritti per tutti, e non sulla base della nazionalità, europea o meno.

La working class inglese spinge il Regno Unito fuori dall’Europa

di Luca Galantucci

Incrociando i redditi medi per contea, l’appartenenza sociale media (sì, nel Regno Unito c’è una classificazione della popolazione per “classi sociali”) e le percentuali “Leave” e “Remain” emerge in modo netto che la cosidetta working class ha votato in massa per laBRexit. ll voto di questo strato sociale (ormai più working poor che working class) è stato un voto di paura, di preoccupazione per il futuro, di frustrazione e rabbia per le condizioni di avanzata povertà nelle quali versano milioni di inglesi.

Europa e movimenti post Brexit. Spagna e città ribelli. Intervista a Raúl Sánchez Cedillo

Quali possono essere le prospettive per i movimenti europei oggi, dopo l’esito del referendum in Inghilterra sulla Brexit? Preoccupante il modo in cui la questione della sovranità nazionale è stata declinata in chiave xenofoba e razzista, contro i migranti europei e non. Il problema nasce quando la critica all’austerity viene declinata come questione strettamente sovranista. Prima della tematica sulla sovranità ci sono i diritti umani e sociali delle classi subalterne.

Nell’Europa post Brexit c’è una crisi di solidarietà. Intervista a Katerina Anastasiou

di redazione dinamica

La Brexit svela delle contraddizioni presenti nell’Unione Europea. In molti avevano già sottolineato le divisioni tra Nord e Sud, costruite dall’alto. Oggi abbiamo questo fenomeno del razzismo nel Nord e nell’Est Europa, mentre non abbiamo la stessa situazione nel Sud. Quindi è molto importante quando parliamo di questo sviluppo politico, cioè dell’egemonia dell’estrema destra nel Nord Europa, che non consideriamo solo l’austerity e le politiche neoliberali come ragione, ma prendiamo in considerazione anche questo razzismo come un fenomeno strutturale che ora è riemerso alla superficie.

Crisi di regime in Gran Bretagna

di Mark Bergfeld*

Le stesse dinamiche di ingovernabiità che hanno scosso Portogallo, Grecia e Spagna nelle loro fondamenta si stanno ora dispiegando in Gran Bretagna. Il voto per la Brexit è semplicemente il parafulmine per fare emergere tutte queste contraddizioni nel modo più brutale e nel più breve tempo possibile. […] Citare la frase di Mao “grande è il disordine sotto il cielo, la situazione è quindi eccellente”, come alcune persone della sinistra sembra vogliano fare, non afferra il punto. I movimenti sociali e la sinistra più ampia hanno giocato un piccolo ruolo nel dare forma al referendum sull’UE e difficilmente muoveranno le masse verso una posizione contraria al neoliberalismo e favorevole ai migranti nelle prossime settimane.

Traduzione dall’inglese a cura di DINAMOpress.

La Brexit è stata il primo passo, la Lexit sarà quello più difficile

di Dimosthenis Papadatos*

Un’altro contributo di analisi, un punto di vista dalla Grecia che aggiunge un ulteriore tassello nel contesto storico europeo estremamente complesso che stiamo vivendo post Brexit. La Gran Bretagna sembrava «too big to exit» e, in ogni caso, «dentro forse non andava bene, ma fuori sarebbe sicuramente peggio». Collaborando con Obama e la City di Londra, gli euroburocrati sono stati i protagonisti di una lotta esistenziale per la vittoria del Bremain: per difendere «la civilizzazione occidentale» (D. Tusk), cioé per salvare il modello mancato di unificazione dell’Europa ed evitare un episodio disastroso di crisi nel contesto della recessione globale. Oggi, hanno fretta di andare «avanti» con i 27. Ma avanti dove?

La lezione della Brexit vista dall’Europa dell’Est (e viceversa)

di Marta Tyncer*

Quello che sembrava essere il cuore del mondo democratico occidentale, il Regno Unito, è stato infettato dalla follia xenofoba. Non c’è stato nessun momento ultimo di liberazione o salvezza miracolosa: le persone in Gran Bretagna hanno votato per lasciare l’Unione Europea, in primo luogo perché sono state sedotte dalla retorica della destra sull’orgoglio nazionale, l’odio e la rabbia. Se siamo sfortunati, qualcosa di simile potrebbe presto accadere nelle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Dovrebbe ormai essere chiaro che in Oriente come in Occidente: siamo tutti sulla stessa barca. Ed è giunto il momento di cambiare il modo in cui parliamo di questi sviluppi.

Traduzione a cura di Vane Bix