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Privato: participio passato di privare

Assemblea pubblica venerdì 9 maggio alle 18.00 per i due anni di SCuP: contro sgomberi e privatizzazioni, per costruire il comune e una risposta dal basso alla crisi.

Scup compie due anni. È questa un’occasione per noi di confrontarci in maniera allargata su alcuni temi che fanno parte della nostra storia e del nostro presente. Scup è una realtà cittadina, locale, che si è formata a partire dalle esigenze lavorative e di vita di alcuni attivisti e operatori della cultura e dello sport.Questo gruppo si è autorganizzato per riappropriarsi dal basso degli strumenti e degli spazi necessari a svolgere le proprie attività – il proprio lavoro – e lo ha fatto per costruire insieme una risposta popolare alla crisi che stiamo vivendo ormai da sei anni. Una crisi che coinvolge il welfare come il mercato del lavoro, la carenza endemica di servizi pubblici e statali come di risposte ad un incremento esponenziale delle situazioni di povertà.

Scup compie due anni: due anni di lotta e di attività, di iniziative, di sgomberi e di occupazioni. Scup era un stabile pubblico, proprietà del Ministero dei Trasporti e adibito a Motorizzazione Civile, che è stato svenduto dallo Stato su istruzione del Ministero dell’Economia nel 2004. Diciamo svenduto perché è stato ceduto a un terzo del suo valore, in una dinamica di privatizzazione del patrimonio pubblico che in questi anni è stata l’unica risposta alla crisi che le istituzioni sono state in grado di elaborare e che ha finito per peggiorarla. La privatizzazione dei beni comuni apre le porte alla speculazione, e la liberazione di uno spazio come quello di Scup è anche un tentativo di bloccare questo circolo perverso, creando un modello alternativo di gestione.

L’esempio di Scup non è isolato e tanti se ne incontrano a Roma come in giro per l’Italia. Da Pisa a Napoli, passando per Bologna e Reggio Emilia: ovunque ci sono casi che rientrano appieno in questo quadro di privatizzazione, speculazione e repressione.

Nella stessa Roma sta prendendo corpo un laboratorio di repressione delle esperienze sociali e politiche nate dal basso e costruite con la partecipazione della cittadinanza attiva. I primi esperimenti di questo laboratorio sono stati lo sgombero dell’Angelo Mai e delle occupazioni abitative – Centocelle, Tuscolana, Montagnola – e il tentativo di attacco amministrativo al Corto Circuito con la messa dei sigilli. Anche Scup, con il settimo accesso dell’ufficiale giudiziario che avverrà il 9 mattina, è di fatto sotto sgombero.

Un attacco, dunque, amministrativo, giudiziario, poliziesco e mediatico messo a punto da quelle lobbies – soprattutto edili ed economiche – che sono le prime responsabili del dissesto finanziario dell’amministrazione capitolina, e che puntano a sottrarre ulteriori beni, servizi e spazi alla cittadinanza per fare cassa. Tutto ciò in un quadro nazionale dove il decreto Lupi e la strategia politica portata avanti dal Ministro Alfano sono volte a far diventare questo tipo di repressione sistematica e codificata.

La strategia repressiva, in fondo, fa il paio con la strategia sociale espressa dal Ministro Poletti nel Job Act che, partendo dai modelli contrattuali elaborati per l’Expo di Milano, vuole far diventare la precarietà perenne norma di legge. Anche in questo Scup è chiamato in causa in quanto costruito e attraversato da lavoratori precari e intermittenti, che tuttavia stanno dando vita a nuove pratiche lavorative basate non sulla competizione ma sulla cooperazione.

In questo quadro desolante il tentativo che come Scup, insieme a numerose associazioni e realtà romane, stiamo facendo è quello di proporre un nuovo modello di città attraverso quattro delibere di iniziativa popolare. Queste quattro delibere, incentrate sui temi del patrimonio, dell’acqua, della scuola e della finanza pubblica, hanno come obiettivo quello di affermare che i servizi pubblici essenziali della città devono rimanere, appunto, pubblici, e devono essere gestiti coinvolgendo la cittadinanza. La politica nazionale e la politica locale, infatti, stanno riproponendo la privatizzazione dei servizi idrici e dei servizi pubblici locali (sanità e trasporti) a cui 1 milione di romani si erano opposti con i referendum abrogativi nel 2011. Anche il discorso intorno al patrimonio pubblico, che non deve essere svenduto ma riconvertito a scopo sociale, rientra in questo quadro di ricostruzione del tessuto cittadino intorno a risposte diverse, nate dal basso.

Anche per questo saremo in piazza il 17 maggio, per opporci ad ogni tentativo di privatizzazione dei beni comuni e degli spazi di autogestione e allo smantellamento dei diritti fondamentali delle persone, e perché quella manifestazione sia un’ulteriore momento di aggregazione di tante esperienze diverse.

Invitiam

o associazioni, realtà e cittadini all’assemblea pubblica del 9 maggio alle ore 18 a Scup per confrontarci su questi temi.